Magazine Società

Letterina quasi natalizia alla Chiesa di Roma

Creato il 30 novembre 2012 da Alphaville

Gentile Signora Chiesa di Roma,

era da tanto che volevo scriverLe: ma poiché altri e più degni di me l’hanno fatto, in tempi remoti e recenti, ho sempre lasciato perdere — un po’ per pigrizia e un po’ per scoramento.

Ora però, Signora Chiesa, mi scusi, non riesco più a tacere.

Già nei giorni scorsi ero rimasta un po’ stupita nell’apprendere dell’esistenza di alcuni Suoi documenti ufficiali su circensi e fieranti,  ma poi ci ho ragionato sopra: già, Lei si occupa di ogni aspetto del vivere, quindi come pensare che queste categorie potessero sfuggire al Suo interesse? Così mi sono messa d’impegno a leggere, e ho trovato qua e là delle affermazioni un tantino stiracchiate — mi permetta — che mi hanno fatto riflettere: per esempio là dove si dice, testualmente:

L’essere itineranti. I giovani del circo e del lunapark, se accettano la dimensione itinerante della loro vita, sono in piena sintonia con l’appello di Dio ed il messaggio evangelico, perché Dio accompagna il suo popolo in itinere.

La festa. Essa ci dà una anticipazione di quella del Regno. È importante per i giovani fieranti creare uno spirito di festa, con l’animazione artistica, e soprattutto percepire la dimensione profetica della loro professione-vocazione.

La gioia. Il clown viene preso in giro, deriso, quasi ad immagine di Cristo che viene schernito, umiliato. Egli rappresenta l’umanità decaduta… La risata è vista qui però anche come risurrezione nel quotidiano, che ci aiuta ad accettare i nostri limiti e le nostre imperfezioni; dobbiamo avere la capacità di ridere di noi stessi.

La bellezza. Tra le qualità di questo mondo, che ci invitano a sollevare lo sguardo in alto, c’è la bellezza. Essa vive nelle infinite meraviglie della natura… L’uomo è cosciente di ricevere tutta questa bellezza, anche se, tramite la sua azione, ha parte nella sua manifestazione, ma egli non la scopre e ammira pienamente se non quando riconosce la sua fonte, la bellezza trascendente di Dio.

Il superamento di sé. Gli artisti del circo – acrobati, trapezisti, addestratori, ecc. – vogliono arrivare sempre più lontano, desiderano superare i propri limiti. Essi rispondono così al desiderio di andare oltre, al di là, posto da Dio nel cuore dell’uomo.

La gratuità. Essa si manifesta nel dono del meglio di sé stessi al servizio della gioia degli altri, attraverso il proprio duro lavoro, e anche una certa solitudine e sofferenza. Tale gratuità non esime dall’applicazione della giustizia sociale nei riguardi dei circensi e fieranti, in quanto lavoratori.

La vita di comunità. Al circo e al lunapark si vive sempre l’uno vicino all’altro. La qualità di vita in società non è certo riservata ai soli cristiani, ma per loro essa trova la sua radice in Dio, è partecipazione della vita divina in Cristo.

Ma Lei, Signora Chiesa, è quella del “credo quia absurdum”, anche in virtù del quale l’apostata Tertulliano figura largamente tra le auctoritates citate da Lei in tanti Suoi documenti. Eppure Tertulliano è l’autore di un testo celeberrimo, il De spectaculis, in cui bolla con parole di fuoco i cristiani che si recano al circo… Naturalmente Lei, Signora Chiesa, mi dirà che il circo di allora non è il circo di oggi: Glielo concedo, ma Le faccio notare che Tertulliano dice espressamente in più punti che tutto, nel circo, è manifestazione di idolatria, compresi gli spettacoli equestri. In ogni caso, chi sono io per sindacare sulla scelta dei Suoi riferimenti?

Tuttavia c’è un punto, Signora Chiesa, che mi ha lasciato veramente basita; ed è precisamente il punto 11 delle “Considerazioni generali” del “Documento finale dell’Ottavo Congresso Internazionale di Pastorale per i Circensi e i Fieranti (Roma, 12-16 dicembre 2010)” , che riporto integralmente e testualmente:

11) In alcuni Paesi, i circhi tradizionali devono far fronte alla politica di Amministrazioni pubbliche che contrastano l’impiego degli animali nello spettacolo, cosa che invece è apprezzata dal pubblico. Gli esercizi con gli animali sono tipici del circo classico, dove l’esibizione artistica dimostra che l’uomo può stabilire relazioni di intesa e di collaborazione con gli animali, grazie ad un addestramento rispettoso e positivo. Per assicurare la continuità di questa forma d’arte, i proprietari dei circhi vigilano sull’adeguato trattamento degli animali, tenendo conto del loro benessere.

Vede, Signora Chiesa, io capisco benissimo che Lei abbia tante cose importanti a cui pensare: tutelare i preti pedofili, spiegare alle famiglie che handicap e Aids sono divini strumenti punitivi, impedire che la teologia della liberazione possa danneggiare le multinazionali americane; ma è mai possibile che lì dove sta Lei non ci sia proprio nessuno che in questi anni si sia preso la briga di andare un po’ a vedere com’è che vengono trattati gli animali nei circhi? Voglio dire, mettete il vostro sacro naso dappertutto, financo sotto le lenzuola dei vostri fedeli, e non vi viene in mente di documentarvi almeno un pochino — basterebbe il granello di senape evocato da quel Galileo che voi amate citare a proposito e a sproposito — sulle sofferenze e le umiliazioni inflitte nei circhi a quelle che secondo voi, almeno quando vi fa comodo, sono pur sempre creature del vostro Dio (un po’ distratto o un po’ malvagio — un po’ poco “dio”, insomma, avrebbe detto quel paganaccio di Epicuro)…

Non mi sembra bello, Signora Chiesa. Sappiamo da tempo che Lei non è mai stata tenera con gli animali; e quelli fra i Suoi fedeli che inclinavano alla compassione per le bestie non hanno avuto vita facile — a partire da quel Francesco di Pietro Bernardone il cui Ordine, partito per ricordare a Lei, Signora Chiesa, l’importanza dell’umiltà e della povertà secondo la predicazione evangelica, finì poi a giustificare le imprese invece assai poco evangeliche della Santa Inquisizione. Imperscrutabili disegni di Dio o manipolazioni umane e temporali? Mistero della fede.

Ma sa, Signora Chiesa, cos’è che ultimamente mi ha fatto proprio arrabbiare? La notizia che per addobbare piazza San Pietro e il Colosseo in occasione del Natale verranno utilizzati due abeti secolari — due meravigliosi esseri viventi moriranno per celebrare una festa di rinnovamento antica di millenni, onorata ben prima che arrivaste voi a scipparla per commemorare la nascita di un dio così disinvoltamente noncurante dei viventi non umani.

Capisco benissimo che la vostra sia una tradizione consolidata: cominciò — ricorda? — l’anglosassone Wynfrith, poi monaco benedettino e vescovo col nome di Bonifacio, apostolo della Germania su mandato di Carlo Martello, che per sradicare metaforicamente le esecrande “superstizioni” pagane pensò bene di sradicare concretamente gli alberi sacri oggetti di culto delle popolazioni germaniche in Assia e Turingia; nel 723, a Geismar, fece abbattere la colossale quercia sacra a Donar (Thor), e col medesimo legno fece erigere nel medesimo luogo una chiesa dedicata a san Pietro. Convinto della bontà di questa pratica (invero assai poco pedagogica), continuò ad applicarla negli anni; finché il 5 giugno 754, in Frisia, un gruppo di frisoni restii ad essere convertiti uccisero lui e i suoi catecumeni sulle rive del Borne, presso Dokkum.

Ma i tempi, Signora Chiesa, sono cambiati — in meglio? In peggio? Che importa? Sono cambiati: e dovrebbe imparare a cambiare anche Lei, conformemente a com’è cambiato il mondo e a com’è cambiata la nostra consapevolezza nei confronti dell’immensità vivente in cui siamo immersi, e verso la quale la nostra meraviglia non sa esaurirsi.

Ci rifletta, Signora Chiesa; e se vuole continuare ad occuparsi delle anime immortali faccia pure — è Lei l’antropocentrista, non io. I corpi mortali li lasci pure ai miscredenti come me e come i miei amici, che sappiamo rispettarli e onorarli assai meglio di quanto Lei abbia dimostrato di saper fare negli ultimi duemila anni.

Cordialmente, ma senza esagerare

a.c.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :