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L'articolo di Mark Pagel sull'ultimo numero di Internazionale cerca di spiegare le ragioni per cui esistono così tante lingue. Vi invito a leggerlo (è possibile reperirlo qui). Questo uno dei passaggi chiave: la diversificazione linguistica è un mistero. Il buon senso, infatti, porterebbe a scommettere sulle migliori condizioni che avrebbe un ampio gruppo di persone se in esso si parlasse una sola lingua: sarebbe più facile comunicare, far circolare idee, tecnologie e persone, etc. Ma così non è. Il fatto, spiega Mark Pagel, è che negli essere umani coesistono sia una tendenza a fare gruppo, sia una tendenza xenofoba. Così, ciascuna lingua, ciascun dialetto, asseconda, da un lato l'inclinazione (necessità?) a fare gruppo; dall'altro aiuta ciascun gruppo a distinguersi da un altro che, topologicamente, gli è vicino.
Attualmente - dice Mark Pagel - il trend è che muoiono più lingue di quante ne nascano anche grazie all'azione della tecnologia e del digitale. Lo stesso Pagel, però, rassicura chi pensa che, in futuro, rimanendo una sola lingua (lui dice l'inglese), rimarrà anche una sola cultura. Avere un linguaggio unico, dice Pagel, aiuterà i membri di una comunità sempre più grande a collaborare per lavori sempre più grandi.
Volendo speculare, mi vengono in mente le due categorie di Ferdinand Tönnies: comunità e società (via). Le prime, diceva il sociologo tedesco, sono quelle dominate dalle parentele e da vincoli morali che producono una certa omogeneità di comportamento. Nelle seconde, invece, l'ordine sociale è dominato da relazioni impersonali e non esiste il senso di appartenenza e dall'empatia propri della comunità. Tornando a Pagel, quindi, si potrebbe concludere che nelle comunità si parla la stessa lingua; nelle società, invece, ci sono anche linguaggi diversi. Con questa chiave di lettura si può affermare che la Rete sia riuscita a dare un unico linguaggio alle società (alla Società?) evitando loro la deriva liquida teorizzata da Bauman. Un linguaggio che, mi vien da dire (invadendo campi che nessuna preparazione accademica mi autorizza ad invadere, ma autorizzato da qualche lettura), non è solo la lingua con cui comunichiamo, ma anche il metodo (vedi "Del cooperare. Manifesto per una nuova economia" e gli appunti qui) con cui comunichiamo. Se si intende, quindi, per linguaggio non solo un insieme di simboli di un alfabeto ma anche il metodo che li mette insieme e li trasmette; considerando - come ricorda ancora Pagel - che i paesi con minore differenza linguistica hanno ottenuto più successi, si capisce quanto strategiche siano l'infrastruttura Rete e la conoscenza che vi circola.
Immagine Prefettura Alessandria
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