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Ora pensate a tutte le volte che La Russa ha ordinato un bel bombardamento tattico e noi svolazzavamo in giro con i Tornado, gli F16, addirittura i vecchi F104. Roba che a terra quelli delle contraeree si ammazzavano dalle risate.
Superiorità aerea un corno, caccia ai passerotti al massimo. Così ragionano i ministri della Difesa, non c’è scampo. E’ una generalizzazione, sì, ma la difesa della Difesa si fa così: difendendo l’indifendibile prestigio dei propri apparati militari. Non c’entra niente quella stramba Costituzione che ci dice contrari alla guerra. E nemmeno il talento tutto italiano nell’individuare sempre il carro “più vincitore” al quale aggrapparci. Ne va dell’immagine del nostro Paese, altrochè. E allora si va al mercato e si mettono in carrello 131 F35. Un’operazione di restyling che comincia e finisce lì: i soldi dell’industria bellica debbono girare, e questa cosa ha davvero poco a che fare con la guerra vera e propria. L’Italia ha in realtà investito in un “Joint Strike Fighter”, un programma di costruzione di aerei al fianco di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore e Israele. E una parte degli aerei che compriamo la costruiamo noi, con l’Alenia. Inoltre i tanto decantati 13 miliardi di euro di spesa (perché tale risulta che siano dalla “Nota Aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa per l’anno 2011”) saranno spalmati fino al 2026. Cambia qualcosa? Per l’economia sì, perché non è che rinunciando all’acquisto avremmo immediatamente 13 miliardi da spendere per evitare qualche litro di lacrime e sangue. Ne avremmo, al massimo, un miliardo l’anno.
Non cambia, in ogni caso, tutto il resto: l’idea che l’Italia-quasi-Grecia abbia bisogno in questo momento di Aquile aggiornate, di Nullus Secundus, di tenerci al passo delle trendy war mondiali, fa palesemente ridere. Sono incrostazioni di prassi, modi di fare che da noi non vanno via nemmeno con una buona mano di governo tecnico. Figurarsi se il ministro tecnico della Difesa è l’ex ammiraglio De Paola. Come chiedere ad un parlamentare di tagliarsi lo stipendio. Si fa per ridere.
(Scritto, diretto e interpretato per T-Mag e non dite che non ve l'ho detto)
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