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Liberatemi da De Pedis

Creato il 18 luglio 2011 da Yourpluscommunication

Liberatemi da De Pedis.

Era “fruttato” cinquecento milioni delle vecchie lire e adesso non lo vogliono più. Adesso è il rettore della basilica di Sant’Apollinare, Pedro Huidobro Vega, che in un’intervista rilasciata a “Il Messaggero” si dice stanco dei turisti che in chiesa saltano i martiri e chiedono della tomba di Renatino De Pedis (uno dei boss della Banda Magliana).

«Sarà una liberazione. Pensare che sono tutti d’accordo a traslarla: la famiglia De Pedis per prima so che non si opporrebbe; il Vicariato idem, e per quel che ne so il discorso vale anche per la magistratura che sta indagando sulla Banda della Magliana: non penso avrebbe nulla in contrario».

Ma se sono tutti d’accordo, perché Renatino non riposa in un classico loculo per “morti comuni”?

Renato De Pedis veniva freddato il 2 febbraio 1990. Ucciso in via del Pellegrino (vicino Campo de’ Fiori a Roma) veniva, successivamente seppellito al cimitero capitolino del Verano. Solo trentadue giorni dopo, però, l’allora rettore della basilica, monsignor Piero Vergari, attestò il grande “buon cuore” di Renatino con una lettera che, il 6 marzo, recitava anche così: «Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma – Trastevere il 15/05/1954 e deceduto in Roma il 2/2/1990, è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana».

Liberatemi da De Pedis.
Quattro giorni dopo, il Cardinale Ugo Poletti, allora Vicario generale della diocesi di Roma e presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), rilasciò il nulla osta per seppellire De Pedis all’interno della basilica di Sant’Apollinare. Dal 24 aprile dello stesso anno, la salma di De Pedis veniva tumulata dal Verano per lasciarla “riposare” nella cripta della chiesa capitolina, segretamente.

Di questo non trapelò nulla fino a quando una voce arrivò alle orecchie della magistratura impegnata nelle indagini sulla banda della Magliana. Nel 1995 Andrea De Gasperis sollecitava una verifica da parte della Direzione Investigativa Antimafia e, nell’estate del 1997, la notizia arrivò alle redazioni giornalistiche. Da lì il salto in pagina del quotidiano romano “Il Messaggero” fu solo l’inizio di un veloce rimbalzo su quelle di tutte le testate, suscitando non poche polemiche, proteste, indignazioni ed interrogazioni parlamentari.

«Francamente non so perché De Pedis abbia scelto proprio questa basilica, immagino per il rapporto di fiducia che aveva con don Vergari» dice Vega cercando una plausibile risposta alle rivelazioni del boss Giuseppe De Tomasi che raccontò come quel posto (dove comunque i vermi hanno libero accesso al ripugnante banchetto) costò 500 milioni di lire. Una somma quantitativamente importante versata allo stesso monsignor Vergari al fine di “assicurare” la sepoltura a Sant’Apollinare.

«Immagino che se la famiglia De Pedis avesse saputo tutto il trambusto che ne sarebbe derivato avrebbe scelto altrimenti. La stessa cosa avrebbe fatto monsignor Vergari. Personalmente – continua il rettore Vega – non l’ho mai conosciuto ma suppongo che non si sarebbe fatto convincere».

E proprio oggi che la comunicazione diventa importante anche per la Chiesa (tanto che Benedetto XVI durante la 43ª giornata mondiale delle comunicazioni definisce internet un dono e il Vaticano passa dalla teoria alla pratica aprendo un canale dedicato su YouTube), è in quel sacro dove il “profano” ha trovato alloggio con l’appellativo di benefattore, Pedro Huidobro Vega è limitato ai permessi tanto per un semplice concerto d’organo, quanto per delle riprese televisive.

Se è vero che esiste la legge divina, è proprio al cospetto di Dio che ognuno di noi risponderà all’unica sola legge giusta proclamata da occhi che guardano tutto ciò che facciamo, vediamo e addirittura pensiamo. Nel regno dei cieli la festa sarà per tutti senza posti assegnati, non ci saranno prime o seconde file, niente liste vip. Ma nel regno terreno, dove il libero arbitrio pare essere una lama a doppio taglio, è curioso chiedersi come solo alcuni “diletti” possono riposare tra Santi, papi o Beati.

Ma questo non è l’unico “mistero della fede”. Attorno alla sepoltura di De Pedis, la storia nasce in silenzio e si ingarbuglia sempre più fino ai giorni nostri quando una telefonata anonima, arrivata durante la trasmissione Chi l’ha visto? (e che dalle perizie la voce pare appartenere a Carlo Alberto De Tomasi), ha aggrovigliato quella già scomoda vicenda e riaperto il caso sulla scomparsa di Emanuela Orlandi.

Sui “perché” ed i “per come” Renato De Pedis, è sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare a Roma, ci è dato farci bastare quello che è trapelato ma è bene aggiungere come il trasteverino doc, moriva incensurato. Una fedina penale “pulita” perché, probabilmente, la morte l’ha salvato per tempo dalla giustizia terrena. (difficile pensarlo, infatti, un uomo quasi immacolato, come qualcuno lo racconta oggi).

Se è vero però che il “benefattore” è morto incensurato è altrettanto vero che è stato popolarissimo all’interno del processo sulla banda della Magliana sebbene nessuno degli imputati rispondesse al nome di Enrico De Pedis, lo stesso era sulla bocca di tutti i presenti.

Liberatemi da De Pedis.

Per chi, poi, continua ad affermare che la banda della Magliana, non solo non esiste, ma non è mai esistita, è giusto dire, una volta per tutte, come questo nome “banda della Magliana” non è la sintesi del lessico giornalistico ma, il più complicato caso di malavita a cui si è assistito dentro e fuori Roma e del quale si è ampiamente dibattuto all’interno del processo nato proprio da una delle più importanti operazioni di giustizia denominata “operazione Colosseo”.

Un nome che mai come adesso fa sorridere. Se è vero infatti che “Colosseo” racchiude metaforicamente la vastità dell’operazione, la struttura architettonica aperta al cielo è maggiormente “arieggiata” dalle finestre delle sue pareti. Per chi adesso è in cielo così come per chi è ancora in terra, infatti, quello che si definisce uno dei più grandi processi italiani, si ridusse, in alcuni casi, anche ai giudici di pace per la tanto ambita libertà.

E la messa continua, come i lavori di restauro, continua…

Marina Angelo


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