Little Man Explosion

Da Fishcanfly @marcodecave

F. si svegliò e il telefono squillò. Dall’altra parte la voce del direttore minacciava “Voglio un pezzo sulla mia scrivania per mezzogiorno, altrimenti sei licenziato”. Non aveva avuto nemmeno il tempo di chiedere su cosa dovesse scrivere il pezzo. Forse non aveva importanza. Forse poteva scrivere qualunque pezzo, o nessuno. Probabilmente il giornale lo avrebbe licenziato comunque. Era tempo di tagli. Avevano cacciato persino il migliore dall’ufficio: era chiaro che adesso toccava ai pesci piccoli come lui.

Ma forse una possibilità c’era. Forse, se avesse scritto un pezzo decente, anzi non un pezzo qualsiasi, ma il pezzo, quello che doveva scrivere da tutta una vita, una vera lezione di giornalismo, allora sì, nessuno avrebbe avuto il coraggio di cacciarlo fuori dal posto che gli spettava di diritto. Magari gli astri, al contrario, stavano complottando per fargli avere un aumento di stipendio.

Altroché, decise che quello sarebbe stato il suo giorno di gloria. E lo decise mentre appoggiava i gomiti a letto e si tirava su, guardandosi intorno. Quindi si alzò, accese il computer, andò in cucina, e tornò con un caffè in mano. A caffè bevuto si ragiona meglio, si ragiona meglio.

Cliccò svariate volte, e finalmente si aprì la pagina bianca del programma di scrittura. Il monitor rifletteva sulla sua stanca faccia assonnata una fredda luce che attendeva di essere coperta di caratteri, di simboli, di frasi compiute.

F., d’altro canto, non aveva la più pallida idea di cosa scrivere.

A dire il vero F. aveva molte idee in mente: poteva fare un pezzo sulla crisi, economica, politica, sociale, di valori, poteva fare un pezzo satirico, poteva fare un pezzo sulle posizioni sessuali che attira sempre tutti, poteva fare un pezzo su di lui che non sapeva cosa scrivere, ma niente, ogni volta che provava a mettere le mani sulla tastiera, si bloccava.

Provò a distrarsi. Doccia, lettura dei primi quotidiani online, sfogliò persino un libro di fotografie di Man Ray (si ricordava ancora il consiglio del collega Investi su un libro di Man Ray, una bella monografia su di lui, vedi che figurone ci fai quando vengono i tuoi ospiti, e lui si era limitato a seguire il consiglio, era entrato nella prima libreria e aveva speso cento euro per un libro su Man Ray, di quelli editi da, curati da, con l’introduzione di, la postafzione di, ma mai nessuno era venuto a casa sua e mai nessuno aveva posato gli occhi su Man Ray. Ogni tanto veniva a trovarlo il suo amico di infanzia, ma questo era un appassionato di Moana Pozzi, altra arte).

Malgrado tutto, anche malgrado Man Ray, niente, non aveva niente da scrivere.

Decise di riposarsi dieci minuti e quando riaprì gli occhi aveva capito cosa doveva fare. Si recò acciabattando rapido verso la finestra del balcone, tirò la tenda, la luce del sole illuminò l’intera stanza, si guardò intorno: ogni cosa era illuminata adesso, aveva un senso. Un chiarissimo senso ai suoi occhi.

F. sorrideva come non aveva mai sorriso in vita sua. Si affacciò alla ringhiera del balcone. Dall’attico del condominio poteva notare ogni persona sulla strada. “Ehy – gridò – Ehy laggiù mi sentite?” Urlò più di qualche volta, solo un passante distratto aveva alzato lo sguardo, e anche una mamma con la carrozzina.

“Volete il pezzo? Volete il maledetto pezzo? Ora avrete il pezzo!”

Andò in cucina e la prima cosa che gli capitò sotto gli occhi era una caffettiera.

“Ecco il pezzo!” – buttò la caffettiera. Il bricco cadde sulla carrozzina, rapida una macchia di sangue si dilagò tra i panni che avvolgevano il bambino. Le grida della mamma e la scena bloccarono il traffico. Una folla si apprestò sotto il balcone “C’è un pazzo, un pazzo che scaglia le cose, state attenti!” “Chiamate la polizia!” “Chiamate l’ambulanza!” Qualcuno disse anche “Chiamate il parroco!”

F. sorrideva e rideva.

Rientrò e buttò giù il volume monografico di Man Ray. Questo andò a finire contro la coniuge di un violinista che usciva in quel momento dalla scuola di musica. F. andò avanti…per un pezzo. Per tutto il pezzo.

“George W. Bush!” – gridò e buttò giù il manichino del penultimo Presidente degli Stati Uniti.

“Silvio Berlusconi!” – e buttò giù l’altro manichino.

“Fondo Monetario Internazionale!” e buttò giù una riproduzione in formato souvenir della Torre Eiffel. Questo segnò il suo secondo omicidio. Colpì al cuore un francese.

“I parenti e gli amici!” – e caddero diversi manichini di sconosciuti.

Nel frattempo erano arrivate le volanti della polizia. La folla era dileguata in preda al panico. Gli oggetti continuavano a cadere.

Nessuno però riusciva a sparargli, né ad entrare nell’appartamento.

“Ispettore siamo arrivati all’ultimo piano, ma è disabitato!”

“Ma cosa mi sta dicendo, agente?”

“è impossibile, lo so, ma non c’è nessuno sul balcone! Quel tizio non esiste, non è nessuno!”

Nel mentre F. arrivò portando sulle spalle una bomba atomica. La sistemò sulla grondaia e si mise a cavalcioni. “Aaaahh! Aaaahh!” – urlò e la bomba cavalcò verso terra, proprio come in quel film.

Solo F. sopravvisse all’esplosione. Si trasferì a Filadelfia, la città che aveva dato i natali a Man Ray. Lì nessuno si sarebbe meravigliato del suo volume monografico.

Poi una mattina F. si svegliò e il telefono squillò Era il nuovo direttore del giornale che lo chiamava. E lo minacciava di licenziarlo se non gli avesse portato un pezzo per mezzogiorno. Era tempo di tagli.

E F. sapeva esattamente cosa fare.



Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :