“LIBERE IDEE”9: INTERVISTA CON CARLA MARCONE 20 giugno 2015;
E’ un piacere per me intervistare la scrittrice Carla Marcone, dotata di una rara sensibilità.
Benvenuta Carla a “libere idee” interviste:
- Carla, sei una autrice molto interessante perché ti esprimi in una prosa che si fa quasi poesia e questo mi piace molto perché ben rende il mondo interiore delle donne.
Dimmi, è una cosa che viene naturale oppure è ricercato questo modo di scrivere?
- Come è nata la tua passione per la scrittura?
- Hai esordito nel 2005 con il romanzo “fiori di carta”, seguito poi nel 2008 da “Teresa e la luna”, entrambi i romanzi pubblicati per “scrittura&scritture”, una piccola ma tenace casa editrice napoletana. Parlami brevemente di questi due romanzi.
- “Scrittura&scritture” insieme ad altre realtà editoriali lotta e produce “libere idee” molto interessanti; cosa ne pensi della crisi del settore e secondo te su cosa bisogna puntare nell’editoria?
- I tuoi prossimi progetti?
Grazie a Carla Marcone, scrittrice piena di verve e “libere idee”che esprime con una rara fantasia.
Invito tutti a leggere i suoi due romanzi.
DANIELA MEROLA
- La tua domanda mi ha spiazzata. Però, a rifletterci, sono arrivata alla conclusione che la prima non possa prescindere dall’ altra.
Credo sia naturale ciò che viene da sé. Ciò che affiora mentre lavoro, mentre la storia prende forma, mentre cerco la parola adatta ad esprimere un’emozione, mentre tratteggio un paesaggio, mentre me lo proietto nella testa.
E’ naturale ciò che si è stratificato dentro.
Dall’ amore per il cinema vengono certe inquadrature, certi piani in sequenza, il bianco e nero di certe scene. Se ora decidessi di descrivere la disperazione di un qualsivoglia personaggio, magari potrebbe tornarmi in mente la Magnani di Rossellini o di Visconti, o forse Pasolini. Se poi a tale qualsivoglia facessi scendere o salire una scala, aprire una porta, abbassare un inquietante maniglia, potrebbe apparirmi il faccione sornione di Hitchcock.
E poi c’è la lettura. Lettura compulsiva. Ho sempre letto tutto. Il bello e il brutto. Mai lasciato a metà qualcosa, fatta eccezione per quello sporcaccione, anche se indiscutibile genio, del Divin marchese. Siffredi potrebbe pulirgli solo le scarpe.
Ho esordito con Cuore e ho continuato con Stevenson. E poi Svevo, Calvino, Pavese. E la Woolf e Kafka e Poe, e i russi e francesi e i sud americani … ho letto tanto. Da sempre.
Una volta, quando ero ancora una puella, incapace di chiudere “E Johnny prese il fucile”, persi un treno dopo l’altro, si fece buio e per poco a mia madre non veniva un coccolone. Però imparammo: lei a non immaginarmi spiaccicata chissà dove, ma seduta su un muretto o una panchina con la testa – dint’ ’e nuvole- , io ad avvisarla che avevo un altro libro. Un libro nuovo.
E così è per la musica, in cui spesso ho trovato il ritmo di una pagina. Così è per la storia che mi dà il tempo. E per il teatro che ha la voce di Eduardo e il papillon di Pirandello. E così per la poesia, per la quale ho sempre provato una sorta di timore reverenziale. I poeti non scherzano. Quelli sono minatori. I poeti scavano in fondo all’anima. E là c’è il rischio che crolli tutto.
Ed è così è per le persone: passione che spesso mi rende maleducata. Le scruto, le esamino, le osservo incuriosita, cercando di immaginarmi la loro storia.
Insomma, è naturale quello che viene dal mio, sempre troppo leggero, bagaglio culturale.
La ricerca, invece, è quella che pialla, leviga, smussa, abbellisce, accorcia, si documenta, taglia e intaglia come Geppetto. La ricerca viene dall’abitudine alla ricerca, dal vizio di studiare. E quel fetente là viene dal Classico.
Adesso riecheggia, unisono e complice, il verso di Clelia e MatteoEsteban.
I suddetti fanciulli, quando me ne esco con una di quelle cose che hanno battezzato Carlata, si guardano e – Sì, perché mamma ha fatto il Classico!
Sfido chiunque a non assuefarsi allo studio dopo cinque anni di letteratura, storia, grammatica, morfologia, sintassi, e filosofia e storia dell’arte, e Aristotele e Lucrezio …, mi fermo altrimenti faccio notte, come facevo notte traducendo gli stessi e i loro compari.
- E come se non leggendo?
E’ nata insieme a tante altre passioni. E’ nata in quel periodo della vita in cui non pensi ad altro che al futuro. Quando i ricordi sono pochi e i sogni innumerevoli e innumerabili. Quando : sarò una ballerina, un pilota di formula uno, o una scrittrice come Jo. Sì, sono anch’io una vittima di Louisa May Alcott.
La giovinezza fabbrica miti, tra i miei c’erano gli scrittori. Ma, di ballare ho smesso prima d’incominciare, guido ancorata al volante in un perenne stato d’ansia, però non ho mai smesso di leggere e di scrivere.
- Fiori di carta racconta di un’isola che forse non c’è. Racconta di Rossella e del mistero tessutole intorno da un abile demiurgo, che la condurrà a fare i conti con il destino. Di quattro ragazzi e dei loro sogni. Di una bambina affidata al demonio. Di una suora e di una puttana. Qui ogni personaggio è filo e ago di un intreccio d’amore, dolore, rabbia e fantasia.
Teresa e la luna è la storia di una donna, forgiata dal fuoco della terra, che lottò contro e dentro un mondo di uomini, per amore. Un mondo vecchio che, in quel periodo storico, si faceva nuovo sulle note del Nabucco. Un mondo in fermento che sostituiva i valori aristocratici con quelli borghesi, in cui nascevano nuovi mestieri, e nuove tecnologie. E cambiava l’assetto geografico e politico del paese.
E’ la storia della duchessa Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri, filantropa e scrittrice napoletana, che amò la sua terra come una madre.
- Purtroppo la crisi economica, lo sviluppo tecnologico, insieme al potere straripante dei grandi editori e, soprattutto, al moltiplicarsi di siti per pubblicare i propri manoscritti, partecipano all’agonia dell’editoria. Si finisce nel calderone, si fa d’un’erba un fascio. Eppure non mi piace pensare alla morte della carta stampata, preferisco piuttosto sperare in un resurrezione miracolosa. E punterei sopra ogni altra cosa sul lettore. Non sul lettore come consumatore. Punterei sull’educazione alla lettura. Nelson Mandela ha detto: l’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo.
- Non mi piace fare progetti. Quando li ho fatti è arrivato l’imprevisto e a messo tutto a soqquadro. Preferisco vivere oggi. Domani è solo un altro giorno per leggere una storia nuova.
O magari per raccontarla …
Ti ringrazio e ti abbraccio.