Stonegappe 20 giugno 1839
Carissima Emily
Non inizio questa lettera chiamandosi Lavinia, stavolta: ogni riferimento alle letture che ad Haworth ci allietavano i sensi qui sarebbe tradito. Non solo durante il giorno i bambini non mi lasciano un momento di pace, ma Mrs. Sidgwick sembra sempre più determinata a rubarmi anche il tempo che vorrei dedicare a me stessa la sera: mi angustia coi suoi lavoretti come il gelo che d’inverno uccide l’erica nella nostra brughiera.
Perdonami se inizio questa lettera con tali sfoghi, e mi raccomando sempre di non dirne nulla a papà, ma mi accorgo ogni giorno di più che il lavoro di istitutrice non è il più adatto al mio carattere. Forse se i bambini fossero più dolci saprei adattarmi alla mancanza di libertà, potrei guardarmi le dita bucherellate dall’ago e dirmi: sì, posso continuare. Ma ogni giorno succede qualcosa che mi fa sentire la mancanza di casa come i fiori per un’ape.
Questa mattina sono entrata nella cameretta dei bambini per svegliarli: mi sono accostata alla finestra per aprire le tende – sono di velluto, rosso come la lingua di Keeper! – e quando la stanza si è illuminata di sole, ho visto che i letti erano vuoti. Puoi immaginare lo spavento! Mrs. Sidgwick è molto pignola negli orari e alla paura del ritardo si è aggiunto il terrore che i due monelli si fossero cacciati in qualche guaio. Non potevo chiamarli ad alta voce: nutrivo la speranza che si fossero nascosti nella camera degli ospiti, come fanno quando vogliono saltare lo studio del piano, e dovevo trovarli prima che la loro madre si accorgesse della scomparsa.
Ma quando sono entrata nella camera al secondo piano, quella col caminetto dai fregi in avorio di cui ti ho già scritto, l’ho trovata vuota. Le mani hanno cominciato a tremarmi. Sono scesa per la scala di servizio perché ho sentito che Mrs. Sidgwick stava salendo per la scada del salone: volevo cercare in cucina. Sono ghiotti di zucchero, soprattutto il piccolo, e hanno stretto alleanza con Mary, una delle serve, che in totale spregio delle direttive li rifornisce di zollette appena si allontanano dalla mia sorveglianza. Ma non erano neanche là.
A questo punto l’ansia si è impadronita di me. Se fossero usciti in giardino non sarebbero sfuggiti alle orecchie e agli occhi di Mrs. Sidgwick, perché quando si avvicinano alla fontana schiamazzano come cornacchie impazzite; e ad aggravare la situazione c’era il loro abbigliamento, perché di sicuro erano ancora in vestaglia.
Eppure, quando, facendo attenzione a non farmi scorgere dai signori, sono uscita in giardino, non erano neppure là.
Emily cara, solo tu puoi capire che fatica ho sopportato per non scoppiare in singhiozzi. Mi fa ancora male la gola da quanta saliva ho deglutito!
Allora ho cominciato a pensare come loro, a quale poteva essere il dispetto più grande che potevano architettare per farmi soffrire. E così li ho scovati: erano in camera mia, i diavoletti, e non immaginerai mai cosa stavano facendo, ancora in vestaglia, seduti sul mio letto: si erano impadroniti degli ultimi fogli che mi hai mandato e li stavano piegando e tagliuzzando per farne degli animali. Giocavano con la carta da lettere! Devono essersi intrufolati nella mia camera subito dopo che mi sono alzata, quando sono scesa in cucina a controllare se il loro porridge era pronto. Davvero non mi aspettavo una simile mancanza di sensibilità, non fino a questo punto, anche se sono solo bambini.
Perdona, ma ti devo chiedere di mandarmi altra carta da lettere, la sto finendo, e non posso restare senza l’unica possibilità di sfogo. Come vedi, ho ricominciato a scrivere in caratteri piccolissimi, proprio per consumarne il meno possibile. Mi sembra di esser tornata bambina, ai tempi dei nostri libricini in carta da zucchero: oh, come eri brava, tu, a legarli col filo!
Ecco, ho dovuto interrompere la lettera perché Mrs. Sidgwick mi ha fatta chiamare. Non trovava la cassetta del cucito. Lo sa che non sono io a riporre i suoi aghi e le sue mussoline, ma inizio a pensare che quando è seduta assorta davanti alla finestra che dà sul giardino, in realtà stia confabulando tra sé per inventare ogni tipo di scusa per privarmi dei miei spazi.
Ora basta! Non voglio più scrivere delle mie lamentele su Stonegappe. Le vacanze si stanno avvicinando e tra poche settimane potrò riabracciarvi (sic).
Sai già quando arriverà Anne? Nella sua ultima lettera si è dimenticata di scrivermelo.
Dimmi di Branwell: i tuoi silenzi su di lui mi rendono inquieta. Ho come l’impressione che tu non mi racconti tutto. Temo che il suo soggiorno a Bradford, più che giovargli, abbia deformato alcune tendenze del suo carattere. Va ancora spesso al Black Bull? Ti prego Emily, cerca di tenerlo lontano da quella bettola: Branwell cerca gli stimoli di Bradford in luoghi che mettono a rischio il morale di un giovane sensibile come lui.
Papà si sfoga, ogni tanto, oppure continua a mandar giù tutti i suoi pensieri amari? Lui e la zia nutrono, forse, ancora delle speranze su Branwell, ma io sono sempre più preoccupata. Se non fossi qui a farmi umiliare da queste persone, potrei stare accanto a nostro fratello e aiutarlo! So che ti sto appesantendo di responsabilità e che sei già incaricata ormai di tutta la gestione domestica, ma ti prego, Emily, ad Howarth sei l’unica che possiede la forza necessaria per prenderlo in mano quando sbaglia strada.
Stai attenta affinché non esageri con l’oppio. Anne mi ha scritto che Hardaker ha chiesto un saldo parziale per un conto che Brandwell continua a far crescere: non credo affatto che quelle pillole tengano lontana la tisi. Se piccole dosi possono aiutarlo a superare i momenti di depressione, Branwell deve anche imparare a farsi forte nel carattere senza ricorrere troppo spesso all’oppio. Cercherà di ammaliarti – gli riesce ancora bene, vero? – ma tu non lasciarti abbindolare: tienilo occupato, rispolveragli Wordsworth, fallo passeggiare… coinvolgi Tabby, se come immagino sei troppo occupata con la casa. Credo che lei non si sia mai sentita così inutile come ora che fa fatica a muoversi: forse lei e Branwell possono aiutarsi a vicenda.
Ecco, adesso la carta è davvero agli sgoccioli: riempio gli ultimi spazi, come sempre, chiedendoti di scrivermi. Sarà suggestione, ma la tua grafia fa entrare in questa casa un soffio di vento della nostra brughiera, come se l’aria di Howarth si intrufolasse nelle tue buste. A prestissimo, che le settimane si sbrighino a volar via e che le vacanze arrivino in fretta!
Tua Charlotte.
(2° classificato al concorso “De Leo-Bronte”, pubblicato in antologia, 2013)