Magazine America
Quando pensate che non si possa aggiungere più niente alla megalomania iberica, ecco che arriva la sorpresa: si può. A segnalare gli articoli che parlano delle origini catalane degli illustri personaggi, una divertente conversazione su Facebook, grazie a Giusi, un'amica italiana residente a Barcellona.
Adesso oltre a Cristoforo Colombo, pure Leonardo da Vinci, il genio del Rinascimento italiano, è in realtà prodotto iberico. A sostenere la teoria, il sito racocatala.cat, secondo il quale Leonardo era un figlio illegittimo catalano di nobili origini.
La prima prova è lo scudo dei Da Vinci (da Vinci non è il cognome di Leonardo, indica la sua località natale): tre barre rosse su fondo giallo, cioè i colori catalani. Poi c'è la lingua: pure Leonardo, come già Cristoforo Colombo, non scriveva bene l'italiano e faceva troppi errori di concordanza: "Non dominava la sua lingua o Leonardo stava scrivendo in una lingua che non era la sua?" si chiede il sito. "Come poteva essere che, senza studi universitari, dominasse alla perfezione le professioni di pittore, scultore, disegnatore, poeta, inventore, ingegnere, architetto, musicista, filosofo, anatomista, botanico e urbanista e che un personaggio di famiglia modesta, come il Leonardo che ci hanno documentato, sia finito ad avere contatti con personaggi illustri dell'alta nobiltà, della monarchia e del Vaticano? Chi ci può credere?".
Ed ecco la nuova versione: il Codex Magliabechiano del 1565 rivela che Leonardo era figlio illegittimo, nato di buon sangue da parte materna. Il cognome Da Vinci non ha origini in Italia (se non è un cognome...), però sì in Catalogna, con Vinçà, anticamente Vinciano, nella zona di Conflent; per oltre 40 anni, inoltre, a Barcellona sarebbe stato presente un Giovanni Da Vinci (Giovanni è un nome catalano?!); alcuni degli eredi del legato leonardesco sono legati alla Catalogna e alla regione di Valencia. E non solo. In molti dei suoi quadri, il paesaggio non è toscano, ma catalano, in particolare di Montserrat, alle spalle di Barcellona. Poi si arriva alla follia: "La nobile famiglia italiana dei Casanova, anch'essa originaria della Catalogna, Casanova il libertino in italiano sarebbe CasaNuova, (sì, chicos, ma in latino sarebbe Casa Nova, e il Dolce Stil Novo è italianisssimo, o volete prendervi pure quello?!), aveva il medesimo emblema dei Da Vinci (e dagli, Da Vinci non è un cognome!): tre barre vermiglio su fondo giallo. Leonardo e Colombo erano amici di Amerigo Vespucci. Amerigo Vespucci, in realtà Aimerich Despuig, sebbene in Spagna si firmasse come Despuchi, apparteneva a una famiglia nobile catalana. (…)".
Lasciamo Leonardo, che è ora, e spostiamoci su Jordi Bilbeny, 53enne ricercatore catalano intervistato da 20 Minutos qualche tempo fa. Secondo lui Don Chisciotte è opera di Miguel Servent, originario di Xixona, nella provincia di Alicante (la Comunitat Valenciana è zona d'influenza catalana), e fu scritto in catalano. "Gli autori del XVI e XVII secolo furono obbligati a tradurre il loro lavoro in castigliano. Sappiamo da molte fonti che c'erano traduzioni sistematiche stabilite dallo stato. Casualmente le originarie edizioni catalane sono sparite. Cervantes lo dice chiaramente: 'Ci hanno proibito la lingua, ma non la piuma'. A che lingua si riferisce? È chiaro!" Le prove delle origini catalane del buon Cervantes: "Come dice lui in famiglia c'erano tre fratelli, che furono alle guerre di Fiandre, d'Italia e del Nord Africa. Dalla conquista di Valencia furono parte della Cancelleria Reale. Un'altra coincidenza: Cervantes occupò l'incarico di tesoriere delle province delle Indie e i Servent furono tesorieri dal XIII e XIV secolo. Cervantes doveva essere di origini nobili, data la sua conoscenza e l'uso del linguaggio ebbe contatti con il mondo notariale e la famiglia Servant ebbe notai". Inoltre nel Chisciotte ci sono molti toponimi della zona di Xixona, regolarmente tradotti in castigliano, cita opere letterarie catalane e lo stesso Cervantes dice che il suo idolo politico è il bandolero catalano Perot Rocaguinarda, "il maggior terrorista della monarchia ispanica". La traduzione del Chisciotte fu opera dei censori: "Cervantes dice 'me l'hanno tradotto', 'io invece di essere padre sono patrigno' Lo dice varie volte, si lamenta di censorie traduttori".
La traduzione del Chisciotte e la cancellazione delle origini catalane di Cervantes è per Bilbeny un disegno politico, una chiara volontà che ha privato la Catalogna di alcuni dei suoi gioielli. Non solo Cervantes. Nelle sue ricerche Bilbeny ha scoperto che anche Santa Teresa d'Ávila era catalana: il suo nome era Teresa Enríquez de Cardona e fu badessa del monastero di Pedralbes, a Barcellona. "In Catalogna ci sono stati grandi artisti e scrittori, ma si è adulterata la Storia con leggi su misura. Si riconosce Tirant e dopo... non c'è stato più niente? Non ci sono stati altri scrittori? Non può essere. La stessa cosa succede con la scoperta dell'America: giusto quando si scopre l'America la potenza navale catalana sparisce? E la Castiglia la crea dal niente? Da un giorno all'altro? Non ha senso. Con i quadri del Rinascimento succede la stessa cosa: si può nascondere l'autore, ma non il paesaggio che rappresenta e adesso si sta dimostrando che si tratta di autori nati in Catalogna e non nell'Italia che faceva parte della Corona d'Aragona". Una campagna orchestrata contro la Catalogna? "E' uno storicidio, un genocidio culturale" assicura Bilbeny, con qualche dimenticanza (voluta?) storica.
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