L'intelligibile e sostanziale falla del mondo è costituita dalla razza umana.
A volte, quando penso queste cose, mi sento solo un cinico misantropo spermatozoo nichilista del cazzo; e di solito quasi me ne compiaccio. Non ora però, perchè ora il mondo non c'entra, il mondo non esiste, il mio mondo, ora, è lei, e la falla, ora, sono io. Non la razza umana.
La falla sono io, che esco la notte e mi risveglio con i postumi da sbornia su una panchina.
E non posso fare altro che insultarmi mentre tento di tornare al suo appartamento il più in fretta possibile.
I secondi scorrono mentalmente esponenzialmente più rapidamente della velocità della luce, è come se mentre la mia testa pensa e ragiona in fastforward, il mio corpo si muovesse al rallenty. È strano.
Il cuore pompa a mille e io corro, corro sempre più forte. Devo tornare a casa, devo farle sentire che ci sono. Devo.
Entro nel palazzo e pigio sul pulsante per chiamare l'ascensore che sembra non arrivare mai, ma sono nove piani di scale per arrivare fino a su...non sono proponibili a piedi. Quando si ferma questo benedetto loculo che sale e scende in continuazione fa un rumore infernale, e chiuso lì dentro mi ritrovo ancora una volta a pensare a tutto quello che avrei voluto fare prima di morire. Non è claustrofobia la mia, semplicemente questo scassone non ispira particolarmente fiducia.
Apro la porta del suo appartamento diffondendo un esagerato inquinamento acustico nell'etere, tanto che non faccio in tempo ad entrare che me la ritrovo davanti, in slip e canottiera. Bellissima ed incazzatissima. Ha le mani sui fianchi, e non dimostra alcun segno di nervosismo o arrabbiatura, ma glielo leggo negli occhi che è imbestialita
Mi avvicino a lei guardandola negli occhi, mestamente forse, ma...non faccio in tempo ad avvicinarmi abbastanza per baciarla che...
”Dove sei stato?”
“...fuori”.
“Fuori dove?”
“A comprare le sigarette e a bere una cosa”
“E ti ci è voluta una notte cazzo?”