“Abbiamo parlato in questi tre anni il linguaggio della verità? Lo abbiamo fatto noi, che abbiamo responsabilità nelle istituzioni?” Così dice il presidente Napolitano e per farlo sceglie l’assemblea di Cl, il movimento che per un quindicennio ha appoggiato ogni menzogna del berlusconismo e in quella si è rotolata e ingrassata fino all’estrema mutazione antropologica che sfocia nelle camiciole hawaiane.
Di fronte a questa assemblea alla quale non mancava il succedaneo del berlusconismo, Montezemolo, non so bene se la domanda del presidente sia stata un’esortazione, una sorta di autodafé generale o la prefigurazione di future e altrettanto menzognere verità.
Non sono ottimista: la deprivazione di verità è stata troppo lunga, troppo generale, troppo complice e troppo drammatica per non aver bisogno di un lungo periodo di disintossicazione. Perché non è stato solo Berlusconi a creare una bugia alternativa alla realtà, non sono stati solo isuoi famigli a diffonderla, tra cui gli Amicone e i Lupi che si spellavano le mani dagli applausi a Napolitano, non solo i media che direttamente o indirettamente dipendono dal Cavaliere, cioè quasi tutti, ma l’intero Paese ad abbandonarvisi.
Ieri Anna Lombroso (qui) ha parlato degli insulti di Bossi ai giornalisti che pure con la loro attenzione ad ogni deiezione orale del leader della Lega si profondevano in simpatia grondante e analisi grottesche, per non parlare dei politici di Macerata che assicuravano sulla tracciabilità benigna delle costole. Bene anche questa è stata una menzogna, un frutto di irresponsabilità. Ed è sorprendente che ieri Repubblica on line abbia parlato delle proposte “chock” del nazi idiota Gaetano Saya che ormai agisce sotto l’ala protettrice del nazi agopuntore Scilipoti: “via gli extracomunitari e i gay”. Chock? Ma se le stesse cose sono state ripetute dalla lega per vent’anni ricevendo attenzione e prime pagine? Perché ogni quodiano o ebdomadario aveva il giornalista al seguito dell’ampolliere e che doveva essere necessariamente amico. Perché le stronzate fanno notizia. Perché a persone separate dalla realtà dalle torri d’avorio redazionali, quel linguaggio, quella grossolanità, pareva il linguaggio del popolo. Con il risultato che oggi la xenofobia e il vero e proprio razzismo sono diventati un patrimonio comune alla enorme quantità di cervelli per caso che vivono e lottano con noi. Una cultura maligna e spesso del tutto inconsapevole che ha attecchito e cresce come un infestante.
E che dire della venerazione per Tremonti, il fantasioso autore dei tagli lineari o delle sontuose analisi sugli asini che volano propalati dal Cavaliere, di un Parlamento disposto a credere alle nipoti di Mubarak, così come ai miracoli. Per non parlare della vulgata neoliberista che le stesse vittime del meccanismo perverso hanno introiettato tra cosce e zanzare in certe notti della Repubblica. O del rifugiarsi dentro un comodo pragmatismo privo di idee e speranze o dentro utopie strabiche tanto che adesso è persino difficile poter impostare una discussione che abbia un senso e una direzione. Idee e fedi trasformate in appartenenze e perciò in interessi.
Sarà lunga la strada per liberarsi dallo stato di menzogna che prima di essere una negazione fattuale è una negazione morale. E vedere applaudire il bisogno di verità da chi l’ha calpestata e derisa è ancor peggio di una bugia: è un accanimento contro la decenza.