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Lingua madre o matrigna?

Creato il 17 febbraio 2011 da Patuasia


Non voglio entrare specificatamente nel merito riguardo al nuovo patuà, perché non ne ho le competenze, ma non posso non farmi alcune domande. La prima è infantile: perché? Una persona informata sui fatti e sono convinta in buona fede, mi ha risposto: per salvare la lingua francoprovenzale in via di estinzione. Ma è così moribondo il patois in Valle d’Aosta? No, è vivo e vegeto. A esser morto, semmai è il francese. Allora che bisogno c’è di una neolingua che mortifica la ricchezza dei vari idiomi presenti nelle diverse vallate valdostane? Secondo il concetto di salvaguardia, in genere, si salva quello che c’è, non se ne fa un clone bislacco. Dunque, se ho ben capito, ma non può che essere così, per salvare una lingua se ne inventa un’altra più facile così ha più possibilità di diffondersi. Ma anche questo concetto, se preso in esame, fa acqua da tutte le parti, perché una lingua vive se la si parla e la si parla soprattutto a casa: lingua madre appunto. Dunque, un bambino che si esprime in francoprovenzale di Ayas andrà un domani a scuola per imparare quello nato in provetta? E questo per salvaguardare la sua lingua madre? Non capisco. Non ci siamo. Non mi convince. Ho quasi la sensazione che non si sia voluto difendere il patrimonio linguistico locale, che infatti seguirà il suo destino, bensì inventare una neolingua UFFICIALE. Proprio una roba da regime. (Abbiamo due lingue ufficiali, ne abbiamo bisogno di una terza?). Nata da una fecondazione assistita da sapienti luminari e dopo una gestazione durata lunghi anni. Anche questa necessità di omologazione contrasta con un altro concetto: quello della difesa della diversità. E poi la lezione del francese i nostri Vieren, Rollanden, Serise, Rivolen e ambarabàciccicoccò, avrebbero dovuto impararla:  una lingua vive se è vissuta e non imposta! Sarei curiosa di sapere cosa ne pensano gli intellettuali valdostani al riguardo, se ce ne sono, ovviamente.

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