Parlare oggi di “ateismo scientifico” significa strappare un sorriso al proprio interlocutore. Tuttavia fino a pochi anni fa era una vera dottrina insegnata nelle migliori università dell’URSS e, come raccontano gli ex studenti (molti dei quali, oggi, convertiti), il tema principale era la casualità dell’evoluzione. Il paleontologo Stephen J. Gould parlò spesso di questa contingenza e dell’inesistenza di una direzionalità inerente: noi siamo «un piccolo ramoscello su un improbabile ramo di un contingente arto su un albero fortunato» (S.J. Gould, “Wonderful Life”, Norton & Company 1990, p. 291).
Per qualche anti-teista, la natura capricciosa dell’evoluzione sembrava rappresentare finalmente l’obiezione principale al cristianesimo, il quale mette l’uomo al centro, apice dell’opera creativa di Dio, il vero scopo della creazione stessa. Ancora oggi qualche neo-darwinista, debole rimasuglio del grande movimento filosofico/ideologico che nacque per divulgare il più possibile l’evoluzion-ismo, tenta di ragionare come Dio e sostiene che un Creatore non avrebbe mai scelto percorsi del genere per far apparire l’uomo.
Ma, come spiegava in Ultimissima 9/10/11 Michele Forastiere, le cose pare stiano mettendosi sempre peggio per gli amici neo-darwinisti. Lo ha spiegato su “Huffington Post”, il sito web più visitato al mondo, lo psicologo Matt J. Rossano, docente alla Southeastern Louisiana University ed esperto in psicologia evolutiva: «Sempre più spesso -dice l’evoluzionista-, la scienza sta dimostrando che il processo evolutivo ha fatto i conti con molti vincoli che limitano la sua possibilità e forzano i suoi percorsi».
Porta come esempio di questo il fenomeno della onnipresente convergenza evolutiva, cioè la tendenza per cui specie diverse che vivono nello stesso ambiente, sottoposte agli stessi stimoli ambientali, si evolvono sviluppando strutture o adattamenti molto simili. Come scrive il paleobiologo di Cambridge, Simon Conway Morris in “Life’s Solution” (Cambridge Press 2003), esiste solo un numero limitato di modalità con cui l’evoluzione può risolvere i problemi di adattamento posti dagli ecosistemi della terra. Di volta in volta, l’evoluzione si imbatte sempre nelle stesse caratteristiche di progettazione generale. A questo occorre aggiungere, secondo Rossano, l‘effetto Baldwin e i recenti risultati nel campo dell’epigenetica (chi vuole approfondire può farlo leggendo l’articolo originale), i quali -sommati agli effetti di convergenza- «sono solo alcuni dei meccanismi che servono come vincoli direzionali sui percorsi dell’evoluzione». La ha riconosciuto anche l’antropologo Melvin Konner: «Non ci sono intrinsechi fattori di guida nell’evoluzione, ma ci sono intrinsechi vincoli e canalizzazioni lungo i quali l’evoluzione è facilitata a procedere» (M. Kooner, “The Evolution of Childhood”, Harvard Press 2010).
Lo psicologo conclude dunque sottolineando come, naturalmente, «nessuno di questi fattori garantisce il nostro arrivo sul palco evolutivo. Essi, tuttavia, aumentano la probabilità che una creatura complessa, razionale, capace di intrattenere sia idee scientifiche e religiose possa emergere». E ancora: «Più comprendiamo evoluzione, meno sembra fondata la paura dei creazionisti o la dissoluzione di Dio cui bramano alcuni atei».