Ospite a ‘Senza Appello’ suGazzetta Tv, Leonardo ex allenatore dell’Inter, quando prese la squadra dopo l’addio di Rafa Benitez, ripercorre i suoi mesi nella Milano nerazzurra, cominciando dal suo addio: “Non c’è un perché specifico, mi è arrivata una richiesta forte dal PSG ma io all’inizio pensavo che non sarei andato. Avevo un rapporto diretto con Moratti, lui ha saputo tutto sin dall’inizio. Ho portato questa richiesta al presidente, ma non volevo lasciare l’Inter. Poi questa cosa ha avuto un’evoluzione divenendo un’insistenza più forte. Moratti si è comportato come un padre con me, mi ha detto che avrei fatto bene ad accettare un’offerta così importante e che lui non sapeva cosa sarebbe stato della società nei successivi tre anni. Non avevo capito che stava pensando a vendere e secondo me non ci pensava nemmeno lui. Ma penso che già allora fosse stanco. C’era stanchezza, ma non il progetto di vendita. Certamente anche soddisfazione, perché veniva da un Triplete inedito“.
Sul significato dell’Inter dopo i tanti anni trascorsi al Milan: “L’esperienza mi ha aiutato tantissimo e poi a Milano conoscevo tutti. È stato forte anche per me quel passaggio, ma poi pensavo che l’avevano fatto anche Baggio, Ibra e Ronaldo. Ho trovato un’Inter che mi ha datto tanto, formata da gente che sa giocare anche se non c’è un allenatore in panchina. Dovevo dare stimoli, organizzazione e la cosa si è rivelata più semplice di quanto immaginassi.
Sul mercato avuto, che fu differente da quello di Benitez? ”Evidentemente lui non era adatto a quel contesto, arrivo io che ero stato nella squadra rivale e le cose vanno bene. Perché un allenatore abbia successo in una squadra servono certe caratteristiche. Anche Mourinho al Real ha incontrato dei problemi”.
Sul lavoro che dovra’ fare Mancini: “Sicuramente lui ha fatto una scelta consapevole, sapeva quello che avrebbe trovato e il suo legame con il club. Quando parla di otto o nove acquisti è perché lui vuole una squadra sua. Non ha giocatori che ha scelto lui. Un allenatore cerca i giocatori che rispecchino la sua identità”.
Sul suo futuro: “Ora non ho niente in mente e non ho fretta. Forse sono troppo esigente perché cerco prima di tutto un’unità di intenti. Sono un allenatore di progetto. Uno che compra una società e vuole un allenatore con una visione manageriale potrebbe anche pensare a me. Sono molto legato all’Italia, ma ha un problema di gioverno nel calcio”.
Se sarebbe un buon manager della Lega ‘‘Forse sarebbe meglio una personalità italiana. Io oggi sono pronto sia per un ruolo da dirigente che da allenatore”.
Foto: Gettyimages