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Lorenzo Pastrovicchio: tra Gottfredson e PK

Creato il 10 febbraio 2012 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

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© Disney

Lorenzo Pastrovicchio fa parte di quel gruppo di disegnatori che a metà anni ’90 diedero un apporto fondamentale all’evoluzione dello stile grafico in casa Disney. Sviluppando il proprio tratto soprattutto su PKNA – Paperinik New Adventures, Pastrovicchio è diventato presto uno degli artisti più riconoscibili sulla testata e successivamente anche su altre testate disneyane, dimostrando una sensibilità tutta sua nel ritrarre Paperi e Topi sempre in bilico tra rispetto per la tradizione e voglia di innovare.

L’abbiamo intervistato per voi.

Ciao Lorenzo. Cominciamo dall’inizio: come hai iniziato a fare fumetti, e come sei arrivato in Disney?
Ciao a tutti.

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Posso dire che la mia vita professionale è cominciata con Disney, di come ci sia arrivato è stato quasi un caso. Nel ‘91 stavo frequentavo l’università di Trieste, e ad una festa studentesca (in un pub) ebbi il piacere di conoscere Franco Valussi, all’epoca disegnatore su Topolino (ma anche discreto saxofonista delle serate triestine…).
Grazie a lui vidi per la prima volta delle tavole a fumetti originali, e per di più Disney. 
All’epoca le mie letture erano di tutt’altro genere, ma in quel mondo fatto di paperi e topi c’era qualcosa che mi affascinava. Cosi nel ‘92 mi presentai con alcuni bozzetti e illustrazioni di varia ispirazione (ma sempre con al centro i personaggi Disney) a Giovan Battista Carpi. Di me gli rimase subito impressa la mia passione per la fantascienza e la tecnologia, infatti in quel periodo ero particolarmente ispirato da Otomo e Masamune Shirow, che con Akira e Appleseed da qualche anno avevano rivoluzionato l’immaginario fumettistico (ristagnante) dell’epoca. Carpi, nonostante ciò, mi diede fiducia e gli devo molto…

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© Disney

Diventare disegnatore è sempre stato il tuo sogno/obiettivo fin da giovanissimo?
Mia madre ama raccontare che imparai prima a tener la matita in mano e poi a camminare, quindi credo di si…

Il tuo stile di disegno è ormai riconoscibile, e osservando i tuoi primi lavori disneyani di metà anni ’90 con quelli di inizio millennio e quelli più recenti si nota un’evoluzione nel tuo tratto: questa evoluzione è stata naturale o hai volutamente perseguito una tua personale strada?

Credo sia una cosa naturale per qualsiasi artista evolversi, la cosa diventa sicuramente più difficile se si è un artista disneyano. C’è tutta una tradizione e una storia alle spalle che è impossibile da ignorare, quindi per quanto uno si senta innovatore bisogna sempre tenerne conto. Quando ho cominciato la mia collaborazione con Disney ( subito dopo la scuola di Carpi nel ‘94) cerano diverse possibilità oltre ai comics: lavorare sulle pubblicità oppure sull’oggettistica o sulle illustrazioni per i libri. Per accedere a questi lavori però lo “stile fumetto” non andava bene, quindi dopo una selezione si veniva mandati a Parigi ( in quegli anni c’era una sede Disney dove, tra l’altro, avevano prodotto il cortometraggio di Topolino Cervello in fuga) ad apprendere lo “stile d’animazione”, che serviva a rendere i personaggi più riconoscibili a livello internazionale. Fatta questa esperienza, per anni mi sono diviso tra questi lavori dalle diverse esigenze e questo a sicuramente influito nel mio percorso stilistico. Quanto detto poi va ad affiancarsi con quella che è stata la rivoluzione degli anni ‘90…PK! Avevo fatto solo due storie ai tempi, una della Giovani Marmotte a una con Paperino e Ciccio quando venni contattato da Ezio Sisto (curatore di PK, oggi vicedirettore di Topolino). Dopo alcune illustrazioni che finirono sul “PKalendario” mi affidarono “Trauma” . Per me che ero da sempre un cultore del supereroistico fu un invito a nozze…potei dare libero sfogo alle mie fantasie, a una regia diversa, ad un tratto più adulto. Fu una bella palestra, fatta di scadenze molto strette e qualità. Si lavorava sempre al limite delle possibilità umane…Così quando, ad un certo punto, sono tornato su Topolino avevo i “muscoli” pronti per affrontare Sua Maestà Mickey Mouse, cosa a cui tenevo particolarmente. Mentre su PK si poteva stupire con effetti speciali, qui c’era bisogno di rinnovarsi restando fedeli a quella fresca e leggera classicità che ha sempre contraddistinto questo settimanale, fatto di grandi artisti che nel corso degli anni alternandosi hanno dato un contributo a sviluppare questo magnifico universo disneyano. Ed è questo l’obiettivo a cui sto mirando in questi ultimi anni. Rendere onore a tutto questo costruendo però sempre qualcosa di nuovo. Quindi infine credo che il mio percorso evolutivo sia una somma di tutte queste esperienze, ma anche di quelle che devo ancora fare.

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© Disney

A quali disegnatori, disneyani e non, ti ispiri o comunque senti un certo debito di riconoscenza? Per esempio molti lettori, noi compresi, trovano che il tuo Topolino abbia un taglio molto gottfredsoniano nell’aspetto, nel come lo raffiguri: è solo un’impressione o confermi di ispirarti in particolar modo al disegno di Gottfredson nel disegnare storie ambientate a Topolinia? Oppure vediamo nel tuo tratto anche delle eco di Jack Hannah e in altri casi di Piet Wijn: conosci il loro lavoro, possono essere stati anche loro tuoi punti di riferimento?
Sicuramente avete fatto centro su Gottfredson, ho sempre considerato il suo tratto più adulto ed energico, quindi quando ho dovuto confrontarmi col Topo mi è venuto naturale rifarmi a lui soprattutto nel caracter del personaggio.Ultimamente poi mi era stato chiesto di creare insieme a Faraci delle strisce, in concomitanza con l’uscita della grande ristampa del Maestro…non potete immaginare la soddisfazione, anche per un cosi breve lavoro. Restando in campo disneyano anche Jack Hannah è stato un mio riferimento insieme ad altri grandi animatori , soprattutto durante il periodo degli studi sullo “stile internazionale”. Artisti non Disney che tengo sott’occhio sono tantissimi e si rinnovano in continuazione, ma quelli che tengo sotto il cuscino e di cui certo non posso fare a meno sono Moebius per la sua alegante follia, Kirby e Buscema per la potenza e dinamicità , Zaffino, Toppi e Breccia per il loro tratto materico che sconfina nel pittorico.

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Gli anni novanta in Disney sono stati molto stimolanti. Prima grazie a Topolino, poi a PK, ci si è trovati immersi in un crogiuolo artistico come non si vedeva da anni… c’era molto fermento in tutto il mondo editoriale e di conseguenza c’era più spazio per la sperimentazione. Ciò ha permesso a giovani talenti di crescere e potersi esprimere liberamente, a vantaggio di tutti, e ci si spronava a far l’uno meglio dell’altro in una sorta di competizione artistica. La consapevolezza di far parte di qualcosa di speciale c’è stata, ma di esserne uno dei rappresentanti non pienamente. Mi sono sempre ritenuto un fortunato per aver avuto l’occasione di fare nella vita quello che più mi piace, e ho cercato di divertirmi sempre nel farlo. Se sono riuscito, grazie ai miei disegni, a far passare qualche ora piacevole a voi appassionati, è tutto grasso che cola e ne sono onorato!

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© Disney

In Disney sei stato molto attivo come copertinista: soprattutto per I Grandi Classici Disney e per Paperinik hai disegnato numerosissime cover: era difficile trovare ogni mese un’idea per un soggetto differente? E in generale ti piaceva come attività?
Vi dirò di più, c’è stato un momento in cui oltre ai su citati titoli facevo pure Le Grandi Parodie Disney, Giovani Marmotte (per un’edizione straniera che non ricordo) e I Gialli di Topolino per la divisione libri. Ad un certo punto è stata veramente dura e, nonostante fosse veramente gratificante essere così presenti in edicola, ho preferito mollare. Dopo tanti anni cominciavo a sentirmi un po’ svuotato, era molto impegnativo a livello mentale. Adesso ogni tanto ne faccio qualcuna per Topolino, e devo dire che me le godo molto.

Il tuo Paperinik, sia delle copertine dell’omonima testata sia delle storie di PK, è tratteggiato in modo molto gotico, un esempio è Beato Angelico, ma anche l’osannata Trauma: a quali atmosfere ti ispiravi per PK? Facevi riferimento a qualche supereroe americano e magari a qualche disegnatore in particolare?
Per me PK è sempre stata la versione più muscolare di Paperinik. All’inizio mi sono trovato molto a mio agio con Tito Faraci che aveva un modo di scrivere molto supereroistico, poi però anche altri sceneggiatori hanno capito questa mia attitudine, così ho potuto creare un PK più mio. Il mio PK portava dentro di se tutti i robottoni giapponesi degli anni ‘70 e ‘80, Ken il Guerriero, Batman e Spawn, Akira e Appleseed…..insomma, a volte mi scordavo completamente di fare Disney.

Molti fan disneyani ti celebrano soprattutto per il tuo lavoro fatto sulle pagine di PK nelle sue varie declinazioni editoriali. Da Trauma in poi hai disegnato spesso per la testata con esiti sempre molto felici. Cosa ti ricordi della tua esperienza su PK?
Mi ricordo che sono stati nove anni molto belli, e di essere stato parte di qualcosa di unico.

Il clima di sperimentazione che si respirava nel PK Team toccava anche l’estetica e l’aspetto grafico delle storie, che come composizione delle tavole e come stili di disegno riusciva a rompere alcune “regole” nell’impostazione grafica delle storie. Quanto quest’esperienza è servita per farti trovare il tuo stile?
Non so se è servita a farmi trovare il mio stile, però PK andava fatto con quello stile. I disegnatori che si approcciavano con il taglio alla Topolino non potevano funzionare…forse rispetto ad altri ho avuto il vantaggio di arrivarci abbastanza “vergine”, avendo fatto poche storie per il “Topo” prima, e quindi facevo meno caso a certi paletti mentali che ti puoi fare dopo un po’ di anni.

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© Disney

In una storia della terza serie di PK, “Sotto Zero”, disegni la metà delle tavole di cui è composta, mentre l’altra metà è affidata a tuo fratello Alessandro. In quell’occasione avete lavorato confrontandovi oppure in modo indipendente l’uno dall’altro? E in generale, quanto l’uno influenza l’altro?
Ci sono stati dei momenti in cui c’era bisogno di creare delle storie in tempi molto stretti e quindi abbiamo collaborato assieme. Il confronto in questi casi è necessario e creativo nel contempo.Forse all’inizio Alessandro si rifaceva un po’ al mio stile, ma è durata poco e ha trovato presto una sua strada, soprattutto nell’inchiostrazione che è sempre stata molto personale.

Sei stato uno dei disegnatori principali della saga fantasy Wizards of Mickey: com’è stato lavorare su atmosfere di stampo fantasy applicate ai personaggi Disney? Ti sei ispirato a qualcosa di particolare?
Anche W.O.M. è stata una bellissima esperienza. Ho avuto la fortuna di tenerla a battesimo con la prima storia e di darle un indirizzo stilistico con delle tavole di prova, che poi sono servite anche agli altri autori della serie. Lavorare con Stefano Ambrosio è stata un esperienza molto gratificante, anche con lui c’è stata una grande intesa, sicuramente è grazie a questo che siamo riusciti a produrre una mole di lavoro cosi importante. Dopo PK arrivare sul genere fantasy di W.O.M. è stata una nuova sfida. Stefano ha provato a scrivere un fantasy slegato dalle storie che l’avevano preceduto cercando di creare qualcosa di diverso e io ho semplicemente cercato di seguirlo graficamente, a volte non tanto semplicemente. Devo dire di essermi divertito parecchio anche in questo caso e spero di aver fatto un buon lavoro. Fonti d’ispirazione? Conan di Buscema e Flash Gordon di Raymond…ovviamente molto filtrati.

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© Disney

A parte Stefano Ambrosio, lo sceneggiatore di Wizards of Mickey, hai realizzato molte storie scritte in particolare da Carlo Panaro e Fausto Vitaliano. Quali sono i punti in comune e le differenze tra questi due sceneggiatori? E in generale come sviluppi i rapporti con i “tuoi” sceneggiatori?
Tra Carlo e Fausto non vedo molte cose in comune, sono due sceneggiatori con esperienze ben diverse. Panaro ha uno stile classico e rassicurante, mentre Vitaliano è sempre alla ricerca di qualcosa di innovativo ed è più propenso alla sperimentazione. Quando mi arriva una sceneggiatura cerco sempre di instaurare un contatto con l’autore, mi piace condividere idee e opinioni, certo non con tutti si riesce a farlo e molto dipende anche dal carattere di ognuno, ma io ci provo.

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© Disney

L’anno scorso hai disegnato le quattro parti della storia “Una Missione Lunga Tre Giorni”, che rivela un tassello importante della mitologia di DoubleDuck, la versione 007 di Paperino ideata da Fausto Vitaliano. Per filosofia e impostazione delle tavole le storie di DoubleDuck ricordano molto l’atmosfera pikappica, l’hai ritrovata anche te disegnando la suddetta storia?
Devo dire che era da un po’ che aspettavo mi venisse chiesto di partecipare a questo progetto proprio per i motivi sopra enunciati da voi. Trovavo che DoubleDuck ricordasse molto PK nella filosofia costruttiva della tavola e delle trame. Quando mi è stato chiesto se potevo occuparmi di questa quadrilogia, ero molto entusiasta ed è stato per me un onore poterlo svolgere in totale autonomia, sapendo poi che la colorazione veniva seguita da Max Monteduro e quindi sinonimo di una qualità pikappica.

Nel 2008 hai disegnato il cinquantesimo numero della serie edita da Star Comics Jonathan Steel, ideata e scritta da Federico Memola.. Come sei approdato al progetto? Come è stato affrontare questo tipo di disegno? In cosa ti ha arricchito questa particolare esperienza?
Con Federico Memola ci conosciamo da anni, ed era da un bel po’ di tempo che ci si riprometteva di fare qualcosa assieme. Quando poi mi sono trovato un po’ di tempo libero tra le mani, ho colto l’occasione per chiamarlo e così gli ho mandato alcuni bozzetti del suo Jonathan Steele. Lui mi ha accolto con molto entusiasmo come sempre e mi ha lasciato piena libertà grafica. L’esperienza di disegno realistico è una cosa che mi ha sempre affascinato e che continuo a coltivare.

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© Disney

Hai altri progetti extra-disneyani nel tuo prossimo futuro?

Nel mio prossimo futuro sicuramente ci sarà spazio per progetti personali che potrebbero spaziare dall’umoristico al realistico ma anche dalla scultura alla pittura a seconda dell’ispirazione del momento.

Nella scorsa edizione di Lucca Comics, allo stand Disney eri tra gli autori che facevano disegni alle lunghissime file di persone che si prenotavano per avere un personaggi Disney fatto da te e dai tuoi colleghi. E’ difficile sostenere un ritmo del genere, durante la fiera? E’ un’esperienza che fortifica l’autore?
Sicuramente è un’esperienza gratificante ma allo stesso tempo impegnativa. E’ sempre difficile accontentare tutti con disegni di qualità in poco tempo. Alla fine le giornate di Lucca volano via senza nemmeno rendersene conto se non per i crampi alle mani  !

E invece, per quanto riguarda Disney, cosa ti bolle in pentola? Per esempio, è ormai noto dallo stand a Lucca che disegnerai la nuova storia sceneggiata da Casty, Darkenblot… vuoi parlarcene? Vuoi parlarci anche di altre storie da te disegnate che verranno pubblicate prossimamente?
Darkenblot è un progetto nato in simbiosi. Era da un po’ che avevo in mente un restyling più accattivante di Macchia Nera, avevo cominciato un po’ di anni fa con diversi studi grafici sul personaggio e man mano aggiungevo sempre qualcosa. Finché l’altr’anno ho addirittura disegnato tre tavole di prova per convincere la redazione sulla qualità dell’idea. Passato questo step però (visto che l’idea grafica era piaciuta), ci voleva chi desse anima e corpo a tutto ciò. Non poteva essere altro che Casty. Quando anche lui ha visto il materiale da me prodotto, si è come illuminato e da lì è partita l’ispirazione necessaria. Ci siamo sentiti e visti spesso, soprattutto all’inizio per costruire visivamente tutto il mondo di Darkenblot, dai personaggi agli sfondi. L’idea era di creare qualcosa di veramente importante che potesse portare Topolino in un’avventura che avrebbe coinvolto i lettori come fu PK per Paperinik.

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© Disney

Il problema era che il progetto doveva uscire comunque su Topolino, quindi la storia comincia con un ritmo consono al tipo di narrazione che troviamo solitamente sul settimanale per poi salire in un crescendo di tagli dinamici e più moderni (un po’ alla PK). La storia si divide in tre puntate, che verranno pubblicate sui numeri 2940, 2941 e 2942 di Topolino, per un totale di 92 tavole in cui il susseguirsi narrativo è da togliere il fiato. Topolino si trova coinvolto, suo malgrado, in una serie di situazioni che lo porteranno a confrontarsi con un Macchia Nera questa volta veramente al suo massimo, vedremo nuovi e affascinanti personaggi affiancarsi al Topo in questa avventura e non tutti per venire in suo aiuto…
Alla fine quello che abbiamo voluto fare con Darkenblot è creare un nuovo ciclo narrativo in continua evoluzione cercando di dare a Topolino e Macchia Nera un nuovo mondo in cui perpetrare la loro eterna sfida portandola in una chiave più moderna e tecnologica. Questo è solo l’inizio, il futuro è già qui.

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© Disney

Nelle precedenti domande abbiamo parlato molto di PK: in questi giorni parte la ristampa cronologica e completa di questo fumetto, come nuova serie di allegati a Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Sei stato coinvolto nella redazione di qualche editoriale o intervista presenti nei volumi? E a prescindere da questo, cosa pensi di questa iniziativa che riporterà settimanalmente in edicola, dopo più di 15 anni, quelle già mitiche storie?
Sono molto felice di questa iniziativa presa dalla Disney di riportare in edicola il mitico PK, effettivamente di recente sono stato contattato per un’intervista che verrà pubblicata nel volume contenente “Trauma”. Penso sia una buona cosa quella di mettere a disposizione in maniera cronologica tutte e tre le serie a chi non ha potuto per motivi di età o dimenticanza avvicinarcisi 15 anni fa. In più so che conterrà molto materiale inedito mai pubblicato (schizzi, bozzetti,  studi, tavole di prova, etc.) quindi è veramente una ristampa da non perdere.

Riferimenti:
Il sito ufficiale: www.pastrovicchio.it


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