La trama. Un uomo e un bambino, padre e figlio, senza nome. Spingono un carrello, pieno del poco che è rimasto, lungo una strada americana. La fine del viaggio è invisibile. Circa dieci anni prima il mondo è stato distrutto da un’apocalisse nucleare che lo ha trasformato in un luogo buio, freddo, senza vita, abitato da bande di disperati e predoni. Non c’è storia e non c’è futuro. Mentre i due cercano invano più calore spostandosi verso sud, il padre racconta la propria vita al figlio. Ricorda la moglie (che decise di suicidarsi piuttosto che cadere vittima degli orrori successivi all’olocausto nucleare) e la nascita del bambino, avvenuta proprio durante la guerra. Tutti i loro averi sono nel carrello, il cibo è poco e devono periodicamente avventurarsi tra le macerie a cercare qualcosa da mangiare. Visitano la casa d’infanzia del padre ed esplorano un supermarket abbandonato in cui il figlio beve per la prima volta un lattina di cola. Quando incrociano una carovana di predoni l’uomo è costretto a ucciderne uno che aveva attentato alla vita del bambino. Dopo molte tribolazioni arrivano al mare; ma è ormai una distesa d’acqua grigia, senza neppure l’odore salmastro, e la temperatura non è affatto più mite. Raccolgono qualche oggetto da una nave abbandonata e continuano il viaggio verso sud, verso una salvezza possibile…
Giudizio. Non avete letto The Road di Cormac Maccarthy? Bellissimo! Straziante storia della distruzione del mondo da parte dell’uomo, un mondo postnuclerare che sta lentamente trasformandosi in un pianeta invivibile. Storia della distruzione dell’essere umano come essere fisico, tangibile, con un corpo, a causa delle esplosioni nucleari. Ma, soprattutto della sua distruzione come essere spirituale, dotato di una coscienza e di un’anima che cercano di elevarlo sopra la cattiveria e la brutalità. Eppure, storia di speranza, segno comunque che non tutto è perduto per l’uomo. Nonostante tutto. C’è ancora chi lotta e spera e dispera, ma lotta.
Metafora della vita che ci pesta, ci atterra, ci abbatte ma che non ci sconfigge mai completamente. Un barlume di speranza resiste sempre. Fino alla nostra morte e oltre, nei nostri figli. Stupendo!
Recensione a cura di Patrizia