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Lettere a Primo Levi: Toc toc, è permesso?

Da Leragazze
Lettere a Primo Levi: Toc toc, è permesso?

Torino agli inizi del Novecento

Ve lo avevamo anticipato e ora il momento è arrivato. Inizia oggi una nuova serie di post di cui è autore quel vulcano di dhr che, dopo averci stupito e arricchito con “La Bibbia firmata Chagall” ci propone ora “Lettere a Primo Levi”. I post saranno pubblicati ogni domenica, che è ormai il suo giorno nel Blog delle Ragazze. Ringraziamo di vero cuore dhr che continua a valorizzare il nostro blog e gli lasciamo la parola.

Caro Primo,

erano anni… decenni, che volevo scriverti. Quel giorno in cui hai posto fine alla tua esistenza, io ero ancora liceale e da pochi giorni, o un giorno solo, avevo terminato di leggere La tregua, il sequel del tuo romanzo Se questo è un uomo (perdonami se ripesco questa battuta, che ti faceva sempre andare fuori dai gangheri). Avevo ancora in circolo il crudo realismo del tuo resoconto storico, il tuo humour scintillante, il tuo stile perfetto.

Da dove arrivò la notizia? Il TG? “La Stampa” di Torino? O qualcuno, forse mio padre, che disse: “Hai sentito? Si è suicidato Primo Levi”. A pensarci mi viene un groppo ancora adesso. Ché in la mente m’è fitta, ed or m’accora, la cara e buona immagine paterna di voi, quando nel mondo, ad ora ad ora…

Se non ora, quando?

Ti piacevano le novità tecnologiche, hai anche scritto un simpatico articoletto sui primi personal computer, che hai subito voluto imparare ad usare. Chissà oggi, età permettendo, avresti l’email e magari terresti pure un blog. Allora, grazie alla cortese ospitalità delle Ragazze, facciamo-finta-che. Anzi, scusa anche se con lo stile spiccio che si usa adesso (e che a noi piemontesi vecchia maniera fa venire l’orticaria) ho cominciato con il “tu” anziché con “Gent. Dott. Levi”.

Questa non è neppure una lettera, è una pre-lettera, una lettera inviata per dire che arriverà una lettera. Però come primo assaggio, prima di cominciare a riflettere e dibattere sulle cose che hai scritto, ho qui sott’occhio una chicca, il più clamoroso understatement nella storia della
letteratura. Opera tua. Ricordi? Le prime due righe del tuo breve saggio La mia casa:

“Abito da sempre (con involontarie interruzioni) nella casa in cui sono nato…”

A presto, tuo

d

dhr



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