“Siamo rimasti nel Medioevo!”. E’ una frase comune, che ripetono quasi tutti, senza nemmeno pensarci. Eppure è sintomo di ignoranza, cioè di non conoscenza della storia. Lo ha spiegato la celebre storica francese Régine Pernoud, specialista del Medioevo: «Quando si dice “in quel campo si è rimasti ancora al Medio Evo” si e detto tutto! Come è possibile che si sia ancora legati, nella nostra epoca scientifica, a nozioni così semplicistiche e infantili su tutto ciò che riguarda il Medio Evo?».
E’ anche vero che «dalle scuole elementari all’università — quasi senza eccezioni — si testimonia sempre lo stesso disprezzo per l’insieme del millennio che va dal V al XV secolo. È lo stesso disprezzo che manifestano i media in tutta tranquillità. Giornali, televisione e, appunto, il cinema, presentano invariabilmente gli stessi schemi: ignoranza, tirannia, oscurantismo». Che il Medioevo sia sinonimo di oscurantismo lo hanno voluto far credere gli illuministi, gli intellettuali antireligiosi del XVII per affermare la supremazia della loro epoca. Ma nessuno storico sostiene più i “secoli bui”: «tutto ciò che ci resta dell’epoca, tutto è bello», ha spiegato la Pernoud. Ciò fa parte del tabù di una società che pretende rifiutare tutti i tabù. «Non se ne discute nemmeno più, si accettano allegramente enormi assurdità considerate come fatti acquisiti. È così, e non c’è bisogno di dimostrazione. Tutto questo i medievalisti lo sanno, ma si guardano bene dal ripeterlo: non sarebbe serio!».
Fortunatamente qualche storico che ha il coraggio di andare contro il pensiero dominante e mediatico c’è, uno di essi si chiama Jacques Le Goff, tra i più autorevoli studiosi viventi della storia e della sociologia del Medioevo (e profondamente agnostico). In questi giorni ha rilasciato un’intervista in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, in cui ha spiegato che «come dice il nome, il Medio Evo è stato sempre considerato come un periodo di passaggio, di transito tra l’Antichità e la Modernità, ma passaggio significa soprattutto sviluppo e progresso. Nel Medio Evo progressi straordinari ci sono stati in tutti i campi, con i mulini a vento e ad acqua, l’aratro di ferro, la rotazione delle culture da biennale a triennale. Ma non c’è nessuna rottura fondamentale tra Medioevo e Rinascimento, tra il 14esimo e il 17esimo secolo. Ci sono cambiamenti che non modificano in modo sostanziale la natura della vita dell’umanità. L’economia resta rurale, ciclicamente caratterizzata da carestie. Nonostante la rottura – importante – tra cristianesimo tradizionale e riformato, è sempre il cristianesimo a determinare una visione omogenea e religiosa di un’eternità definita da Dio».
Sostanzialmente non c’è stato alcun Rinascimento, la proposta di Le Goff è un lungo Medioevo dal VI al XVII secolo. Nessun “uomo nuovo”, il progresso è il Medioevo stesso. Sarà certamente d’accordo Alessandro Barbero, ordinario di Storia Medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale, il quale proprio recentemente ha criticato a sua volta che «nel nostro immaginario è troppo forte il piacere di credere che in passato c’è stata un’epoca tenebrosa, ma che noi ne siamo usciti, e siamo migliori di quelli che vivevano allora». Ma ovviamente non è così, gli storici lo sanno mentre i liberi pensatori non riescono a separarsi dai loro dogmi.
La redazione