Non soddisfatto di far sparare in faccia ai giornalisti non allineati, zar Putin sta dimostrando di avere, proprio come i suoi predecessori, uno strano concetto di solidarietà baltica. La Russia, già Unione Sovietica, non perde infatti tempo a dare una mano agli amici e sodali della ex Europa dell'Est, testimonianza di un cuore grande e di un concetto di libertà e autonomia dei popoli e delle genti veramente smisurati. I compagni ungheresi avevano difficoltà a tenere sotto controllo il vento di libertà che spirava a Budapest? Ecco i carri armati sovietici che in un amen ripristinavano l'ordine costituito. I compagni cecoslovacchi si volevano bere una birra in più al giorno? La CCCP non poteva permettere il dilagare della cirrosi epatica in un paese vicino, e i carri armati servirono a impedire una strage alcoolica. Non potendo “aiutare” la Polonia con i tank, preferirono appoggiare un colpo di stato, a Roma avevano appena eletto un papa polacco, sarebbe successo un casino. Così, fra un aiuto al Vietnam del Nord, uno alla Corea (sempre) del Nord, un altro alla Georgia, un altro ancora alla Cecenia, ricatti petroliferi sparsi all'Ucraina e alla Bielorussia e del gas all'Uzbekistan, Vlady continua a tenere sotto controllo tutto l'ex impero staliniano, alla faccia della Glasnost gorbacioviana e della caduta di un Muro di Berlino che se fosse stato per lui, non avrebbe mai permesso di picconare. Basta una parola per far scattare l'aiuto. Basta che qualcuno dica “fascista” che Putin parte a razzo e, novello Speedy Gonzales, rimette a posto le cose. Che poi i manifestanti che smanichettano su Facebook e Twitter tutto siano meno che fascisti, poco importa, i confini di Madre Russia sono “delicati”, quasi quanto quelli di Israele che invece di invadere i territori palestinesi, costruisce muri e fanculo. L'invasione della Crimea (che pure qualche ragione potrebbe esserci, ricordate il Kossovo?), ha causato una sollevazione mondiale di proporzioni colossali. La Merkel non vuol sentire parlare di Putin neppure davanti a un piatto di würstel, la Gran Bretagna ha momentaneamente sospeso ogni rapporto, la Francia, attraverso Hollande, ha detto “parbleu!”, l'Italia tace sennò Silvio (e l'Eni) s'incazza mentre l'America ha alzato la voce. I Russi però non hanno fatto una piega. Anzi. Il ministro del tesoro ha fatto sapere a Obama che se non si farà i cazzi suoi, la Russia non farà più affari in dollari. Il dollaro, insomma, non sarà più la moneta base di cambio con il resto del mondo. Fermo restando che con il rublo zar Putin non farebbe affari neppure con la Corea del Nord, resta da vedere quale sarà la reazione americana perché, cari amici e fratelli, non è che gli USA siano proprio mammole. O no?
Magazine Politica
Lo strano concetto di solidarietà di zar Putin. E la Russia minaccia di abbandonare il dollaro come unità di cambio
Creato il 04 marzo 2014 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Non soddisfatto di far sparare in faccia ai giornalisti non allineati, zar Putin sta dimostrando di avere, proprio come i suoi predecessori, uno strano concetto di solidarietà baltica. La Russia, già Unione Sovietica, non perde infatti tempo a dare una mano agli amici e sodali della ex Europa dell'Est, testimonianza di un cuore grande e di un concetto di libertà e autonomia dei popoli e delle genti veramente smisurati. I compagni ungheresi avevano difficoltà a tenere sotto controllo il vento di libertà che spirava a Budapest? Ecco i carri armati sovietici che in un amen ripristinavano l'ordine costituito. I compagni cecoslovacchi si volevano bere una birra in più al giorno? La CCCP non poteva permettere il dilagare della cirrosi epatica in un paese vicino, e i carri armati servirono a impedire una strage alcoolica. Non potendo “aiutare” la Polonia con i tank, preferirono appoggiare un colpo di stato, a Roma avevano appena eletto un papa polacco, sarebbe successo un casino. Così, fra un aiuto al Vietnam del Nord, uno alla Corea (sempre) del Nord, un altro alla Georgia, un altro ancora alla Cecenia, ricatti petroliferi sparsi all'Ucraina e alla Bielorussia e del gas all'Uzbekistan, Vlady continua a tenere sotto controllo tutto l'ex impero staliniano, alla faccia della Glasnost gorbacioviana e della caduta di un Muro di Berlino che se fosse stato per lui, non avrebbe mai permesso di picconare. Basta una parola per far scattare l'aiuto. Basta che qualcuno dica “fascista” che Putin parte a razzo e, novello Speedy Gonzales, rimette a posto le cose. Che poi i manifestanti che smanichettano su Facebook e Twitter tutto siano meno che fascisti, poco importa, i confini di Madre Russia sono “delicati”, quasi quanto quelli di Israele che invece di invadere i territori palestinesi, costruisce muri e fanculo. L'invasione della Crimea (che pure qualche ragione potrebbe esserci, ricordate il Kossovo?), ha causato una sollevazione mondiale di proporzioni colossali. La Merkel non vuol sentire parlare di Putin neppure davanti a un piatto di würstel, la Gran Bretagna ha momentaneamente sospeso ogni rapporto, la Francia, attraverso Hollande, ha detto “parbleu!”, l'Italia tace sennò Silvio (e l'Eni) s'incazza mentre l'America ha alzato la voce. I Russi però non hanno fatto una piega. Anzi. Il ministro del tesoro ha fatto sapere a Obama che se non si farà i cazzi suoi, la Russia non farà più affari in dollari. Il dollaro, insomma, non sarà più la moneta base di cambio con il resto del mondo. Fermo restando che con il rublo zar Putin non farebbe affari neppure con la Corea del Nord, resta da vedere quale sarà la reazione americana perché, cari amici e fratelli, non è che gli USA siano proprio mammole. O no?
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