by Valerio Daloiso · 18 dicembre 2014
Jackson conclude la sua personale trilogia su Bilbo Baggins e la compagnia dei nani con una gigantesca e roboante guerra senza un attimo di tregua per lo spettatore
Come era successo per Il signore degli anelli anche con questa nuova trilogia arriva il momento del capitolo finale, quello più importante, dove tutti gli eventi, i discorsi, i personaggi arrivano al loro compimento e si deve tirare le fila del discorso. Come si era concluso bruscamente il capitolo precedente, La desolazione di Smaug, questo Lo Hobbit: la battaglia delle cinque armate si apre in maniera altrettanto spiccia, con il drago in procinto di avvolgere la città di Pontelagolungo con il suo alito di fuoco. Grazie al coraggio e all’abilità di Bard, Smaug verrà sconfitto, ma è solo l’inizio di una grande guerra per la bramosia dell’oro che coinvolgerà diverse creature e popoli della Terra di Mezzo e che lascerà diverse vittime sul campo. Terza parte di un ‘opera costosa, sfarzosa, visivamente suggestiva quanto problematica e squilibrata a livello narrativo a causa della scelta (assai discutibile) di dividere un romanzo di 350 pagine scarse in tre film di 2 ore e mezza ciascuno circa. Se con le prime due parti (Un viaggio inaspettato e La desolazione di Smaug) il gioco reggeva abbastanza bene e si ritrovava, nonostante le numerose licenze poetiche, la magia e la potenza narrativa del signore degli anelli in questo ultimo capitolo la struttura scricchiola e traballa e diventa evidente quanto l’intera operazione cinematografica sia sbilanciata. In Lo Hobbit: la battaglia delle cinque armate non resta che raccontare la lunga, estenuante battaglia che dà il titolo al film e basta. Il racconto diventa un lungo susseguirsi di scontri e battaglie campali lasciando poco spazio a tutto il resto rendendo i personaggi bidimensionali quando non trascurati (Bilbo Baggins si vede in pochissimi momenti e ricordiamo che è lui Lo Hobbit del titolo).
Tutto è in funzione del gigantismo scenografico e dell’azione vorticosa finendo quasi per schiacciare le emozioni. Il lirismo, l’epica e la magia parzialmente si frantumano viaggiando a corrente alternata. Peter Jackson opera delle scelte che stupiscono e che da lui non ci si aspetterebbe tanto era stato sapiente in passato nel dosare spettacolo e intimismo (rinuncia, incredibilmente, oltretutto, a un vero e proprio prologo all’inizio del film) lasciandosi prendere più la mano dall’azione più pura e un po’ meccanica. Allora Lo Hobbit: la battaglia delle cinque armate è dunque un brutto film? No, sicuramente no. La capacità visiva e l’abilità registica di Peter Jackson comunque riescono a garantire un grande spettacolo, innegabilmente suggestivo. Rimane però una sotterranea sensazione di aver assistito ad una lussureggiante opera visiva un po’ vuota e fiacca al suo interno. Probabilmente è arrivato il tempo per Jackson di dare un addio definitivo al mondo di Tolkien e dedicarsi ad altri progetti. In definitiva questa trilogia non entrerà, forse, nella storia del cinema come quella de Il signore degli anelli. Resterà forse come un gigantesco e costosissimo giocattolone spettacolare col retrogusto amarognolo e malinconico di un’occasione un po’ sprecata.ARTIFICIOSO
Regia: Peter Jackson – Cast: Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Evangeline Lilly, Lee Pace, Luke Evans, Orlando Bloom, Benedict Cumberbatch, Cate Blanchett, Christopher Lee, Hugo Weaving – Nuova Zelanda/USA, 2014- Durata: 144 min.
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