Tredici lunghi anni. Lo Hobbit – La battaglia delle 5 armate chiude un cerchio, quello dell’avventura tolkeniana di Peter Jackson iniziata nel 2001 con Il Signore degli Anelli – La compagnia dell’anello. È un’era che si conclude. Lo Hobbit – La battaglia delle 5 armate è il terzo film della trilogia de Lo Hobbit, un’operazione per certi versi opposta a quella de Il Signore degli Anelli: lì si trattava di un’opera letteraria lunghissima, composta da tre libri complessi, che hanno richiesto al regista neozelandese un grande lavoro di sintesi, in scrittura e in montaggio. Lo Hobbit invece è un libro non molto lungo, che Jackson ha trasposto in tre film, facendo un esercizio opposto: aggiungere invece che togliere. Così sono state inserite parti di sceneggiatura non presenti nel libro, e sono state utilizzate anche le appendici de Il Signore degli Anelli. L’avventura di Jackson nella Terra di Mezzo finisce qui. A meno che non decida di rispolverare il Silmarillion…
1. Due di tre. L’opera filmica Lo Hobbit originariamente doveva essere composta da due film. Ma Peter Jackson non ha resistito alla tentazione di firmare un’altra trilogia. Così il girato è stato spalmato su tre film: i due film originari sono diventati il primo e il terzo, e la parte finale del primo e la parte iniziale del terzo sono diventate il secondo film. Per il secondo film sono state allora scritte e girate delle scene aggiuntive durante l’estate del 2013.
2. Come si cambia. Anche per questo il titolo del terzo film è cambiato. Quando era ancora il “secondo” film, si sarebbe dovuto chiamare There And Back Again (Il racconto di un ritorno in italiano). E il titolo era stato dunque conservato per quello che è diventato il terzo film di una trilogia. Ad aprile 2014, però, Peter Jackson ha deciso di cambiare il titolo ne Lo Hobbit – La battaglia delle 5 armate. Primo, perché la battaglia del titolo è il centro del film. Secondo, perché There And Back Again era il titolo perfetto per una storia che vedeva l’arrivo di Bilbo a Erebor e la sua partenza, che dovevano essere entrambe contenute nel secondo film. Ma non aveva senso nel terzo film, quando Bilbo era ormai arrivato “there”, lì, nella desolazione di Smaug. Terzo, aggiungiamo noi: il nuovo titolo è molto più ad effetto.
3. La noia? No, grazie. La battaglia che dà il titolo al film dura 45 minuti e promette di essere ancora più spettacolare di quelle de Il Signore degli Anelli. Troppo lunga? Ma non ci si potrà annoiare. Peter Jackson infatti ha dichiarato che la scena è stata costruita con una regola ben precisa: ogni due-tre minuti in cui sono in scena personaggi anonimi sarà inquadrato uno dei personaggi principali. In questo modo il pubblico non dovrebbe distrarsi. La battaglia è stata pianificata sul set come se si trattasse di un vero scontro, il territorio è stato delimitato con precisione e i movimenti delle varie fazioni studiati e segnati con precisi schemi.
4. Classica. La scena in cui Bard (Luke Evans) combatte contro Smaug è stata girata da Evans da solo: il drago Smaug è stato creato in computer grafica e aggiunto successivamente. Per creare l’atmosfera sul set, Peter Jackson ha usato un brano di musica classica già utilizzato nel momento dell’incontro tra Naomi Watts e il gorilla in King Kong.
5. Mai più senza. Tornare dalla Terra di Mezzo con un ricordino è stata una tentazione irresistibile per molti degli attori del cast. Così Martin Freeman si è portato a casa la sua spada e le protesi delle sue orecchie da hobbit, Richard Armitage si è tenuto la spada di Orcrist originale. Lee Pace ha scelto di prendere la sua spada elfica. La tiene nel portaombrelli…
di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net