Le leggi restrittive sull’aborto diminuiscono il numero di interruzioni di gravidanza. Lo dimostrano i dati divulgati dal Dipartimento di Salute dell’Arizona, i quali rilevano che il numero di aborti praticati è diminuito del 7,3 per cento rispetto allo scorso anno. Già nel 2011 si segnalava l’inizio della diminuzione di aborti.
Tale significativo declino, si fa notare, è dovuto all’emanazione di una serie di leggi pro life firmate dal governatore Jan Brewer nel 2009 e accolte dalla Corte d’Appello. Esse impongono il consenso parentale per abortire, l’ecografia, l’obbligo di fornire informazioni adeguate sui rischi dell’aborto, sullo sviluppo del feto e le possibili alternative (adozione ecc.), la protezione per la libertà di coscienza dei medici e operatori sanitari e un adeguato periodo di attesa.
Il caso dell’Arizona mostra l’efficacia delle leggi pro-life, anche se esiste ormai un ampio corpus di ricerche che documenta l’efficacia di tali normative. I paesi in cui l’aborto è illegale o soggetto a rigorose restrizioni (come l’Irlanda e il Cile) godono ad esempio di bassi tassi di mortalità materna.
Elard S. Koch, epidemiologo del Dipartimento di Medicina dell’Università del Cile, uno degli autori che ha dimostrato il beneficio di queste normative, ha commentato recentemente: «Questi dati suggeriscono che nel corso del tempo, le leggi restrittive sull’aborto possono avere effetto. In effetti, il Cile presenta oggi uno dei più bassi tassi di morti materne legate all’aborto in tutto il mondo con un calo del 92,3% dal 1989 e una diminuzione del 99,1% accumulata in 50 anni. E’ necessario sottolineare che il nostro studio conferma che il divieto di aborto non è legato ai tassi globali di mortalità materna. In altre parole, rendendo illegale l’aborto non si aumenta la mortalità materna: è un dato scientifico dimostrato nel nostro studio».