Fra coloro che desiderano scrivere romanzi c’è il tipo che dice: “bisogna che prima o poi mi decida a scrivere un romanzo”. Sto parlando di un tipo del tutto particolare che rientra nella casistica dei generi di individui che ambiscono all’incarico di romanziere. Si tratta di persone che solitamente non hanno dimestichezza con la letteratura, neppure a ben vedere una passione tuffata nel profondo della propria interiorità, nascosta alla verità del mondo, che hanno tuttavia una sterminata coscienza di sé. Nel loro “bisogna che prima o poi mi decida” c’è una specie di assenso a rendere pubblica una storia eccellente ed esclusiva.In realtà non conoscono neppure loro i tratti di questa storia che prima o poi dovranno decidersi a raccontare, però sanno che in qualche piega della loro vita interessantissima, nel loro personale gusto della parola, la storia c’è. Ed è una storia come non ne sono mai state scritte prima, una di quelle che stravolgono l’universo. Questi scrittori in pectore immaginano la repubblica dei lettori come un popolo di fedeli in attesa paziente dell’avvento del messia. Rimandano la stesura dell’incipit della loro opera perché sanno che Dio, dopo aver infuso il soffio divino, non ha potuto sottrarsi al resto della creazione, alla luce delle stelle del cielo, ai pesci del mare, alla compenetrazione tra polvere e volontà che ha dato vita al genere umano. Va da sé che per mettere mano a un’opera del genere occorre avere tempo a disposizione. Bisogna programmare, pianificare, organizzare. Bisogna essere nella disposizione d’animo giusta. Soprattutto bisogna che arrivi l’ispirazione, soprattutto lei, senza la quale – per quanto si dice – non si può neppure pensare di scrivere il romanzo che tutti aspettano. Insomma, non è proprio facile come bere un bicchier d’acqua. È per questo che lo scrittore designato a questo punto rimanda. No, non è forse ancora il momento. Però prima o poi lo scrive. Cascasse il mondo.
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