Segnalazione e nota dell’Avv. Daniela Conte, Presidente dell’Associazione “Zero39 all professional services in one network”
Attenzione, blogger italiani: la Corte si Cassazione, 5^ Sez. penale, con la sentenza n. 7155 depositata il 24.02.2011 ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo del “post” pubblicato su un blog nell’ipotesi in cui si sia in presenza di un “fumus commissi delicti” che faccia ritenere sussistente il reato di diffamazione e temere il possibile aggravamento delle conseguenze dello stesso, qualora il “post” sia mantenuto in rete.
Il caso: sul blog www.societacivile.it/blog viene pubblicato un articolo nel quale sono contenute delle espressioni ritenute lesive dell’onore e del decoro di Tizia (che denuncia per diffamazione Caio, amministratore del blog).
Il GIP di Milano, ritenuto sussistente il “fumus commissi delicti“, con decreto ordina il sequestro preventivo dell’articolo incriminato (limitatamente alle espressioni ritenute diffamatorie); il provvedimento viene confermato dal Tribunale di Milano, in funzione di Giudice del Riesame.
Caio, allora, propone ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la mancata equiparazione delle pubblicazioni su internet con quelle sulla carta stampata ai fini dell’applicazione delle garanzie in tema di sequestro (l’art. 1, 1^ comma, del R. D. Lgs. n. 561 del 1946 stabilisce che “Non si può procedere al sequestro della edizione dei giornali o di qualsiasi altra pubblicazione o stampato, contemplati nell’Editto sulla stampa 26 marzo 1848, n.695, se non in virtù di una sentenza irrevocabile dell’autorità giudiziaria“).
La Corte di Cassazione ritiene sussistere un collegamento tra l’art. 1, comma 1^, R. D.Lgs. 561/46 appena sopra citato e l’art. 21 della Costituzione italiana, il quale stabilisce, nei primi 3 commi, che ” Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili“.
In particolare, nella sentenza in commento si legge che “Nessun ostacolo può, quindi, sussistere nel ritenere la diffusione di un articolo giornalistico a mezzo internet quale concreta manifestazione del proprio pensiero, che non può, quindi, trovare limitazioni se non nella corrispondente tutela di diritti di pari dignità costituzionale e nel rispetto, altresì, delle norme di legge, di grado inferiore, con le quali il legislatore disciplina in concreto l’esercizio delle attività dianzi indicate”, ovvero l’attività di informazione, le notizie di cronaca, le manifestazioni di critica, le denunce civili.
I Giudici di legittimità precisano che il sequestro preventivo di un qualsiasi supporto il cui fine è quello di comunicare fatti di cronaca, espressioni di critica, ecc. relativi ad aspetti della vita civile va ad incidere su un diritto di libertà che ha la stessa dignità di quello della libertà individuale; pertanto, l’imposizione deve essere dettata da “effettiva necessità ed adeguate ragioni” (quale può essere la valutazione, da parte del Giudice, della riconducibilità del fatto all’area del penalmente rilevante); di conseguenza, il sequestro (anche preventivo) del supporto è legittimo nel caso in cui l’Autorità Giudiziaria che lo dispone ritiene (con logiche e corrette motivazioni formali e sostanziali) sussistente il reato per il quale si procede e che le conseguenze del medesimo siano aggravate dalla permanenza del supporto in rete.
Alla luce di tali precisazioni, la Suprema Corte ha ritenuto logicamente espresse e correttamente ispirate a principi penali sostanziali e processuali le motivazioni del Tribunale in funzione di Giudice del Riesame – che ha fatto proprie le considerazioni del GIP in merito alla sussistenza, nel caso de quo, del reato ipotizzato (peraltro, il ricorrente Caio non ha contestato tale sussistenza) -; pertanto, ha rigettato il ricorso di Caio, condannando quest’ultimo al pagamento delle spese del procedimento.
Roma, 26.02.2011 Avv. Daniela Conte
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