di Pierfranco Bruni
Leonida Repaci
Trent’anni fa moriva lo scrittore Leonida Repaci. Il “costruttore” del Premio Viareggio, ma soprattutto lo scrittore della Calabria rupestre. Rupestre come destino e come radici tra il mare e le montagne. Lo scrittore della famiglia Rupe. Una storia e un destino. Ma tutta la letteratura è destino e storia. La letteratura calabrese è fatta di grandi incontri e di conflitti - contrasti. Non sono contraddizioni e neppure si può parlare di segni di ambiguità (sempre in termini letterari o culturali più in generale). La letteratura è un viaggio nel raccontare dei giorni. Testimonianze. Leonida Repaci e Francesco Grisi. Il primo è nato nel a Palmi 1898 e morto a Marina di Pietrasanta nel 1985 il secondo nato nel 1927, da genitori calabresi a Vittorio Veneto, e morto a Todi nel 1999. Due temperie generazionali e storiche che raccontano, d'altronde, due destini e due modelli anche esistenziali.Si tratta, quindi, di due generazioni a confronto che hanno vissuto la Calabria e poi se ne sono allontanati. Sono partiti. La diaspora. Dentro questo taglio il viaggio - viaggiare è un vissuto ma resta anche una metafora che fa da corollario al sentire di un linguaggio che porta ricordi. Per Repaci, infatti, il luogo è un luogo geografico e luogo dell'anima. Per Grisi il luogo geografico lo si porta dentro anche se è necessario non dimenticare. Perché non dimenticare è ritrovarsi sempre. In qualunque luogo c'è un pezzo d'infanzia che si ritrova e ritorna nel suo misterioso albeggiare. In Repaci ciò che domina è la storia. Il prevalere della storia come avvenimenti che accadono. Nell'accadere degli eventi si consumano i processi esistenziali. In Grisi non c'è storia. Domina la memoria ed è dentro la memoria che si ascoltano il misterioso che si intaglia nella vita e il mito. Il tutto in una griglia simbolica di voci antiche che hanno richiami ancestrali. Repaci registra la realtà. Grisi racconta il tempo. Due visioni del mondo, in fondo, che si inquadrano in due spaccati letterari che hanno "diviso" la storia della letteratura. ma sono, comunque, due scrittori che appartengono chiaramente a generazioni differenti e nonostante tutto mostrano dimensioni identitarie comuni. Fatalità e tragedia riempiono le pagine di Repaci. Indefinibilità del personaggio è una peculiarità in Grisi. La Calabria sia per Repaci che per Grisi è il "territorio" dell'infanzia. Un'infanzia che diventa luogo dell'essere. In Repaci anche l'infanzia è un messaggio storico ma diventa poeticamente antropologico. Per Grisi è un costante ritornare. Un senso omerico che si avverte in tutta la sua opera. Ma l'amore per la terra è una condivisione di appartenenza. Qui la distinzione è segnata e fa da misura di due posizioni ben distinte da un altro scrittore. Mi riferisco a Corrado Alvaro. Tra le due posizioni ci sta appunto l'Alvaro di Gente in Aspromontee l'Alvaro delle Memorie del mondo sommerso. In che modo? Ebbene, Gente in Aspromonte è il romanzo alvariano (Alvaro: San Luca,15 aprile 1895 – Roma 1956, andiamo verso le celebrazioni dei 60 anni di Alvaro) della rappresentazione (e forse anche della denuncia), del populismo, dei personaggi nella miseria, dei luoghi poveri, dell'ambiente che spazia sui personaggi stessi. E' il romanzo che fotografa focalizzando i contorni della storia. Mentre Memorie del mondo sommerso è il diario che intreccia il sogno, il tempo e un attraversamento tra i pezzi della memoria. E' un Alvaro diverso rispetto al romanzo prima citato. Lo avvicina di più a quella versione inquietante de L'uomo nel labirinto. Insomma in Alvaro si avverte una spaccatura che già di per sé potrebbe leggersi come una contraddizione letteraria. Repaci è dentro il primo modello alvariano. Non ci sono dubbi. Grisi ha sempre sposato il sogno e il sommerso mondo della memoria. Si potrebbe obiettare che Alvaro e Repaci sono della stessa generazione. Infatti Alvaro è del 1895 e muore il 1965. Si potrebbe obiettare che gli scritti di Repaci hanno una valenza cronologica anteriore ad alcuni scritti di Alvaro. Ma quello che qui preme sottolineare è la testimonianza letteraria e la formazione culturale di un contesto che è esistenziale ma anche artistico. C'è un fatto comunque di fondo. Alvaro muta il suo viaggio letterario. Dalla rappresentazione del reale va verso i percorsi onirici ed è qui che puntualizza la sua ricerca. Repaci, invece, no. E' l'impegno sociale e politico che lo caratterizza sino alla fine. Il caso di Grisi (appartenente come già si è detta ad una generazione successiva) è completamente diverso. Ciò che ha sempre contraddistinto la sua scrittura è la metafora e il mistero. Un passo di Repaci nel quale la fatalità è segno emblematico: "Come si fa giorno, la visione della tragedia si precisa in tutto il suo orrore. Nelle piazze sono più i morti che i vivi. Padri figli fratelli parenti li allineano uno accanto all'altro, e corrono a nuova agonia, lasciando a guardia di essi le donne e i fanciulli. Se ne stanno le madri a capo chino e con gli occhi chiusi; i piccoli nascondono il viso nel loro grembo. Ma i morti assottigliati seguitano a guardarli…". Dalla fatalità e dalla tragedia di Repaci alla tragedia - mistero - speranza di Grisi. Così, allora, in Grisi: "'Non resta altro da fare. Nell'ora delle vaste crisi spirituali la preghiera è andare insieme verso la terra promessa. È vero che il popolo di Dio nel deserto per non perdersi mangiava le erbe amare per sollecitare il sonno e sognare? Come una droga…'/ Torna a casa. Gli sembra che il dolore si sia trasformato in pazienza. E la pazienza veste con l'ordine la semplifica trama della realtà. Mara è morta. Gli evangelisti hanno raccontato. L'uliveto è in Calabria. E tutto ha un significato per il viaggio. Anche il dolore prepara la resurrezione. Spesso non riusciamo a capire. Ma questo fatto significa soltanto che l'armonia non dipende dal nostro doloroso amore". La Calabria è un lungo sogno che ci riporta al tempo dell'infanzia per Francesco Grisi. Per Repaci è una lunga attesa nel destino dell'uomo. Anche qui si gioca sulle metafore. Ma in fondo la letteratura resta, comunque, come già si diceva, sempre un intreccio di metafore. Alvaro, Repaci e Grisi sono tre voci in un destino comune. La Calabria è un sentire nell'allegoria del mistero che coinvolge, è un'attesa, è un mondo sommerso. Tre angolature chiaramente alla cui matrice c'è il sentimento delle radici che significa appartenenza. In tutti e tre le radici non sono soltanto un fatto individuale - soggettivo ma pongono nel gioco letterario l'identità di un popolo e i rimandi ad una antica civiltà. La grecità è un fatto che li accomuna. Una comunanza che è profondamente spirituale al di là di alcune separazioni letterarie. Ma è, appunto, Alvaro che chiude il cerchio. L’Alvaro che apre la sua visione letteraria con l’àncora delle radici ma che si inoltra nell’insondabile del sogno. Grisi è un perenne alchimista del sogno. Repaci resta legata alla condizione di una realtà che è storia, ma quando esce dalla storia diventa dimensione esistenziale.