Uncle Boonmee
Uncle Bonmee ricorda le sue vite passate è un omaggio alla mia casa e ad un tipo di cinema con il quale sono cresciuto.
Credo nella trasmigrazione delle anime tra gli esseri umani, piante, animali, spiriti. La storia dello zio Bonmee mostra la relazione tra gli esseri umani e gli animali e allo stesso tempo rompe la barriera che li separa. Quando il cine rappresenta i fatti, questi si convertono in ricordi condivisi con il cast, sia tecnico che artistico, ed il pubblico. Una nuovo strato – simulato – di ricordi si aggiunge attraverso l’esperienza dello spettatore. Da questo punto di vista, la realizzazione cinematografica non è molto diversa dalla creazione sintetica di vite passate. Mi interessa esplorare le budella di questa nuova macchina del tempo. Potranno esistere alcune forze misteriose che aspettano di essere rivelate così come certe cose che chiamavamo magia nera si sono dimostrate fatti scientificamente provati. Per me, fare cinema continua ad essere una fonte dalla quale non siamo ancora riusciti a tirar fuori tutta la sua energia, così come ancora non siamo riusciti a spiegare dettagliatamente tutti i meccanismi interni della mente. Inoltre, mi sono interessato ai processi di distruzione ed estinzione delle culture e delle specie. Negli ultimi anni, in Tailandia, il nazionalismo, alimentato dai colpi di stato, ha prodotto uno scontro di ideologie. Ora esiste un organismo statale che attua come una specie di polizia morale che proibisce le attività “improprie” e distrugge il loro contenuto. È impossibile non relazionare la storia dello zio Boonmee e le sue credenze con questo accadimento. È il simbolo di qualcosa che sta per sparire, qualcosa di corrosivo, come il cinema, il teatro e la forma di interpretare della vecchia scuola, che non hanno posto nel nostro mondo attuale.
Cos’ha di speciale per lei il nordest della Tailandia? A cosa si è ispirato per fare questo film?
Quaranta anni fa, quando vivevo nel nordeste, conobbi lo zio Boonmee. Un abate di un monastero vicino casa mia mi disse che c’era un anziano che era arrivato per apprendere meditazione. Un giorno, quest’uomo, Boonmee, gli disse che mentre era immerso nella meditazione, riuscì a vedere le sue vite anteriori scorrere attraverso i suoi occhi come se fossero un film. Vide se stesso sedersi come un bufalo, come una vacca, addirittura come uno spirito incorporeo che vagava per le pianure del nordeste. L’abate rimase impressionato ma non sorpreso, perché Boonmee non era la prima persona che gli riportava queste esperienze. Iniziò a raccogliere storie degli abitanti del paese che gli avevano raccontato le loro storie passate. Più tardi, pubblicò un piccolo libro. In copertina si poteva leggere: A Man Who Can Recall His Past Lives. Disgraziatamente, quando incrociai questo libro, Boonmee era morto già da diversi anni.
Ancora una volta, ha scelto di lavorare con i suoi attori abituali e con due attori dilettanti. Come ha scelto gli attori? Sono tutti del nordest tailandese?
Tutti tranne Tong. Lui è l’unico che non parla il dialetto del nordest. Per me, Boonmee è una persona anonima. Per questo, non potevo utilizzare attori professionisti, visto che questi hanno molte identità che la gente già conosce. Credo che utilizzare attori dilettanti è molto utile quando lavori con uno stile di interpretazione legato alla vecchia scuola. Così, ho scelto persone di ogni tipo. Bonomie e Huay alla fine sono stati interpretati da un sarto e da una cantante.
Anche se il titolo del film da riferimento alle vite passate dello zio Boonmee, lei non parla mai di queste, né descrive come sono.
Originariamente, la sceneggiatura era più esplicita e spiegava quali fossero le vite passate e quali no. Senza dubbio, nel film ho scelto di rispettare l’immaginazione dello spettatore. Certo, vedendola puoi intendere che sia stato un bufalo o una principessa. Però, per me, potrebbe essere qualsiasi essere vivente del film: gli insetti, le api, il soldato, il pesce gatto e via dicendo. Perfino lo spirito di suo figlio o quello della sua sposa. In questo modo, il film rinforza un’associazione speciale tra il cinema e la reincarnazione. Il cinema è il mezzo che l’uomo possiede per creare universi alternativi, altre vite.
Ha dichiarato che il film è un omaggio ad in certo tipo di cinema, il cinema della sua giovinezza. Che tipo di cinema aveva in mente? Il cinema tailandese?
Sono così vecchio che posso ricordarmi le serie televisive girate in 16 mm. Si realizzavano in studi con una illuminazione intensa e diretta. I dialoghi erano sussurati ali attori, che li ripetevano meccanicamente. I mostri erano sempre nell’oscurità per nascondere i loro travestimenti da due soldi. Ebbi l’opportunità di vedere film horror solo più tardi, quando già facevo cinema. Riconosco anche l’influenza dei fumetti tailandesi. I soggetti non erano complicati – gli spiriti erano sempre sullo sfondo. Ancora oggi è così.
Il film ha cambi evidenti di toni e di stili: a volte è quasi comico ed ironico, altre volte serio ed emozionante.
Mi piace che i miei film funzionino come un monologo interiore, che oscillino tra un ricordo e l’altro. Credo che sia importante accentuare questo processo quando alla radice del film c’è la reincarnazione, ci sono gli spiriti erranti.
Scheda del film
Regia:Apichatpong Weerasethakul
Sceneggiatura:Apichatpong Weerasethakul
Cast: Sakda Kaewbuadee, Matthieu Ly, Vien Pimde
Fotografia: Yukontorn Mingmongkon, Sayombhu Mukdeeprom
Montaggio: Lee Chatametikool
Genere:Comeddia, Fantasy
Trailer
Lost in translation: intervista a Apichatpong Weerasthakul, regista del film Uncle Boonmee