Lo stress delle vacenze hitech
Creato il 25 luglio 2010 da Gianluca1
Ieri parlavamo della società che cambia e del fatto che le donne - sempre più spesso - guadagnano più degli uomini. Oggi, dunque, ritorniamo sui mutamenti sociali in atto, affrontando il tema delle vacanze, che non sono più riconducibili a quelle di un tempo - momento di svago assoluto e rilassamento totale - essendosi trasformate in un aspetto del vivere moderno non sempre positivo. Il riferimento è al fatto che metà dei lavoratori torna a casa dalle vacanze più stanco e più stressato di prima. Il motivo? L'hitech. Una volta si andava al mare o in montagna e si staccava veramente da tutto e da tutti: al massimo ci si poteva distrarre con la tv e con qualche nastro musicale. Oggi invece le cose sono drasticamente cambiate: con la scusa dell'essere sempre e comunque "connessi" il nostro cervello non stacca mai, e si è sempre e costantemente stimolati da input esterni. Anche di natura lavorativa. Risultato: in spiaggia se non siamo al telefonino, stiamo ascoltando l'iPod, quando rientriamo in casa, se non ci attacchiamo al pc portatile, smanettiamo con la macchina fotografica digitale che ci consente di fare foto all'infinito, o chattiamo con qualche nuovo amico virtuale. "La tipica vacanza estiva annuale, che dovrebbe consentire di dire stop alla frenesia dei giorni lavorativi e rilassarsi, sta rapidamente scomparendo", rivelano gli esperti dell'Institute of Leadership & Management (ILM), autori di uno studio che ha coinvolto 2500 lavoratori. Molti professionisti in vacanza trascurano moglie e figli per controllare morbosamente le mail. (A questo proposito vi suggeriamo la lettura "La tirannia delle mail", di John Freeman, Codice Edizioni). Altri non possono fare a meno di collegarsi a Facebook per far sapere al mondo che il tempo è bellissimo e che in spiaggia si sta da dio. Penny de Valk, a capo della ricerca, dice che "la tecnologia aiuta molto in ambito lavorativo, poi però è anche difficile staccarsene". Qualche numero. L'80% dei vacanzieri risponde 'frequentemente' alle mail; il 50% a telefonate "lavorative"; il 10% compie addirittura una toccata e fuga dall'ufficio per sincerarsi del fatto che sia tutto in regola. Più di due terzi delle persone intervistate possiede un BlackBerry, da cui non può separarsi o un telefonino smart che controlla ossessivamente. E così la vacanza, da momento di relax, si trasforma in una performance professionale da "corrispondente". È del 40% la stima di lavoratori che rientra dalle ferie più stanca di prima. Non poco. Il fenomeno è figlio anche del fatto che si vive sempre sul chi va là. Gran parte di chi non riesce a "staccare" ha, infatti, un lavoro precario: molti pseudo-dipendenti temono di tornare dalle vacanze e ritrovarsi a spasso. Cary Cooper della Lancaster University Management School parla di "cultura del "presenteeism", l'esatto contrario dell'assenteismo: chi va in ferie rimane sempre collegato e così facendo fa sapere al diretto superiore che lui al lavoro ci tiene e che non può assolutamente lasciarlo a casa. "Un vero incubo per molti lavoratori", dice Cooper, che si domanda: "Se non si prende del tempo per stare con la propria famiglia in vacanza, quando lo si prende?". Il riferimento è peraltro a lavoratori che durante l'anno a casa non ci sono quasi mai. Persone che in media lavorano più di cinquanta ore la settimana (il 40% degli intervistati) o addirittura più di sessanta ore, il 10%. Per altri, invece, la costante reperibilità è lo stratagemma utilizzato per non trovarsi sommersi di lavoro al rientro. "Questo atteggiamento deriva dal fatto che, già dal primo giorno che si mette piede in spiaggia, prevediamo di tornare a casa e di avere moltissimo da fare", dice de Valk. Siamo presi dall'ansia ancora prima di fare il primo bagno, mentre sarebbe indispensabile staccare la spina, per la propria salute, fisica e mentale, per le persone con cui stiamo viaggiando, e non ultimo, per imparare a vedere il lavoro da un punto di vista più trasversale. "Tutti hanno bisogno di una pausa che poi finisce per ripercuotersi positivamente anche sulla propria professione", dice la scienziata. Alternative? Poche. Se proprio non si può fare a meno di rimanere "connessi", si può almeno cercare di farlo con una certa "distanza". È utile fissare dei paletti. Per esempio si può decidere di controllare le mail una sola volta al giorno, mentre si potrebbe tranquillamente fare a meno dei social network: se anche non ci facciamo sentire per un paio di settimane, non se ne accorge nessuno.
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