In Libia (anche) la Francia ha predicato bene e razzolato male. I cacciabombardieri di Parigi sono stati i primi a sganciare ordigni sulle truppe di Gheddafi, il 19 marzo scorso, mentre a Tripoli un’azienda francese – Amesys, del gruppo Bull – continuava a intercettare e spiare gli oppositori del regime. E’ la Realpolitik, bellezza. Ovvero, non si sa chi vincerà, meglio stare da una parte e dall’altra. La rivelazione non è di Wikileaks, bensì del Wall Street Journal.
Alcuni documenti trovati dal Wall Street Journal nel covo delle spie franco-libiche
In un lungo reportage da Roma, Paul Sonne e Margaret Coker ricostruiscono nei dettagli la sporca faccenda. La centrale operativa di Amesys nella capitale libica è al piano terra di un edificio di sei piani. Nella sede, abbandonata in fretta e furia dopo l’arrivo dei ribelli, gli agenti di Gheddafi passavano al setaccio conversazioni telefoniche, posta elettronica, social network.
Ieri gli inviati del WSJ ci sono entrati e hanno sfogliato i documenti degli spioni. C’erano anche mail recenti, scritte dopo l’inizio della rivolta.
Un file, registrato il 26 febbraio, comprende anche sedici minuti di chat su Yahoo fra un uomo e una giovane donna. L’uomo flirta, e tra una frase d’amore e l’altra, si lascia sfuggire considerazioni poco lusinghiere su Gheddafi, insieme con le preoccupazioni per la sua incolumità personale.
Questo e altre migliaia di documenti sono ancora lì, a inchiodare responsabilità e connivenze dell’azienda francese. Quanto alle tecnologie, il regime non badava a spese. Deep Packet Inspection, EAGLE Interception system e altre diavolerie, soprattutto occidentali.
Il petrolio, come la pecunia, non olet.