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Lo Hobbit – Chi la Durin la vince

Creato il 26 dicembre 2014 da Paopru
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Alla fine i Nani ce l’hanno fatta. Espugnare Erebor non era un’impresa facile, eppure Thorin e compagnia ci sono riusciti. Hanno faticato non poco per far schiodare Smaug dalla sala del trono, ormai incazzato nero e pronto a radere al suolo Pontelagolungo. Chi la Durin la vince recita una famosissimo detto nanico e stavolta i bassotti barbuti sono riusciti a confermarlo, al comodo prezzo di uno spettacolo senz’anima tutto effetti speciali e noia da vendere. Il viaggio nella Terra di Mezzo finisce senza clamori e con molti dubbi su di una trilogia che francamente non ha ragione di esistere. Spalmare gli eventi narrati in due soli film era più che plausibile data la mole di scene inutili a cui si abbandona Jackson in tutti e tre i film. La Battaglia delle Cinque Armate riesce a trasformarsi nel capitolo più ricco d’azione dell’intera saga, eppure anche stavolta lo spettacolo fine a se stesso e la scarsa caraterizzazione di alcuni personaggi lo rendono un film stancante e senza contenuti, durante il quale si guarda spesso l’orologio e si perde il filo del racconto per accadimenti palesemente caduti sotto la mannaia infame dei tagli in sala di montaggio. Ecco allora cinque motivazioni solide per cui questo film ha definitivamente esaurito la mia stima verso Peter Jackson, al quale non riconoscerò più nessuna fiducia artistica.

5. Alfrid Leccasputo

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C’è una figura scomoda a Pontelagolungo, un individuo che si fa chiamare Leccasputo, ma il cui nome è Alfrid e la cui recitazione rovina il film dall’inizio alla fine. Diversamente dal personaggio Grima Vermilinguo apparso ne Le due Torri, il risultato che si ottiene stavolta è degno dei peggiori b-movie di sempre. Un Jar Jar Binks in carne e ossa che con scatch paradossali ai limiti del ridicolo fa cadere le braccia ad ogni spettatore in sala, interrompendo tra una scena di battaglia e l’altra il pathos che il film cerca faticosamente di creare. Una scelta stilistica che francamente non è chiara dato l’incredibile spazio che viene riconosciuto a Leccasputo a discapito di altri personaggi del libro meno considerati e forse più interessanti (mutaforma Beorn è uno di questi).

Scena da dimenticare: Alfrid vestito da donna che si riempie il reggiseno di monete d’oro.

4. Smaug muore subito

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Il finale brusco che il secondo capitolo ci aveva propinato lasciandoci vagamente inferociti, trova una sua conclusione all’inizio di questo film. Ma mentre nella trilogia dell’anello il regista aveva elaborato dei furbi meccanismi narrativi che ci consentivano di riprendere il filo della storia (ne Le due Torri si ritornava alla battaglia col Balrog a Moria, ma da differente prospettiva) ne La Battaglia delle Cinque Armate veniamo letteralmente sparati dentro il film, nel bel mezzo della distruzione ad opera del drago di Pontelagolungo. Non ci è dato tempo di ricordare dove eravamo arrivati un anno fa con la storia, perchè in pochi minuti vediamo un Bard sulla torre che scaglia una grossa freccia verso uno Smaug incazzato e fiammeggiante. Se non ricordiamo il motivo di ciò, del perchè le frecce rimbalzano contro la sua corazza e del motivo per cui solo una speciale lancia scagliata in un determinato punto può abbattere il drago, ci ritroviamo in pratica senza strumenti per contestualizzare gli eventi. La sensazione è quella di un arcinemico morto troppo rapidamente e con infamia (Smaug), di un protagonista che fa delle azioni apprentemente senza senso (Bard) e di un generale bordello che sarebbe stato meglio inserire alla fine del secondo capitolo della Trilogia.

Scenda da dimenticare: Bard  usa il figlio a mo di balestra.

3. Poco peso a Sauron

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Sappiamo bene chi è Sauron e quale peso ha nella storia e nella successiva trilogia dell’anello. Ma allora perchè ostinarsi a non dargli un peso e relegarlo nel ruolo di una minaccia quasi onirica? Diaciamolo chiaramente: abbiamo sperato fino all’ultimo di vederlo in azione in una lotta all’ultimo sangue con Elrond, con la mazza in mano che le da di santa ragione a quello spocchioso orecchie a punta. Invece no. L’ostinazione del regista di volerlo tenere lontano da questo genere di cose ci ha privato di uno spettacolo per gli occhi che valeva la pena di essere visto, costringendoci per sempre ad accontentarci di quei pochi minuti di battaglia del prologo de La compagnia dell’Anello nel quale sbaraglia i nemici a suon di colpi, ma senza esercitare nessun potere sovrannaturale degno della più potente magia nera.

Scena da dimenticare: Galadriel che gli fa il culo a Dol Guldur

2. La battaglia è studiata male

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Il film narra della battaglia svoltasi alle porte di Erebor da Nani dei colli ferrosi, Elfi silvani, Orchi, Mannari e Uomini dell’est. Il regno nanico fa gola più o meno a tutti per svariate ragioni, legate principalmente al bottino che custodisce e la sua posizione strategica nella mappa della Terra di mezzo. Inizialmente gli eserciti si affacciano lentamente sul campo di battaglia. Prima gli elfi e gli uomini, che cercano di trattare una tregua pacifica con Thorin assediato oltre le mura, poi arrivano i nani guidati da Dain (cugino di Thorin) a cavallo di un maiale e che sfotte Thranduil aizzando il suo esercito a fargli la festa. Arrivano dunque gli orchi e i mannari, sicuramente i più organizzati e strategicamente in sovrannumero. Improvvisamente Nani ed Elfi, che fino a un secondo prima si stavano per fare la pelle, combattono insieme contro l’esercito di Azog l’Usurpatore. Nemmeno a dirlo la compagnia dei nani dentro Ereborn non ci sta, sfonda un muro con una campana dorata e a bordo di alcune capre da battaglia spuntate dal nulla si lancia nella mischia. Nel mentre pipistrelli giganti e aquile si aggiungono al casino, arrivano anche Gandalf e Beorn. Saltano tutte le strategie belliche (se mai sono esistite) con Legolas che fa cose assurde, Thorin che tiene testa a un orco alto tre volte lui, Thauriel che non la smette di piccionare con Kili e Thranduil che riesce a rendersi insopportabile oltre ogni limite. Scene senza senso, stacchi incomprensibli, personaggi morti in quattro e quatrotto e generale disperazione dello spettatore oramai stordito da tutto questo.

Scena da dimenticare: Legolas che corre sui macigni frananti di un ponte in frantumi.

1. Thorin  penoso

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Dovrebbe essere il protagonista che traina la storia. Dovrebbe avere il carisma necessario per reggere sulle proprie spalle non un film ma una saga e invece è una delusione totale. Thorin smette i panni del guerriero e si cala completamente nella parte del re folle, ossessionato da chissà quali demoni e corrotto dall’avidità. Purtroppo Richard Armitage non è adatto e sceglie di dare al suo personaggio un taglio shakesperiano ottenendo un risultato penoso. Reazioni lente, elucubrazioni infinite, sguardi taglienti e discorsi vuoti sono il massimo che ci si può aspettare da un Thorin consumato dalla follia. Nessuna azione avventata come nessun segno di cedimento fisico o perdita di controllo. Il re dei nani scivola in una pacata e calcolata insensatezza che francamente non ci arriva ne ci trasmette nulla. E lo sbadiglio regna con lui.

Scena da dimenticare: le visioni in cui si vede ingoiato da delle sabbie mobili fatte d’oro.

LO HOBBIT
Ci sarebbero altre dozzine di anomalie in questo film che vanno dall’inutilità di un Gandalf ormai votato a dire cose scontate e fare azioni insulse (la scena in cui cerca di accendersi la pipa alla fine della battaglia è tristissima) a un Bilbo molto poco presente sia nella storia che nella recitazione; dai nani sempre più mal caraterizzati (Bombur chi?) alla patetica storia d’amore Thauriel-Kili; dallo scarso peso riconosciuto alle figure dei nazgul agli altrettanti dimenticati Saruman e Radagast. Insomma del vecchio Peter Jackson oramai non c’è rimasto molto, ormai corrotto dal suo ego e dalla sete di sperimentare chissà quali tecnologie che guardano al futuro prossimo, intento a disprezzare ipocritamente Hollywood ma tanto bravo a fare prodotti American Style. Fortunatamente il capitolo Terra di Mezzo ha trovato una sua conclusione nella speranza che tra dieci anni il buon Peter non si svegli e decida di mettere le mani sul Simarillion, una potenziale miniera d’oro che farebbe gola perfino a Smaug.


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