Quest'ultimo anno sarà sicuramente ricordato per via dei numerosi remake. C'è stato infatti il tanto decantato Evil Dead e il discusso Old boy di Spike Lee, due titoli (uno riuscito, l'altro una merda) che per un piccolo ma significativo periodo hanno dominato le scene. Sembrava quindi che la moda del rifare tutto e rifarlo peggio dovesse essere finita, ma Hollywood sa sempre stupire. Non a caso, infatti, adesso è stato rifatto persino il famoso Carrie di Brian De Palma, il film che aveva lanciato la carriera della leggendaria Sissy Spacek con una bella nomination agli Oscar - senza contare che era la seconda esperienza sul set di un giovanissimo John Travolta. E quindi ultimamente si sta parlando a profusione di questo remake e di Brian De Palma, dimenticando però che a suo tempo i film era tratto da un romanzo del grande Stephen King, che secondo la leggenda era stato pubblicato a tradimento da sua moglie. Un libro molto bello e commovente, a mo dire, che si presta molto bene data la sua linearità a una trasposizione cinematografica, quindi se aveva funzionato negli anni Settanta perché non dovrebbe farlo anche oggi?
Carrie White è un'adolescente dalla vita inquieta. Figlia di una maniaca religiosa che la vorrebbe estraniare da una peccaminosa vita sociale, vede la sua vita andare totalmente a puttane quando, per la prima volta, ha il ciclo negli spogliatoi durante la lezione di ginnastica. Spaventata da quel fatto (sembra non sapere che siano le mestruazioni) viene presa in giro dalle compagne, facendo scoppiare uno scandalo scolastico, senza contare che degli strani poteri sembrano risvegliarsi dentro di lei.
Come nella versione recedente, si perde la natura documentaristica con la quale si sviluppava il romanzo di King. Che ammettiamolo, se al libro sapeva dare quel tocco in più, forse in un film avrebbe potuto causare non poche problematiche. Qui si opta quindi per una version decisamente lineare e classica, cosa del tutto legittima e funzionale, ma non tutte le ciambelle riescono col buco. Perché qui i paragoni col film di De Palma sono del tutto sprecati, infatti quello che contribuisce a una riuscita decisamente poco entusiasmante è la genesi del romanzo di partenza. King aveva scritto il libro nel '74, periodo della storia americana abbastanza strano. Basti pensare che Martin Luther King era morto da soli sei anni, che i neri non avevano ancora gran parte dei diritti che hanno adesso [ma non facciamo gli ipocriti, sappiamo bene che pur avendone uno alla casa bianca molti negli USA sono ancora razzisti forte] e lo stato più puritano del mondo era ancora un po' più puritano del solito. I fatti narrati in quel libro quindi potevano dirsi, se visti entro una certa ottica, credibili e plausibili nel contesto sociale in cui erano immessi. Per quanto possa sformarmi, quindi, mi risulta poco credibile una fervente religiosa così esagerata e ai limiti della devozione come la madre di Carrie. E lo so che tali persone esistono ancora adesso (vivo in un paesino e ne conosco un poche) ma in un mondo di ipad, internet e connessione wireless tutto questo mi risulta davvero poco credibile, e su celluloide l'effetto è addirittura amplificato. Quella religiosa quindi era una parentesi che poteva circoscrivere un arco di storia americana perfettamente criticabile, ma che qui, nell'era moderna, perde totalmente la propria valenza. Altra cosa che mi ha dato parecchio fastidio, è il cast. Non per dire che la Moretz e Julianne Moore non siano brave, anzi, hanno talento a badilate, ma come emarginate non me la sento proprio di catalogarle. Julianne Moore ha cinquant'anni ma arrapa come solo una di venti saprebbe fare, mentre la Moretz... ok, ammettete che, come per Emma Watson ai tempi, molti di voi aspettano solo che diventi maggiorenne per poter esprimere commenti in piena libertà. E non basta spettinare loro i capelli e vestirle sciattamente per dare l'idea, non possono calarsi in ruoli simili perché, bravura a parte, non hanno il proverbiale fisique du role. Il che non le rende delle cattive attrici, sia chiaro, ma è come chiedere a Meryl Streep di interpretare Abrahm Lincoln. Ovvio che chiamerete Danuiel Day-Lewis per quel ruolo. Dopo questo poi devo aggiungere ai grandi nein del film pure la regia di Kimberly Peirce, una regia pulita e sobria ma che però sembra aver paura di eccedere, cosa che in un horror sembra una sorta di battuta umoristica. Infatti nelle scene clou sembra sempre che manchi qualcosa, e oltre che per dei ralenty davvero fuori luogo in un paio di momenti gli rimprovero la scena del massacro finale, che presenta dei diversi problemi di montaggio. possibile che sia tutto un giocare unicamente su degli stacchi che variano da Carrie, lo sprigionarsi dei suoi poteri e basta? Possibile che manchi anche tutta quell'autocompiacimento che può dare una tocco di autoironia [che non guasta mai] a una scena simile? Il punto debole infatti non è nella sceneggiatura di Roberto Aguirre-Sacasa (sceneggiatore Mrvel niente male, in realtà) ma in una regia che non ne enfatizza i momenti salienti, oltre che da una scena finale (e diciamolo, da un finale effettivo) ai limiti della stupidità e della cattiva regia.
Senza contare che nella scena negli spogliatoi non si vede manco una tetta, e la scena è dominata da carne maggiorenne da ogni angolo. Questo dovrebbe dare al film il voto minimo per principio.Voto: ★★