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Tra tutte le religioni che ho trattato in questo mio paziente lavoro di ricerca, parlare dello shintoismo, che solo casualmente ho lasciato per ultimo, mi sta impegnando oltre misura. “In cauda venenum” avrebbero detto i romani e non avrebbero avuto torto. Infatti per una mente come la mia abituata, per deformazione professionale, a sposare solo un discorso deduttivo e razionalmente scientifico, entrare, sia pure momentaneamente ed a scopo di studio, in una varietà di credenze, miti, superstizioni, fedi, che hanno il fascino dell’incredibile, dell’esoterico e del fiabesco, risulta oltremodo difficile anche se stupefacente. Lo shintoismo è la religione nazionale giapponese basata sulla fede in esseri superiori che prendono il nome di KAMI. E cominciano già le prime difficoltà.Perché non è facile capire chi o cosa siano i Kami. In senso generale la parola Kami fa riferimento a tutti gli esseri divini presenti sia sulla terra che in cielo, di cui parlano i testi classici giapponesi. Se cerchiamo invece di entrare nello specifico, troveremo la parola kami ad indicare gli spiriti che abitano nei santuari, ma anche tutto ciò che è misterioso o straordinario o spaventoso: Kami può essere il male in astratto, ma kami può essere un albero, un uccello, un qualsiasi animale, una montagna, un oceano, un vulcano, un terremoto. Su questo immenso pantheon scintoista, troneggia il kami supremo, AMATERASU, la dea del sole, figlia di Izanagi ed Izanami dalla cui unione ha preso origine il mondo, e che è la progenitrice del MIKADO, il divino imperatore. Izanagi e Izanami erano a loro volta discendenti da altre divinità che ordinarono ai due di creare il Giappone solidificando la terra dispersa. Così Izanagi intinse la sua lancia ricoperta di gemme nell’acqua dell’oceano e poi la ritirò. Le gocce che cadevano dalla sua lancia bagnata coagularono formando la prima isola giapponese, Onogorojima, che divenne la loro alcova così da generare le altre isole e tante altre divinità come il mare, il vento, gli alberi, le montagne, il fuoco.Di questi miti è colma la tradizione giapponese e spesso essi assumono un significato cosmogonico o tale da giustificare una genealogia divina per la stirpe dell’imperatore. Vediamone un altro: Izamani muore nel dare alla luce il fuoco (il dio distruttore) ed allora Izanagi scende nell’inferno (o qualcosa di analogo all’Ade greco) per recuperarla e non solo non riesce nell’impresa, ma rimane contaminato dal mondo degli inferi. Per purificarsi, ricorre ad un’ abluzione magica durante la quale nascono: Amaterasu dal lavaggio dell’occhio sinistro, la luna dal lavaggio dell’occhio destro e Susanoo ( un dio violento contrastato e poi vinto da Amaterasu), dal lavaggio del naso.Non c’è proprio da sorridere se pensiamo come tutte queste leggende siano la struttura di base della società giapponese, e poi, se è praticamente impossibile giustificare l’esistenza di Amaterasu con tutte le conseguenze che ciò comporta (la divinità dell’imperatore in primis), altrettanto difficile è per la tradizione ebraica giustificare l’esistenza dello Yahweh o per il cattolicesimo dimostrare la natura divina di Gesù. Ma nel Giappone moderno fortemente tecnologico e scientificamente progredito, accettare il mito come base per un governo ufficiale, risulta oltremodo imbarazzante, per cui si tenta di giustificare, come molti in occidente fanno con la genesi biblica, la mitologia, attribuendole un significato puramente allegorico.E’ altresì degno di nota ricordare come nel corso dei secoli ed in più occasioni, il Giappone abbia tentato anche con la forza di imporre lo shintoismo come religione di stato e non sto parlando di tempi lontani perché risale al 1932 un decreto del ministro dell’Istruzione creato a questo scopo mentre, con la fine della seconda guerra mondiale, le autorità americane costrinsero l’imperatore a disconoscere le sue origini divine.Comunque sia, le strutture di base di questa religione, avevano una natura sciamanica ed animistica, finché non furono contaminate in senso positivo prima dal buddismo e poi dal confucianesimo. Si ebbe però non un sovvertimento dei valori religiosi primitivi, ma una loro elaborazione con complicate manipolazioni atte a giustificare la fusione delle diverse credenze. Si arrivò, per esempio, a definire anche il Budda come un Kami, il che la dice lunga sulle mie difficoltà ad inquadrare il tutto. Quello che appare evidente, volendo fare una comparazione col nostro occidente è che c’è una correlazione tra l’opera di civilizzazione culturale operata dai greci nei confronti dei romani e quella operata dai cinesi nei confronti dei giapponesi. La raffinata passione per l’arte e la filosofia degli uni trova terreno fertile nella facilità di apprendimento e nella volontà di crescita dei secondi, che sopperiscono alla mancanza di creatività con una ferrea e caparbia disciplina.
Per ultimo vorrei ricordare come, oltre che una professione di fede, lo shintoismo sia una vera e propria istituzione dipendente da norme dettate da un ufficio governativo, che puntigliosamente entra nella scelta della musica sacra, nella sorveglianza dei religiosi, nell’accoglienza degli stranieri e persino nella scelta delle tombe. Forse per questo la venerazione dei Kami, di forte sapore politeistico e magico, sopravvivrà alla forte critica razionalistica ed agnostica, di cui viene fatta oggetto.
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