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Non mi piace leggere un libro perché se ne parla tanto. Non lo so perché. Forse perché assediato da milioni di lettori che, attendono con frenesia l’ultimo capolavoro dello scrittore X e, lo leggono avidamente, per poi scrivere la loro opinione, ovunque, mi da’ la percezione di essere accerchiato, la lettura, invece, è un atto intimo; libero.
Libertà di Franzen è uscito nell’edizione italiana nel 2011. Sono trascorsi dodici anni prima che lo leggessi e tre mesi per finirlo. Di solito in un mese leggo, in media, quattro libri.
Facciamo un po’ di ordine. Franzen dopo Le correzioni che, lo ha reso celebre e gli ha fatto vincere il National Book Award e il James Tait Black Memorial Prize, a distanza di quasi dieci anni, pubblica Libertà. Il New York Times, prima ancora dell’uscita del libro, lo incorona re della letteratura. È il primo scrittore (vivente) a guadagnarsi la cover del prestigioso settimanale a dieci anni da Stephen King. L'ultima, attesissima fatica di Jonathan Franzen, Freedom, scatenò un putiferio di polemiche nella blogosfera, soprattutto femminista, aprendo un dibattito sulla presunta «faziosità» di una critica letteraria accusata di «snobbare gli autori commerciali, soprattutto se donne», in favore di «narratori poco letti e difficili». L'offensiva anti Franzen era di Jodi Picoult, autrice di diciassette libri finiti tutti nella top ten del «New York Times».
Fin qua, un po’ di ordine generale, andiamo a rassettare la confusione personale.
Ci sono voluti, tre mesi, ho scritto, per terminare il libro ma non perché sia difficile, anzi. La lentezza è un po’, diciamo, fisiologica, nel senso che ogni tanto ho bisogno di smaltire i tanti libri che “ingurgito”, di lasciarli “sedimentare”, un po’ ho voluto “assaporare”, come si fa con un cibo, del quale in tanti ne decantano le meraviglie gustative ma, come accade, appunto, per quei cibi il più delle volte si rimane delusi, per vie delle aspettative? Forse, oppure semplicemente per gusto personale, forse, infine solo perché il libro era sovrastimato.
Io non sono un critico letterario e ne mi voglio atteggiare a emularne la professionalità, quello che faccio nel mio blog è scrivere le mie sensazioni e le mie opinioni sui libri che leggo, anche questa volta. Franzen, almeno con questo libro non mi ha lasciato quella sensazione, una volta sfogliata l’ultima pagina, di gioia e già mancanza che ho provato con altri scrittori. Affiancare Franzen a Tolstoj, Dickens o Dostoevskij, per me è del tutto improprio. Quegli scrittori raccontavano un “mondo”, in Libertà, vi è forse la pretesa di farlo.
I sostenitori ritengono che Franzen abbia salvato la letteratura americana con un romanzo che parla dei grandi Temi: gli appalti privati per la guerra in Iraq; il plagio come componente base dell'amicizia e dell'amore; l'impegno civile e i sogni delusi dei progressisti; uccellini in via di estinzione; psicanalisi; lobbysti; l'ascesa dei neocon nell'America post 11 settembre; una ragazza-madre; gli svantaggi pratici della democrazia; come sfrattare e trasferire operai da una regione a un'altra assicurando loro nuovi posti di lavoro. Sul «Guardian» si è scritto che Freedom si sforza di essere un romanzo universale ma non fa che raccontare l'ormai frusta commedia da soggiorno, con i grandi pianti, le separazioni, i figli adolescenti, il generale rimbambimento degli americani e l'involgarimento dei costumi... Io, per quel che conta, la penso esattamente come scritto sul Guardian.
In Libertà, ci sono dei grandi Temi ma alla fine quel che rimane dopo aver letto l’ultima parola dell’ultima pagina è la storia dei Berglund, di una famiglia americana.
Patty è figlia di ricchi liberali di New York, rigetta le loro aspirazioni opprimenti per giocare invece a basket per l'università del Minnesota. Al college incontra il mite ambientalista Walter e il suo compagno d'appartamento, Richard un cantante punk. Walter si invaghisce di Patty e Patty di Richard. Rifiutata da Richard, Patty sposerà Walter e farà due figli.
Ogni personaggio cercherà la propria libertà individuale tranne Walter che auspica di liberare il pianeta dalla sovrappopolazione, durante una riunione, in una folle protesta conclude il suo intervento al grido: «Siamo il cancro del pianeta!».
La delusione dei personaggi che, nonostante la lotta per l’auspicata libertà non riescono a essere felici è, forse, il risultato di un deficit di consapevolezza. “Non essere consapevoli vuol dire non esistere”, diceva Marshall McLuhan. I Berglund alla fine comprendono che si sono commessi degli errori e che la più grande libertà e serenità sia accettarli ed accettarsi.
Libertà di J.FranzenEditore: EinaudiAnno di pubblicazione: 2011 ebook Narrativa StranieraPagine: 640
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