Le ossature dei colli di Lugliano e di Granaiolo sono le ultime che il Camaione rode brontolando, prima di quietarsi nel semicerchio della Lima, limpido e trasparente come il grande astro d’argento. Lugliano, dall’antico castello, stampa oggi, nero sul cielo turchino, il frassino secolare, capace di consolare con la sua ombra una trentina di persone; Granaiolo, un manipolo di case acchiocciate sotto il campanile, precipiti quasi in uno scerpeto, scampana festevole.
Granaiola – Foto tratta da I bagni di Lucca, Coreglia e Barga di Bonaventura Arnaldo, 1914
Donne di monte, dal seno colmo ed affannoso, arrossato di rose damaschine e di garofani, agghindate a festa, salgono come capre per queste erte; uomini pianigiani, coperti di vestimenta gregge, con una bianca pezzuola al collo e la lingua fuori, come i cani, si sciolgono in gocce di sudore come statue di bronzo in fusione; spose fatticce, in carne come vitelle di latte, sedute, a piè di qualche faggio, fan sosta per allattare i poppanti; gli ambulanti, carichi di mercanzia, divorano con gli occhi viperini le scorciatoie; un frate cercatore, dall’irto pel del capo e della faccia, appoggiandosi alla ceppa di un castagno, scerpato da una saetta, riarsito dai riflessi delle pietre focaie, geme: – Domine salva me, – e si fa il segno della Croce.
Granaiola
– Oggi balla la vecchia, – dice un pastore, alludendo a quell’infuocato tremolìo che si osserva nelle ore più calde del giorno, prodotto dall’irradiazione del sole sui tetti e sugli alberi. Donne di monte, pianigiani, spose fatticce, ambulanti, frati cercatori, pastori, salgono verso l’infuocato Granaiolo, dove oggi si festeggia la Madonna della neve.
Anche sulla più aspra vetta del Rondinaio, che fa civetta da un ordine profondo di colli, non si scorge più un filo di neve. Un gruppo di pellegrini, che si è congregato intorno a un venditore di «Storie», giura che, ai tempi dei tempi, il giorno 5 di agosto, in Granaiolo fece una tal nevicata che non se ne vide mai una uguale nemmeno nel mese di gennaio.
Il venditore di «Storie», d’alta statura, di bel colore vermiglio – quello che danno il vino legittimo e il sole – con una barba apostolica sagginata e il cranio mondo come una zucca frataia, tesse i suoi ragionamenti con la finezza della seta; il bel toscano dei monti, è, qua e là, volutamente inzeppato di verbi anglosassoni e da strizzate d’occhio. Egli trae di seno, caldo bollente, il Libro de la vita dei Santi per ciascun giorno dell’anno, e il Libro dei quaranta, le carte da giuoco e finge confusione:
– L’ho tolte ieri sera ai miei ragazzi, che si dannano, – e soggiunge: – Pazienza i ragazzi, ma ci si dannano gli uomini. Ora, una partitella così per divagarsi, uno scarto di toppa, una passata di zecchinetta, un giro di sette e mezzo reale, è ammessa anche dalla Chiesa, ma non mica passar delle domenicate sane per l’osterie e dannarsi il corpo e l’anima. Ecco, uno sfoglio così all’aperto…. Scommetto, – dice il venditore di «Storie», accennando a uno della comitiva, – che tu guasteresti la festa con uno scozzo di toppa…. Ascolta piuttosto questo libro, che è stato benedetto in Gerusalemme, e che Iddio ti perdoni.
Benchè tutti gli astanti siano stati zitti come tanti muti, egli dice con intonazione fiscale:
– Ora tutti zitti, e chi si muove segna un peccato.
Il rivenditore mette a cavallo, su di un soprosso del naso rincalcato, un paio d’occhiali che dànno lampi ai suoi occhi di lupo, apre il libro della Vita dei Santi e compita fra sè:
– Giugno, luglio, agosto, feste agostane: San Pietro apostolo, San Nicodemo discepolo, – e poi più forte, – Madonna della neve, – e, come quando il diavolo si finse corriere, abbassa il capo verso la terra. Poi legge:
– Santa Maria della neve è la prima chiesa sorta a Roma (dove io andai a piedi come San Pellegrino, mentre voi tutti stavate a dannarvi per l’osterie col maledetto vizio del giuoco, e a me toccò far penitenza anche per le vostre anime). Un nobile romano, cavalier di Cristo come San Bianco, ebbe in sogno una visione, ove Maria, con una nevicata che cadde soltanto in un luogo, gli fè palese ov’Ella desiderava si costruisse il tempio. Questo tempio fu costruito un secolo più tardi e dedicato a Sisto III e a Maria. Ora ognun di voi si rechi con devozione al tempio, e non pensi al giuoco; al caso ci si rivede dopo le funzioni.
– Sì, – hanno risposto i pellegrini, già incantati dall’ambulante.
Seduto su di un grottone del Camaione, a guisa di uno scalpellino che lo riquadri c’è un viandante forestiero che sciangotta ardito ai pellegrini, stizzito come uno che abbia inghiottito una cucchiaiata di minestra bollente. Il viandante sbandiera una fotografia di questa valle, in cui, per la prima volta, dopo venticinque anni, ho potuto vedere il corso del Camaione, oggi occultato da una folta piantata di verdissime acacie.
I pellegrini danno al viandante la direzione di Granaiolo, ma il viandante, da certi gesti, par voglia infoltarsi come un cignalotto. Il viandante indossa una camicia verdona come l’erba già arrivata dal sole; sul viso fiammato spiccano due occhi celesti come il mare, ed è biondo come un albino; porta scarpe d’alpino, e un cappelluccio cenere sgrondato con una bella penna di verdone infissa dentro una coccarda rossa; nel sacco a spalla porta, oltre a indumenti, alcuni libri. Tra lo stupore dei pellegrini il viandante, nel suo idioma, fa molte dimande e mostra loro la carta ed è preso dalla inquietudine che coglie il rabdomante quando è in prossimità di un filo d’acqua.
Orrido di Botri
Le meraviglie adiacenti alla valle dell’inquieto Camaione sono molte. Su alto, l’orrido di Botri, uno dei tanti luoghi a caratteri plutonici in cui si vuole sia stato Dante per descrivere approssimativamente l’Inferno; il Prato fiorito, un meraviglioso giardino salvatico oltre i mille metri d’altezza; la cascata del Tino, la valle della Cesta, il lago Santo, il lago Nero, il lago Scaffaiolo, la grotta di Macereto, descritta dal D’Azeglio nel Niccolò de’ Lapi, sotto Mammiano, e quella della Colombaia sul Memoriante.
Verso quale meraviglia vuole ascendere il viandante quasi stremato di forze?
Il mistero è stato chiarito dal venditore di «Storie» che all’ore fresche è disceso dalle altitudini di Granaiolo; egli che da giovane è stato per tanti anni là per il mondo a vendere statuine di gesso s’è fatto largo ed ha interrogato in lingue diverse il viandante. Dopo l’interrogatorio, il venditore ha intimato il silenzio agli astanti dicendo con certa gravità:
– È un inglese.
Lago Santo – Foto tratta da I bagni di Lucca, Coreglia e Barga di Bonaventura Arnaldo, 1914
Il viandante s’è come ridestato e sorride abbrividito, come quando uno addiaccia il corpo, in acqua fredda, e par che si disseti con le parole che gli proferisce nel suo idioma il venditore di «Storie» col quale stringe subito verace amistà, e si stringono con effusione le mani.
– A questo qui – dice il rivenditore di «Storie» ai pellegrini – gli è successo come a quello che cercava il ciuco e c’era a cavallo.
– E cercava?
– Qui dopo: la valle del Ricovani e la cascata di Shelley, ma già voi di Shelley ne sapete quanto quello che ci cascò dentro; un tempo dovete sapere che i nostri luoghi erano frequentati dai più grandi poeti del mondo.
Il viandante e il rivenditore, lasciando in asso i pellegrini, si sono insieme diretti verso la vicina valle del Ricovani, facendo breve sosta sul colle del Paretaio.
Il Paretaio è una rimescita di vini in cui tutto è verde: le tavole, le panche, gli uccelli entro le gabbie che pendono da tremuli rami di acacia, verdi cangianti i piccioni che tubano, tutta vestita di verde è pure la ragazza che serve, e verdi sono le bibite di chi cerca frescura in questi solleoni. Ma i due viandanti si dissetano con vino rosso, che lacca i loro visi sanguigni.
Sul colle del Paretaio sostava Shelley per dominare tutta la valle della Lima, – linea di pioppi che s’argentano, sotto il venticello fresco – prima di andare a raffreddare il suo corpo efebico nelle cascate del Ricovani inverdite dal vegetar folto di giovani arbusti. Sul colle del Paretaio sostavano Heine, e Byron, e Lamartine, il principe Camillo di Metternich, Vittorio Emanuele Re di Sardegna, Federigo Augusto Re di Sassonia. Allora, sul Paretaio, al posto della rimescita c’era un grande leccio, i cui rami intrecciati ben si convenivano alle fronti dei poeti e dei re. Oggi c’è la taverna, la reggia dei viandanti e degli ambulanti, crisalidi di poeti; entrando, vi è la «frasca», – simbolo, che ivi si smercia vino legittimo, – il lauro dei re della strada.
Su di una parete della taverna c’è un complicatissimo progetto per un monumento a Heine; il poeta, ravvolto in un tabarro nero, sovrasta il colle come uno spettro. I due viandanti osservano lungamente il disegno. L’italiano commenta, per uso di qualcuno che li osserva:
– A noi ce lo faranno di neve agostana.
( Lorenzo Viani, La cascata di Shelley, tratto da “Il cipresso e la vite” )