di Massimiliano Di Pasquale
Recensione a “La cagnetta” di Vasilij Grossman (Adelphi, 2011)
Considerato unitamente a Pasternak il più grande scrittore dell’epoca sovietica, Vasilij Grossman deve la sua notorietà in Italia alla pubblicazione nel 2008, per i tipi di Adelphi, del romanzo Vita e Destino, il cui manoscritto, fotografato e portato in Occidente da un manipolo di temerari, risale addirittura al 1961.
Tradotto ex novo dalla brava Claudia Zonghetti, il monumentale lavoro (più di 800 pagine) – impreziosito da un’elegante copertina, che ritrae un manifesto di Aleksandr Deineka, celebre artista del realismo socialista staliniano – è riuscito in tempi recenti a catalizzare quell’interesse di critica e di pubblico che era mancato all’edizione Jaca Book del 1984.
Nei primi anni Ottanta il libro, oggi considerato il Guerra e Pace del ‘900, passò quasi inosservato a causa di una traduzione non eccelsa che lasciava solo intuire la grandezza della prosa dell’autore di Berdychiv e di un clima politico-culturale in cui le opere critiche verso il regime sovietico venivano guardate con sospetto se non apertamente ostracizzate.
Vita e Destino, nonostante condivida con il capolavoro tolstoiano un’architettura simile – entrambe le storie, raccontate da un narratore onnisciente, ruotano intorno alle vicende di una famiglia mescolando figure storiche e letterarie sullo sfondo di due fondamentali eventi della Russia moderna: l’invasione napoleonica e quella hitleriana – non è affatto un’opera celebrativa della gloria militare russa.
Grossman, a differenza di Tolstoj che aveva contrapposto i buoni russi ai malvagi francesi, dimostra che le truppe sovietiche erano state vittime, non solo della Wehrmacht, ma anche dell’indifferenza e dell’incompetenza dei loro leader militari e politici e giunge alla conclusione che i due regimi totalitari, quello nazista e quello sovietico, non erano antitetici ma speculari. Per questo motivo nel 1961 il manoscritto, che sfidava miti cari al governo sovietico, venne requisito e il romanzo pubblicato in patria solo nel 1989, venticinque anni dopo la morte dell’autore.
In Tutto scorre – romanzo sullo Holodomor scritto tra il 1955 e il 1963, considerato il suo testamento spirituale – Grossman approfondisce la critica al regime socialista, di cui in gioventù era stato un sostenitore, denunciando il vero ruolo di Lenin e il suo spregio della libertà nella costruzione del mondo sovietico.
Ne La Cagnetta – libricino pubblicato quest’anno nella collana Biblioteca Minima di Adelphi, che raduna tre racconti brevi La giovane e la vecchia, l’Alce e La cagnetta – il lettore sarà piacevolmente sorpreso nello scoprire un Grossman diverso, un Grossman narratore puro, dalle atmosfere cechoviane. Cosa che non dovrebbe stupire più di tanto visto che in un passo di Vita e Destino lo scrittore fa pronunciare allo storico Mad’jarov, nel corso di una discussione tra intellettuali, un elogio di Čechov.
“Čechov s’è caricato sulle spalle la mai nata democrazia russa. Il cammino di Čechov è il cammino di libertà della Russia. Mentre noi abbiamo imboccato un’altra strada”.
Anche Vladimir Nabokov scorgerà la grandezza di Čechov nel suo rigore morale, nel sapersi mettere a servizio della propria gente attraverso una scrittura che si leva contro ogni sorta di ingiustizia ma rifiuta apparentamenti con movimenti politici. I tre racconti, seppure appartenenti a momenti diversi della produzione di Grossman – alla fine degli anni Trenta La giovane e la vecchia e l’Alce, al biennio 1960-61 La cagnetta – testimoniano la vicinanza spirituale tra lo scrittore di Berdychiv e quello di Taganrog.
Temi come la constatazione della solitudine del dolore, l’attenzione al singolo individuo – scrive Mario Alessandro Curletto nella postfazione – dicono di un Grossman già “in stridente dissonanza con il roboante, artificioso ottimismo imposto a ogni forma d’arte e di spettacolo nell’URSS di fine anni Trenta”. Se la tensione morale, che matura lentamente in Grossman, finisce per accomunare questi tre acquerelli alle sue opere più importanti, anche da un punto di vista stilistico è evidente come il modello di riferimento sia proprio Čechov.
In un elegante gioco di citazioni – la migliore letteratura si nutre da sempre di intertestualità e rimandi – è impossibile non scorgere nello splendido La giovane e la vecchia echi de La signora e il cagnolino, a parer di chi scrive forse il più bel racconto di Čechov.
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Vasilij Grossman – La cagnetta – Adelphi, Milano 2011 – € 7 a cura di Mario Alessandro Curletto
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