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Lo scrittore in fondo al podio

Da Marcofre

Per come la vedo io funziona più o meno così:

  1. Prima la storia
  2. Poi il lettore
  3. Infine lo scrittore

Perché scrivo questo? Spesso l’esordiente commette una sfilza di errori; il che non è un male intendiamoci. Tutto fa brodo, serve a crescere, maturare.
Quello che rende poco interessante la sua storia (racconto o romanzo che sia), è porre se stesso davanti a ogni cosa.

La sua opera per esempio è scritta in prima persona; ma a volte anche in terza. Il risultato finale però non cambia: c’è sempre e solo lui in primo piano. Le sue idee, la sua esperienza: tutto questo agisce un po’ come un buco nero. Assorbe tutto senza regalare nulla a chi legge. Che infatti abbandonerà la lettura.

Ecco perché è necessario rovesciare la scala dei valori, se così si può dire. Lo scrittore in questo ribaltamento finisce in fondo alla pedana. Al primo è necessario porre la storia, al secondo il lettore. Perché non mettere il lettore sul gradino più alto?
Buona domanda, sul serio.

Qui mi soccorre George Orwell. L’ho già scritto parecchie volte in passato su queste pagine. Lui diceva: “La libertà è dire al lettore quello che non vuole sentire”. Il che non significa affatto ignorarlo, anzi. Però credo sia necessario proporre qualcosa che confini con l’arte, e che perciò contenga valore.

Quando ci si pone questo obiettivo è evidente che il resto (il sé, la propria esperienza), finisce con l’occupare il gradino più basso della pedana. Scrivere significa far passare in un setaccio le parole, e quelle che restano devono essere oro, o contenere almeno la presunzione che siano oro.

Perciò la storia deve essere (torno a ripetermi) interessante, contenere valore, essere efficace. Il lettore non deve essere tagliato fuori in questo processo, ma neppure idolatrato; per questa ragione non lo metto al primo posto. Se si osserva la storia della letteratura, ci si rende conto che la maggior parte degli scrittori adesso riconosciuti come Maestri, sono stati ignorati dai loro contemporanei.

La conclusione? Non è facile proporne una. È bene almeno agli inizi buttare via tutto quello che ci sembra buono, soprattutto se a dirlo sono le persone a noi vicine. Come scrivo spesso: il buono (se c’è) resterà e in qualche bizzarra maniera tornerà a farci visita. A eliminare non si sbaglia mai; a tenere tutto, chiedendo a gran voce la pubblicazione, si sbaglia quasi sempre.


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