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Scansate le persone, restano i manufatti della civiltà, vivi e cattivi; per il collettivo H5 (questi francesi possono vantarsi di una collaborazione con Michel Gondry) gli stemmi della cosiddetta globalizzazione hanno anima e corpo: non pubblicizzano né sponsorizzano, sono il brand antropomorfizzato, e quindi non stupirà se due omini della Michelin incaricati di mantenere l’ordine pubblico discutano tarantinaniamente sulla vita dei ghepardi in gabbia.
L’operazione viene proposta anche per altri personaggi famosi dell’industria commercial (Mastro Lindo effeminato vince facile), e per dare ad Alaux e soci quel che meritano, l’idea in sé ha moltissimo: originalità, freschezza, (qualche sprazzo di) genialità, e una composizione grafica adatta a ciò che racconta.
Ma ecco: che cosa racconta Logorama (2009)? La pista del poliziesco americano esposta fin da subito con tanto di inseguimenti à la Real TV (o alla GTA?) si rivela un pretesto non proprio degno per mettere in mostra le varie trovate degli autori. Se è vero che, come si dice in Rete, nello spazio di 17 minuti si accalcano più di 2500 loghi, cotanto materiale diventa eccessivo se rapportato all’esilità narrativa che verso la fine perde anche quel minimo di continuità. Vedere Ronald McDonald nelle vesti di pazzo sanguinario può suscitare divertimento dato il contrasto con la realtà che si va ad istituire, eppure non è sufficiente un tale epidermico ludismo poiché anche in un cortometraggio sussiste la necessità di un discorso che sia colla e piedistallo, mentre qui quel che si vede è più che altro un gran baccano, praticamente del ©irco.
L’operazione viene proposta anche per altri personaggi famosi dell’industria commercial (Mastro Lindo effeminato vince facile), e per dare ad Alaux e soci quel che meritano, l’idea in sé ha moltissimo: originalità, freschezza, (qualche sprazzo di) genialità, e una composizione grafica adatta a ciò che racconta.
Ma ecco: che cosa racconta Logorama (2009)? La pista del poliziesco americano esposta fin da subito con tanto di inseguimenti à la Real TV (o alla GTA?) si rivela un pretesto non proprio degno per mettere in mostra le varie trovate degli autori. Se è vero che, come si dice in Rete, nello spazio di 17 minuti si accalcano più di 2500 loghi, cotanto materiale diventa eccessivo se rapportato all’esilità narrativa che verso la fine perde anche quel minimo di continuità. Vedere Ronald McDonald nelle vesti di pazzo sanguinario può suscitare divertimento dato il contrasto con la realtà che si va ad istituire, eppure non è sufficiente un tale epidermico ludismo poiché anche in un cortometraggio sussiste la necessità di un discorso che sia colla e piedistallo, mentre qui quel che si vede è più che altro un gran baccano, praticamente del ©irco.
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