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Lettera aperta alla Senatrice del Partito Democratico Silvana Amati #IndipendenzaSenzaMissItalia

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Alla Senatrice del Partito Democratico Silvana Amati.

Venendo a conoscenza dell’intenzione di avviare un’interrogazione parlamentare al Ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato, per contrastare l’eliminazione del concorso Miss Italia dal palinsesto della Rai, decidiamo di scriverLe per esprimere il nostro sconcerto.

Siamo un gruppo di blogger di tutta Italia e di tante estrazioni ed età differenti, ma rimaniamo comunque sbigottite di fronte all’impegno enunciato in difesa del concorso di bellezza.

Ci chiediamo, prima di tutto, perché una senatrice della Repubblica pensi sia necessario difendere e promuovere una simile rappresentazione e consideri Miss Italia un evento di “importanza storica”. Mirigliani sostiene che il concorso celebri l’”indipendenza delle belle donne” e ne imputa alla Rai la paura. E’ anche la Sua opinione?

Noi ci auguriamo che tutte le donne possano considerarsi indipendenti da terzi, a prescindere dal rispetto dei canoni estetici vigenti dettati dai media, e che non vi siano discriminazioni alcune in tal senso nei contesti sociali e lavorativi. Riteniamo, invece, che siano proprio rappresentazioni come quella di Miss Italia esempio di moralismo, dove una serie di donne giovanissime viene rimessa ad un giudizio esterno e debba assecondare i canoni di “femminilità” socialmente accettata.

Ci chiediamo allora, se l’indipendenza delle donne italiane davvero passi per un concorso di bellezza o se vada invece ricercata nel mercato più ampio del lavoro che, come Lei sa benissimo, non è così aperto alle donne da garantir loro indipendenza. Ci chiediamo inoltre se davvero si debba ancora pensare a Miss Italia come trampolino di lancio per le professioni dello spettacolo per cui, anche a seguito dei numerosi scandali degli ultimi anni, sarebbe forse meglio guardare alle qualifiche e alla professionalità anche delle “bellissime” invece che alla sola avvenenza.

Perché Lei si preoccupa di finanziare un concorso di bellezza anziché garantire che TUTTE le donne siano indipendenti e possano avere mezzi, servizi e strumenti per conciliare il lavoro con le loro scelte di vita?

Eppure, Lei saprà benissimo che l’Italia è fanalino di coda in Europa e tra gli ultimi posti nel mondo per quanto riguarda l’occupazione femminile: un Paese dove più della metà delle donne è disoccupata, complice una cultura maschilista che attraverso pratiche discriminatori incentiva un immaginario retrogrado, relegando le donne ancora oggi al ruolo di ornamento sessuale da una parte e di cura dall’altro.

Lei sarà informatissima del fatto che, se le donne non sono sufficientemente indipendenti,  sarà difficile tutelarsi dalla violenza domestica, così presente nel nostro contesto da richiedere invece  azioni di contrasto quali il finanziamento dei centri antiviolenza e la prevenzione della cultura machista, investimenti che davvero potrebbero garantire emancipazione da contesti e situazioni di subordinazione.

E’ triste che le dichiarazioni di un partito di governo riguardino un concorso di bellezza, che non solo è desueto ma rafforza l’idea delle donna come oggetto sessuale, invece di prendere posizione sulle misure di reale emancipazione femminile nel nostro Paese. Non si era per caso detto dalle vostre stesse fila che è necessario, per prevenire il femminicidio e tutte le forme di discriminazione sessuale, contrastare una certa immagine femminile svilente che passa attraverso il servizio pubblico?

Inoltre, Lei parla del concorso come un evento che ha condotto importanti “campagne sociali”.
A cosa vale perorare qualche campagna di beneficienza se poi quello che si comunica è una rappresentazione retrograda (e a tratti repressiva e reazionaria)?
Un concorso che non accetta concorrenti transessuali, che chiude le porte a quelle che indossano taglie superiori alla 40, incentivando l’emulazione di un canone estetico mediatico, malsano e pericolosissimo per molte ragazze, spesso molto giovani come le concorrenti, un concorso che non accetta aspiranti miss che abbiano posato senza veli, che scava nella vita privata delle ragazze, veicolando l’idea che “devi essere bella e appetibile ma anche sessualmente immacolata”, è quello che oggi preoccupa una Senatrice della Repubblica. Come può questo concorso definirsi bandiera di impegno sociale, emancipazione e autodeterminazione femminile? Il modello che viene veicolato risulta invece stereotipato e superato, risultando ben lontano dall’intento rivoluzionario al quale Lei fa appello.

Credevamo che per le donne italiane fosse tornato il momento di parlare di reale indipendenza, di emancipazione, di autodeterminazione.
Pensavamo che tutto ciò passasse da incentivi al lavoro femminile, finanziamento ai consultori e ai centri antiviolenza, lotta al divario salariale, promozione della paternità (così che il peso della famiglia non gravi solo sul lavoro delle donne), lotta alle dimissioni in bianco e alla disoccupazione giovanile, discussione del reddito di cittadinanza, lotta allo sfruttamento sessuale e alle rappresentazioni oggettivanti.

Evidentemente, a volte queste rimangono solo belle parole a cui la politica non pensa realmente, troppo indaffarata a salvare Miss Italia o a speculare sulle politiche securitarie in tema di femminicidio.

La salutiamo cordialmente,

Le blogger di “Un altro genere di comunicazione”

comunicazionedigenere.wordpress.com



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