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Licenziando e volando che male ti fò?

Creato il 27 maggio 2010 da Massmedili

Locandina Tra le nuvole Il protagonista fa il peggior mestiere del mondo. Licenzia gli altri per conto terzi, il che significa che se fossi un boia non gli stringerei la mano volentieri. E se non ci fosse la mano felice di Jason Reitman , regista 33 enne fino ad ora quasi infallibile, già qui si potrebbe chiudere baracca.

Invece il canadese figlio d’arte (il papà Ivan è stato negli anni  80 il regista dei due Gosthbusters ed altre commedie di cassetta, oltre che il regista preferito di Arnold Schwarzenegger, e per fortuna che è canadese, se no  magari farebbe l’assessore in California…)  uso ad esplorare le nequizie dell’animo umano con protagonisti che fanno le peggiori scelte possibili (l’uomo delle pubbliche relazioni di una multinazionale del tabacco di Thank You For Smoking, la sedicenne incintissima di Juno) ma malgrado tutto restano esseri umani.

Il tagliatore di teste per sopravvivere a sé stesso e alla professione disgustosa si è inventato una vita meccanica disumanizzata: vive sugli aerei e negli aeroporti che lo portano da una città all’altra. Delle ributtanti procedure aeroportuali di sicurezza, che tutti amiamo odiare (soprattutto dopo l’11 settembre 2001) lui ha fatto un’arte e un vanto. Passa i controlli di sicurezza con la stessa scioltezza con cui la maggior parte delle persone mangerebbe un gelato.

Inutile dirlo, è solo. E se oltre alla mano felice del regista non avesse la faccia da schiaffi di George Clooney (il Cary Grant della commedia contemporanea) l’alchimia non potrebbe funzionare. Prima tesi del film: non è vero niente che l’impallinato di aerei scapolone George è anche crudele. Infligge ogni giorno a decine e decine di perfetti sconosciuti la peggiore umiliazione possibile, distrugge sogni e certezze, sconvolge vite e matrimoni. Ma con lo stesso sguardo dolente e atteggiamento comprensivo straziato di un sacerdote che somminstra estreme unzioni su un campo di battaglia. Quando il suo capo tenta di sostituirlo con un computer per risparmiare sulle trasferte, rischia il crollo. Anche perché ha appena incontrato l’anima (nera) gemella nei panni della bellissima Vera Farmiga. Gli tocca scozzonare la giovane stagista inventrice del ”licenziamento virtuale” portandola sul campo a toccare con mano l’orrore della realtà dello schifoso mestiere…

Facile morale il fatto che il cinico disilluso si rivela alla fine il più fragile del mazzo, che l’anima gemella non esiste o non la conta giusta, che la sua scelta di vita è un orrore, che il cinismo della licenziatrice via internet naufraga immediatamente di fronte al dolore delle persone vere, che la casa fra le nuvole non è come una vera casa ma è difficilissima da lasciare, attento a quello che desideri perché rischia di avverarsi…

Tutto funziona nella assoluta leggerezza, leggero come un ricciolo di panna montata, nell’abilità del regista e degli attori nel tracciare e ritrarre personaggi infondo non si sa se veramente abbrutiti dal cinismo del mondo o disorientati da una vita senza più “senso e direzione” come in Like a Rolling Stone di Bob Dylan.

Bello, allora? Bello sì, gran commedia sofisticata. Ma cinquant’anni fa lo screwball con Cary Grant lo facevano registi come Frank Capra ed era lecito e giusto attendersi un lieto fine. Oggi che lieto fine volete che ci sia? Va già grassa se non viene da andare a buttarsi da un ponte come una delle licenziate dal protagonista…


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