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Lo stomaco comanda sul cervello

Da Jibril84

Da tempo non mangio più animali.
Con un po’ di difficoltà, l’ho fatto digerire agli altri. Sì, inizialmente ci hanno riso un po’ tutti, alcuni non ci volevano credere e hanno cercato di farmi cambiare idea, altri temevano per la mia salute e altri ancora sono arrivati a mettermi in guardia da problemi di socializzazione che a loro dire avrei senza dubbio incontrato.
Ora tutti hanno accettato la cosa, chi più chi meno. Qualcuno fa ancora battutine, ma ormai mi scivolano addosso e so come ribattere.

Lo stomaco comanda sul cervello
Nessuno però è davvero interessato a capire perché io abbia preso una decisione del genere.

“Sì, ma a me la carne piace” è la classica frase di chi, messo alle strette, conclude qualsiasi discussione, perché, ammettiamolo, lo stomaco comanda sul cervello.
E anche quando le “scuse”, per quanto assurde, sono altre, la ragione principale è quella: nessuno vuole rinunciare alla sua bistecca, quindi nessuno ha interesse a divenire consapevole del fatto che il cadavere che ha nel piatto era un essere senziente esattamente come lui/lei, che ha sofferto le pene dell’inferno perché lui/lei potesse esaudire le sue voglie.

Una volta qualcuno mi ha detto che sono una vegan strana, perché non “assalgo” la gente dicendo che mangiare carne è sbagliato. Beh, credetemi, ci penso ogni santissima volta che vedo mangiare un animale o sento parlare di un qualsiasi abuso nei loro confronti. Ogni morso, ogni parola, per me è come una pugnalata, non avete idea della rabbia che mi monta dentro, vorrei urlare. Ogni volta, senza eccezioni. E lo è perché sono consapevole del fatto che tutto questo non è necessario: non è necessario mangiare animali e loro prodotti, non è necessario comprare un animale per ottenerne la compagnia, non è necessario indossare pelli, peli e piume di animali per vestirsi e stare al caldo o per sfoggiare una bella borsa, non è necessario andare allo zoo, al circo o al parco acquatico per divertisti, non è necessario testare sugli animali per ottenere prodotti sicuri per gli esseri umani, non è necessario usare animali per fare un bel film. Non è mai necessario torturare e uccidere chicchessia, esseri umani o altri animali, né tantomeno può essere accettabile.
Le alternative esistono, non ci sono scuse che tengano.

Se non ne parlo non è per un fantomatico “rispetto per chi non la pensa come me”: come posso rispettare chi consapevolmente continua a contribuire a questo orrore? Come posso rispettare chi si rende quotidianamente complice di un massacro?

Non parlo solo perché so che non sarei ascoltata.

E dato che film e video non ne volete vedere (per carità, siete sensibili, non sia mai che vi spunti una lacrima per qualcosa di reale, piuttosto che per l’ultimo filmetto romantico uscito al cinema), ho deciso di aprire questo blog perché era l’unico modo che avevo per comunicare con voi che non volete ascoltare, né vedere. Non posso costringervi a leggere, ovviamente, ma mi resta la speranza che la parola scritta riesca prima o poi a indurre qualcuno a fare il collegamento.

Ora fate questa prova: immaginate un mondo in cui è pratica comune torturare e uccidere, per un qualsiasi tornaconto, esseri umani mentalmente disabili. Esseri umani che non sono in grado di ribellarsi, ma che possono solo subire passivamente. Voi fate parte di una minoranza di persone che si rifiuta di considerarli diversi, e quindi di usarli a proprio piacimento, per il solo fatto di avere delle capacità mentali inferiori a quelle della maggioranza, ma intorno a voi tutti – parenti, amici, conoscenti e sconosciuti – vi considerano degli eccentrici, degli estremisti.
Se riuscite a immaginarlo, riuscite a capire esattamente come si sente una persona che considera sbagliato sfruttare gli animali in un mondo che si basa su questo sfruttamento.

Come la differenza di sesso, la differenza di razza, del colore dei capelli, dell’altezza, dell’intelligenza non possono essere discriminanti per i diritti basilari – il diritto alla vita e alla libertà -, allo stesso modo non può esserlo la differenza di specie.



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