S'incrociarono casualmente all'ufficio brevetti di Dortmund un italiano dalla valigia di cartone e un tecnico tedesco. Nella fredda sala d'attesa non scambiarono neppure una parola, nemmeno quando l'italiano -un uomo robusto sulla sessantina, con un paio di larghi pantaloni e gilet azzurro di panno economico- si avvicinò al macchinario che il tecnico tedesco teneva accanto al suo canarino in gabbia. Era da molto che osservava quel marchingegno che aveva un entrata ad imbuto con su scritto ferro e un uscita cilindrica con scritto oro, entrambi in tedesco.
Curioso, anzi sinceramente interessato a capire se la sua intuizione era giusta, cioè se la macchinetta in via di brevetto trasformasse il ferro in oro, si era fatto piano piano vicino e l'osservava. Tuttavia quando l'emigrante intese osservarne e toccarne i particolari, il geniaccio tedesco gli si fece sotto con il dito indice bello teso a dire di no, che non era possibile. L'uomo non si scompose e si rimise a sedere in compagnia del suo canarino, a cui ogni tanto prodigava qualche parolina in italiano.
D'un tratto lo sportello si aprì e comparve un funzionario assonnato che chiese chi fosse il primo dei due. Il tedesco indicò se stesso per dire che lui era giunto prima, per cui era il suo turno. Poggiò la macchinetta sul marmo dello sportello e brevemente illustrò la sua invenzione, per poi dimostrare che era tutto vero, cioè che era vero che il suo ingegno aveva fatto sì che si potesse trasformare il ferro in oro, traendo di tasca un minerale ferroso e imboccandolo nella fessura a imbuto, quella d'ingresso. Si udi dapprima il rumore di una piccola mola, poi un sibilo e infine un fischio, simile a una pentola a pressione e...voilà il ferro era diventato oro!.
Il funzionario non stava più nella pelle e si prodigava nei complimenti, i quali sortivano l'effetto di far quasi imbarazzare l'inventore tedesco, più avvezzo al rigore matematico che alle lodi. Appena finita questa scenetta patriottica -sì, perché il funzionario aveva legata la scoperta alle sorti della patria, della Germania- l'italiano si sentì chiamare per nome, cioè sentì dire:”Italiano!?” L'uomo, che aveva appena finito di mangiare un pezzo di pane e salame, stava riponendo un lucido coltellino tascabile nel taschino del gilet, ma si alzò subito afferrando all'istante della voce la gabbietta con il canarino. Il tedesco si fece da parte, anche perché doveva compilare il classico modulo con cui avrebbe registrata la scoperta, mentre ...bah, forse contadino italiano si riassettava i baffi prima di poggiare la gabbietta sul solito marmo dello sportello e aprire la gabbietta, dalla quale il canarino uscì saltellando dal legnetto interno al margine dello sportellino e di lì alla spalla del contadino.
Ci fu un attimo di silenzio. L'italiano osservava di sbieco la bestiola e un paio di volte gli solleticò il beccuccio. Poi si fece serio e con il dito della mano destra fece un paio di gesti, come un direttore d'orchestra. Il canarino allora si effuse nel canto con una voce da baritono. Il pezzo era il famosissimo “Nessun dorma” eseguito sino alla fine senza una stecca. L'inventore tedesco seguì tutta l'esecuzione a bocca aperta, a cui faceva specchio quella del funzionario. Quando il canarino finì il suo canto deglutì e così fecero i due tedeschi. Il funzionario iniziò a balbettare, mentre il tecnico tedesco si avvicinò alla bestiola con un calibro, con il certo scopo di prendergli le misure dell'ugola. Ma come lui aveva impedito che l'italiano verificasse le sue ipotesi sul suo marchingegno agitandogli sotto il naso il dito indice, così fece l'italiano, a cui immancabilmente fu dato il modulo da compilare. Eh, i tedeschi saran pure geni della tecnica, ma i miracoli della natura li devono lasciare a noi, les italiens.