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Lo conosco da quasi vent'anni.Prima era solo un signore a...

Da Mafalda1980 @mafalda1980
Lo conosco da quasi vent'anni.
Prima era solo un signore anziano che salutavo per strada, gentile e dal sorriso di chi la sa lunga, sempre a braccetto con la moglie.
Poi diventò il mio insegnante: mi dava ripetizioni di matematica quando ero al liceo.
La trigonometria non era il mio forte, e la nostra insegnante di scuola riteneva sufficiente che due persone su ventiquattro comprendessero la lezione.
Tutti gli altri, che si arrangiassero.
Io quindi mi arrangiai col Professor C., dal cognome che tradiva origini siciliane.
Forse per quello mi era così simpatico, in quel periodo in cui ancora sognavo di tornare a vivere a Palermo.
Grazie a lui compresi trigonometria, integrali e limiti, ma soprattutto imparati che l'amore non invecchia.
Prima avevo visto solo i miei nonni, che erano tutti ancora insieme e innamorati.
Però i nonni materni litigavano pesantemente anche quando ormai avevano passato gli ottanta, mentre la nonna Pina era rimasta vedova quando aveva poco più di settant'anni, e io ne avevo undici, non comprendevo ancora bene le dinamiche di una coppia dopo una certa età.
Nei coniugi C. vidi quello che avevo sempre visto nei miei genitori, solo con trent'anni in più.
Imparai che non c'erano mai abbastanza gesti gentili, parole di conforto e sollecitudine reciproca.
Lei cucinava spesso, sia nella casa in centro che in quella in collina si sentivano profumi di ragù e di zuppe d'altri tempi.
Io con un occhio seguivo le spiegazioni del Professore, con l'altro le operazioni della moglie che andava e veniva dal terrazzo o dal giardino, a raccogliere erbe aromatiche.
Erano complementari anche fisicamente: pelle olivastra e fisico nodoso lui, tratti e colori tedeschi lei.
Le lezioni duravano due-tre ore per volta, e c'era sempre tempo per un caffè, durante il quale mi raccontavano della loro figlia e dei loro nipotini che vedevano poco.
Erano in due, così come quando si erano conosciuti, da ragazzi.
Quando poi andai all'università, e poi mi laureai, e poi iniziai a lavorare, continuai a frequentare il quartiere nel quale avevamo iniziato a salutarci, e continuammo a salutarci.
Mi salutavano per nome, come una nipote.
Un giorno vidi un velo negli occhi di lei. C'era, ma non c'era più. E pochi mesi dopo non ci fu più neanche fisicamente.
Il braccio della moglie lasciò il posto al bastone.
Stamani l'ho incontrato in farmacia.
Era al braccetto di una signora bionda di mezza età, che con accento magiaro domandava le proprietà dell'acetil-carnitina prescrittagli dal medico.
Carnitina, a lui che ricordava tutto con così tanta precisione, e spiegava così bene, persino a me che ho una mente umanistica, mi aveva tradotto la matematica in filosofia, facendomela quasi amare.
Quando sono usciti l'ho salutato.
Lui non mi ha risposto.
Spero che la signora lo tratti bene.

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