Lo sfascismo di Arcore

Creato il 23 agosto 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Daniela Santanché non ama le mezze misure. Le interviste che concede non hanno i tratti della sobrietà, non sono colpi di fioretto, ma autentiche sciabolate, saette che troncano sul nascere ogni tentativo di condurre la discussione a più miti consigli. Lei è un falco, una berlusconiana da combattimento. Sente l'odore del sangue e, come gli squali di Spielberg, non esita a mostrare il suo profilo più truce. La sua sfrontatezza mediatica la porta a superare ogni limite, a spingersi dove altri non osano arrivare. E così ha pronunciato la formula magica: colpo di Stato. No, la pitonessa non intendeva riferirsi  alla drammatica situazione egiziana, né rifletteva schiettamente sulla bozza di riforma costituzionale, ennesimo tentativo di porre in atto una volta per tutte il piano di salvezza nazionale elaborato dalla P2 di Licio Gelli. Giovanna d'Arcore si riferiva alla sentenza Esposito, un verdetto che avrebbe alterato in maniera irreparabile le sorti politiche del paese.Nel Pdl funziona così: tanto è più assurda la balla, tanto più la si deve ripetere con sfacciata costanza, per inculcare arbitrariamente i concetti nel cuore della gente. Operazioni di massificazione ante litteram. In tal modo ogni collegio che ha condannato l'imputato Berlusconi, lungi dall'aver semplicemente valutato le carte, è giocoforza un collegio rosso, ove la presenza anche solo di un usciere vicino al gruppo di Magistratura democratica può testimoniare presto o tardi la faziosità delle toghe. E' una guerra istituzionale, è il sacco di Roma nei palazzi di giustizia. Pazienza se Esposito, prima di trarre le logiche conseguenze sulla frode fiscale orchestrata da Fininvest, veniva dipinto dal compagno della nostra eroina come un uomo moderato, lontano dai riflettori del circo mediatico. Ha sbagliato sentenza e ora deve pagare pegno: giù mazzate, ché tanto la diffamazione da quelle parti non è una novità. Si spara sul funzionario nel tentativo di riabilitare il pregiudicato. Del resto anche da bambini, giocando a guardia e ladri, ognuno sposava la causa in cui credeva.
Poiché, però, c'è quel piccolo problema chiamato condanna, si propongono nuove alchimie: se la Costituzione stabilisce che il popolo è sovrano, automaticamente "Si deve dare la parola agli italiani: la sentenza la emettano loro con il voto". Nessuna separazione dei poteri è possibile nella democrazia plebiscitaria degli italoforzuti. Come nelle peggiori dittature sudamericane, al leader è concesso tutto e il verdetto sul suo operato spetta soltanto alle adunate oceaniche. Non sarebbe il primo Ventennio in Italia ad assumere simili caratteristiche. Con le debite proporzioni. Il fascismo, infatti, era un'altra cosa: era un’esperienza politica che generò al suo interno un autoritarismo criminale nella cornice non proprio democratica del secolo breve. Qui siamo di fronte a qualcosa di diverso, ad un fenomeno sociale che vede un movimento intero combattere per l'impunità di un uomo, per la sua libertà personale, ed intende scardinare i tradizionali assetti che garantiscono una convivenza civile. E' sfascismo,  non v'è dubbio. In questo miserevole balletto c'è anche spazio per le storie all'italiana, per chi, dopo anni, essendo finalmente giunto su uno scranno ministeriale, proprio non ne vuol sapere di far crollare la baracca. Scriveva, a ragione, Longanesi che sul tricolore bisognava apporre una scritta, un bel "tengo famiglia" per professare subito l'essenza del nostro spirito nazionale. Ad ogni modo, il ministro Mauro vuole un'amnistia, un provvedimento di clemenza che risolva la delicata questione del sovraffollamento delle carceri e consenta al Cavaliere di riottenere i margini d'azione indispensabili per la propria agibilità politica. Il dado è tratto: anziché seguire il Tito di Mozart per "vedere se più costante sia l'altrui perfidia o la clemenza mia", il titolare della Difesa aspira a mischiare le carte, a fare confusione. Come Willy il Coyote della Warner Bros, nasconde il Caimano dietro gli alberi o sotto i sassi, nella speranza che l'ex premier passi inosservato. Scelta Civica prende le distanze dall'idea peregrina di un simile salvacondotto; ma bontà loro e santissimo cielo, non lo sapevano che Mauro veniva da quel centrodestra lì? Che col Cavaliere è stato per lungo tempo pappa e ciccia? Non avevano idea, al momento della designazione, di chi fosse il saggio che sponsorizzavano? O pensavano ad un curioso caso di omonimia?
G.L.

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