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Lettera al Governatore della Merda

Creato il 20 dicembre 2011 da Frankezze

Lettera al Governatore della Merda

Caro Professor Monti,

Da tanti anni non abito più a Roma. Allora, ricorderà, mi divertivo a lanciar strofe che facevano scandalo. Storia antica, vecchia tattica: a toglierci la vita togliendoci il pane, c’hanno sempre provato. Ma il fatto, carissimo mio, è che questa cosa non è mai riuscita: perché noi siamo costretti a vivere. Le scrivo oggi d’austerità e ignoranza. Di equità no. Ché è problema a voi sconosciuto. E neppure di lacrime, sia chiaro: questa paccottiglia la lasciamo ai vostri giornali.

Ora, le dicevo, non sto più a Roma. Sto dovunque. In mezzo ai roghi d’Europa. Da lì, le scrivo. Certo, i tempi sono cambiati: Papi e Dittatori erano gente di statura o di Stato, meritavano satire in versi. A voi, gente che vive al Mercato, invece possiamo rivolgerci solo in prosa.

Il fatto è questo, professore: le scrivo io, Pasquino, ma io sono molti. Lei parla a nome dell’interesse dell’Italia intiera o dell’Europa o d’Occidente: il suo, ne è convinto, è interesse generale, punto di vista tychonico che guarda dall’alto il mondo. Parla a nome mio, nostro, e ci chiede di ascoltare. Ebbene sa, professore, pure io, noi, abbiamo interesse. E punti di vista. Diversi e inconciliabili al suo.

Lei è il professore, il tecnico, il medico che deve salvare un pezzetto di mondo dalla crisi. Ci rende così tutti pazienti, muti oggetti del suo intervento: ci chiede di scommettere sul fatto che lei sappia come curare la crisi. Io ho un dubbio: che, lei non abbia affatto questo sapere. Che sia ignorante, portatore diretto del sapere che ha prodotto la crisi. C’avete messo almeno un trentennio di dibattito teorico. Avete vinto, scommesso sulla finanziarizzazione e l’indebitamento e ora siete in stallo. Siete dei “tecnici” dell’unica disciplina che pretende di non avere verifica. Vede, professore, per me, per noi molti, studiare è costato e costa sacrifici. Ma proprio per questo abbiamo provato a farlo con cura e spirito critico. Anche quando questo ha significato una vita austera. Dite: abbiamo largheggiato per vent’anni e ora tocca tirare la cinghia. Non è vero. Da vent’anni applichiamo le vostre ricette. Chiedete oggi di abolire l’articolo 18. Ma professore, le pare credibile contrastare la disoccupazione con i licenziamenti? Le pare normale curare il debito con l’indebitamento? Curare la recessione con la recessione? C’era bisogno di laurearsi alla Bocconi e specializzarsi a Yale per dire stupidaggini così?

Come sa, professore, la nostra medicina si basa sul principio di Ippocrate: contraria contrariis curantur. In parlamento, assieme a lei, non ne è affatto convinto l’onorevole Scilipoti, che pure le vota contro per eccesso di fedeltà al suo capo. Come è più di Hahnemann, Scilipoti pensa che similia similibus curantur. Ma le cure omeopatiche si fanno per piccole dosi. Non a dosi da trenta miliardi. Sennò, glielo confermerebbe persino Scilipoti, il paziente finisce all’ospedale – dove non hanno più neppure le garze, grazie a voi. E da lì dritto all’obitorio. Facile da comprendere no? anche per uno che ha fatto la Bocconi.

Cordialmente,

Frank Pasquino.


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