Magazine Diario personale
da www.giannimina-latinoamerica.itL’opposizione cubana è divisa, dominata da personalismi, persone che hanno come principale scopo ottenere denaro da noi più che programmare il dopo-Castro. Se vogliamo rovesciare Cuba rivoluzionaria con questa gente non otterremo nulla e dovremmo piuttosto cercare qualcuno all’interno del governo”. Chi scrive queste sconsolate righe, che qualunque osservatore serio di cose cubane sottoscriverebbe, ma che non troverete mai pubblicate nei grandi media critici rispetto alla Rivoluzione cubana, è il massimo responsabile di cose cubane del governo statunitense, Jonathan D. Farrar, capo della Sezione di interessi statunitensi a L’Avana. Per quanto spiacevole possa essere, Farrar lo ha messo nero su bianco in un rapporto del 15 aprile 2009, reso pubblico da Wikileaks: i dissidenti finanziati da quel governo non rappresentano i cubani.
Non è la prima volta che viene rivelato il doppio discorso del governo degli Stati Uniti rispetto ai dissidenti cubani e la scarsa considerazione che quel governo ha di questi ultimi pur appoggiandoli. Nel 2008 il Congresso degli Stati Uniti ammise che la maggior parte dei fondi destinati all’opposizione cubana non arrivava mai nell’isola ma si incagliava in mille rivoli della comunità residente a Miami. Oggi, grazie a Wikileaks, si dimostra che il governo cubano non ha tutti i torti quando definisce “mercenari” i dissidenti che girano intorno agli uffici diplomatici statunitensi e da questa accettano denaro e che ha, sempre secondo Farrer, gioco facile il governo cubano a infiltrare tali gruppi ed esaltarne le contraddizioni.
Farrar scrive con un certo disprezzo che i dissidenti sono personaggi tra i 50 e i 60, di scarsissimo seguito nell’isola, e di nessuna presa tra i giovani. Più che nel paese sono conosciuti nelle ambasciate e dai corrispondenti della stampa estera, che poi li trasformano in stelle internazionali. Nonostante ciò Farrar consiglia comunque di continuare ad appoggiare personaggi che lui stesso considera di poco o nessun credito. Per Farrar ci sarebbero tra i giovani, soprattutto nell’ambiente artistico e nell’ambiente Internet, focolai di ribellione e critica al sistema ma tali ambienti, lascia capire tra le righe il diplomatico, da una parte sono controllati e dall’altra non si prestano alle infiltrazioni.
Quello che Wikileaks rivela è che i dissidenti ufficialmente vengono appoggiati, consigliati, coccolati, finanziati con milioni di dollari e ne viene sapientemente costruita l’immagine internazionale di eroi impavidi nella lotta per la democrazia. Ufficiosamente però il punto di vista di chi nel governo degli Stati Uniti i dissidenti cubani contatta, conosce, seleziona e finanzia non si discosta dal punto di vista del governo cubano e di saggi come “Los disidentes” di Rosa Miriam Elizalde. Le rivelazioni di quel saggio, che si basavano sulle testimonianze degli infiltrati dei servizi cubani tra i dissidenti stessi, furono bollate per anni come calunnie di regime. Adesso sappiamo che non solo non erano tali ma che il punto di vista di quel libro, sostanzialmente la visione ufficiale del governo cubano sul tema spinoso dell’opposizione, coincide strettamente con quanto dei dissidenti pensano quelli che li manovrano dalla Sezione d’Interessi del governo statunitense sul Malecón dell’Avana.
Wikileaks insomma sta rimettendo le cose a posto tra realtà e vulgata propagandata dal sistema mediatico mainstream. I documenti diffusi finora hanno confermato che gli Stati Uniti hanno attivamente lavorato per demonizzare la figura del presidente venezuelano Hugo Chávez ben oltre suoi eventuali demeriti. Inoltre quello stesso governo che sosteneva pubblicamente che in Honduras non ci fosse mai stato un golpe, in privato ammetteva che quello che appoggiava era un governo golpista. Adesso arrivano queste tristi rivelazioni sui dissidenti cubani che denudano le menzogne del governo statunitense e dei media mainstream. Non ci stupisce che entrambi trattino Wikileaks come fosse Al Qaeda.
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