Lost in Yamato
INTRODUZIONE
Era il lontano 2007 quando armato di passaporto fresco di stampa, biglietto aereo e una stampata della prenotazione di un ryokan (specie di alberghetto tipico a conduzione familiare) a Shibuya (Tokyo) partì verso la lontana Yamato, terra del sol levate.
Tutti mi dissero che ero fuori di testa, amici, conoscenti, parenti, agenti di viaggio, a chiunque raccontassi del mio viaggio la reazione era la stessa “ma vai da solo!? In Giappone!? Ma ti sei impazzito!? Morirai di inedia, stenti, non riuscirai neppure a raggiungere l’albergo, li non sanno l’inglese, li non si capisce nulla, non riuscirai a mangiare, dormire, muoverti, camminare, respirare, parlare ecc…”
E invece riuscii a raggiungere Tokyo dall’aereoporto, l’albergo dalla stazione di Shibuya, a mangiare, dormire, interagire, conoscere persone, viaggiare in Tokyo e fuori Tokyo e addirittura a ritornare bello pasciuto strapieno di ricordi della terra che dal primo istante in cui posai i piedi sul sacro suolo di Edo sentii in maniera netta e incontrovertibile come casa.
A quei tempi non esistevano gli smartphone, netbook, tablet ecc… il mio Nokia N70 manco prendeva in Giappone, telefonavo con le tessere dalle numerose cabine telefoniche di cui tutt’oggi cui è zeppo il Giappone (incredibile vero?). Per navigare mi feci una tessera in uno dei numerosi Cybercafè di Tokyo, e divenni di casa, li leggevo e spedivo mail e guardavo le previsioni meteo.
Era un’era analogica, un’era che pare impossibile ora, ripensandoci come cacchio ho fatto a fare tutto quello che ho fatto senza perdermi mai una volta per l’incredibile rete metropolitana di Tokyo, con stazioni, per esempio quella di Shinjuku da 56 uscite per 5 piani che movimenta 2 milioni di persone ogni santo giorno, senza mangiare nulla che non fosse buonissimo, a raggiungere mete lontane e ritornare come un’abitante di Tokyo.
Mi sono ammalato, mi sono preso il “MaldelGiappone”, una sindrome irreversibile che mi ha cambiato intimamente, ha modificato il mio approccio alle cose, alla vita, ha mutato la mia visione del tutto.
Ora non concepisco meta che non sia “casa”, che non sia Yamato, tutto il resto mi sembra così… così… banale, lo so che è la sindrome e so che oramai sarò per sempre “Lost in Yamato”
Quello che leggerete sono i resoconti puntuali, giorno per giorno dei miei viaggi del 2009, 2011 e 2013 dove oltre Tokyo mi sono spinto a visitare tre quarti del Giappone, lasciati così come gli ho scritti in quelle epiche giornate, pubblicati in blocchi tematici ogni due e tre giorni, come una buona serie anime, va gustato a puntate!
Spero con tutto il cuore di riuscire a trasmettere un decimo del mio amore per la terra delle quattro isole perfette e spero vivamente di attaccare anche a voi un pochino del “MaldelGiappone” tanto da spingervi ad andare, così senza guida, senza agenzia, all’avventura poiché presto leggerete che il Giappone è forse l’unica meta al mondo dove ogni preoccupazione è sostituita dal piacere della scoperta continua di infinite meraviglie!
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