Magazine Diario personale

Lo scrivano pubblico

Da Antonio

Personaggio assai attivo finché ha dilagato l’analfabetismo, sprezzantemente definito anche “cacacarte”. Con il suo banchetto quadrato occupava posti fissi della città. I più apprezzati alloggiavano sotto i portici del San Carlo. Intingendo la lunga penna nella boccetta dell’inchiostro vergavano per conto terzi domande d’impiego, richieste di certificati, lettere per i figli soldati o emigrati, appiccicose missive d’amore. Per asciugare la carta adoperavano sabbia rossastra.
Compresi nel ruolo di comunicatori, erano quasi tutti vestiti austeramente, con nero paramaniche e cappello duro. La tariffa: due soldi, foglio e busta compresi.
Di Giacomo e Carlo Tito Dalbono hanno descritto Ferdinando ‘a Posta, popolarissimo. Ferdinando Russo colloca quello stesso strambo personaggio nel suo “Paradiso”. Forse d’ ‘a Posta aleggia fra le nuvole dell’eterno sigaro puzzolente che chiedeva come supplemento di prezzo ai clienti.
Indimenticabile l’interpretazione di Totò nel ruolo di Felice Sciosciammocca, uno squattrinato popolano, che vive alla giornata facendo lo scrivano pubblico in “Miseria e nobiltà”.
Fino a qualche anno fa, prima dell’avvento del computer, moderni scrivani muniti di fogli per ogni tipo di domanda presidiavano le anticamere dell’Anagrafe nei quartieri popolari. Qualcuno s’era riciclato: faceva il testimone, dietro minimo compenso, per le dichiarazioni di nascita.



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