Sotto le rovine del castello di Geppa in Umbria e lungo la strada che collega la Valnerina a Spoleto salendo per Piedipaterno, a guardar bene tra la vegetazione si scorge la sagoma di un casale di campagna, abitato da una signora inglese di nome Margareth. In zona tutti conoscono il luogo come Casaletto di Flavia o come casa dell'inglese oppure, semplicemente, come lì da Bevilacqua.
Alfredo Bevilacqua, classe 1910, vecchio proprietario del casale e ormai scomparso, è stato, infatti, il genius loci di quest'angolo di Valnerina, scultore di Santi e di animali dalle forme primordiali.
Dopo aver acquistato una porzione di campi e di edifici facenti parte dei possedimenti della nobile famiglia spoletina Zacchei -Travaglini, negli anni Ottanta-Novanta Bevilacqua riempì gli spazi del casale plasmando strane creature, posizionandole lungo i gradoni di terreno circostanti la casa, trasformando il luogo in una sorta di galleria d'arte all'aria aperta.
All'inizio l'acquisto di quei beni era stato solo un buon affare, ma presto Bevilacqua elesse il Casaletto di Flavia a buen retiro di operosità, restaurando l'edificio, canalizzando l'acqua sorgiva, piantando alberi, coltivando l'orto e, cosa insolita, costruendo numerose statue, per misurare la sua abilità e per emulare le antiche dimore classiche adornate di opere a tutto rilievo.
Alfredo per dare vita ai suoi personaggi utilizzò il cemento, impiegando come strutture portanti i ferri e i tubi di cemento. Il mestiere di muratore, praticato per tanti anni, e che gli aveva fatto costruire schiere di palazzi lungo il Viale della stazione di Spoleto, impregnò la vena artistica e ne costituì l'essenza.
Così il Casaletto di Flavia negli anni si animò di una nutrita produzione naif, fatta di strani animali da cortile, di statue riproducenti i membri della famiglia, di un Presepe, di santi umbri come San Benedetto da Norcia, San Francesco d'Assisi, Santa Rita da Cascia.
La Pietà e la Crocifissione segnarono il perimetro dello spazio, invitando i viaggiatori ad avvicinarsi per curiosare, parlare, scherzare.
'Da quelle opere traspare la cultura religiosa contadina e l'attaccamento ai valori della terra' - racconta il genero di Alfredo, Gianni - assimilati quando egli viveva da bambino alla Madonna della Stella in una famiglia di sette figli. Le sculture suscitano un' emozione visiva e interiore perché nelle essenzialità delle linee e delle forme emanano la pulizia e la sicurezza mentale della vita passata.
Le statue posseggono una capacità espressiva, monumentale, che ben si adatta al contesto naturale. Al di fuori di quell'ambito non avrebbero lo stesso valore. Il cemento sembra quasi legno e pur nella rigidità del materiale, assume plasticità alla visione. Le apprezzò anche Ivo Picchiarelli, antropologo conoscitore del mondo rurale, che anni fa andò a visitarle.
Margareth, l'inglese, a cui Alfredo vendette il casale per acquistarne un altro da bonificare, custodisce le sculture. Nel cimitero dei suoi tanti gatti che le sono stati vicino, al posto delle lapidi ha messo forme di animaletto, per lo piu' gattini, create da Alfredo.
Intanto in famiglia l'estro artistico è passato alle figlie dello scultore: Silvana e Adriana, brave pittrici.
(Foto di Giovanni Duca)