Love and Rockets turns 30
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I tre fratelli Hernandez partorirono la loro creatura, Love and Rockets, ormai trenta anni fa, in un luogo e un periodo quanto mai fertili per la cultura indipendente.
Gli inizi degli anni 80 furono per Los Angeles un ruggente periodo di ribellione culturale giovanile.
Ma perché iniziare parlando di musica e cultura punk introducendo un fumetto storico e così di per sé famoso? Perché la nascita dell’opera dei Los Bros Hernandez non può trascendere dal substrato culturale del periodo in cui è nata, e soprattutto non può trascendere dal movimento punk e hardcore. Si tratta di una relazione che l’intera opera trasuda a più livelli, sia tematici che grafici.
Jaime Hernandez racconta nelle sue prime storie la vita di un gruppo di giovani sbandati, ai margini della società; storia in cui a fare da collante c’è la vita notturna nella Los Angeles underground, in concerti dentro locali lerci e pieni di poster e graffiti, mai inseriti o rappresentati a caso, tra rimandi a band reali e band immaginarie. Era la Los Angeles dell’impeto dei Black Flag, della trasgressione di Germs e Circle Jerks.
Jaime Hernandez
Jaime era completamente addentro alla vita di quella città e nelle foto dell’epoca somiglia perfettamente ai suoi personaggi, anche perché ciò che raccontava, con storie che univano quotidianità, fantastico e surreale, era ciò che davvero conosceva e viveva. La sua abilità è sempre stata quella di creare personaggi con sentimenti e un background dall’incredibile realismo, caratterizzati senza presunzione o banalità. Hopey, Maggie e tutte le loro amiche vivono una vita che lui conosceva bene, anche se vivacizzata da inserimenti insoliti – probabilmente discutibili per la loro sporadicità in un contesto realistico – ma di sicura suggestione: un personaggio con le corna, i razzi, ecc. Le sue tavole poi mostravano ciò che lui vedeva intorno a sé quotidianamente, sia negli sfondi e le ambientazioni, sia tecnicamente; trasudavano la spontaneità delle tipiche locandine di concerti punk dell’epoca.
Le protagoniste di Jaime, come del resto quelle del fratello, sono donne forti, che fanno il meccanico come Maggie, o si battono nella lotta tradizionale messicano, e vengono rincorse e adorate da figure maschili che spesso restano nell’ombra (memorabile in questo senso il breve racconto Una serata con Hopey, dal secondo volume dell’edizione italiana). Lo stile di Jaime si contraddistingue per scene e vignette rappresentate con angolazioni inusuali e imprevedibili, frutto della passione per Raymond Pettibon, l’artista californiano autore di una miriade di poster, storiche copertine di dischi (Black Flag e Sonic Youth solo per citare le più celebri) e vignette dalla violenza grafica e cinismo unici. I suoi profili sono una chiara ispirazione per Jaime, che arricchisce le prospettive dinamiche di Pettibon con neri densi e fitti.
Il retro della copertina del primo EP dei Black Flag
Un esempio chiaro è la copertina del primo numero di Love & Rockets, che a detta dello stesso Jaime è dichiaratamente ispirata al retro del primo singolo dei Black Flag, Nervous Breakdown.
Jaime unisce questa irriverente attitudine puramente punk volta alla sperimentazione a una meticolosità che coglie l’esempio di maestri del passato come Alex Toth, sopra a tutti (l’autore è fondamentale per l’utilizzo dei neri di Jaime), o Alex Raymond – anche se mai quanto il fratello – attingendo sempre da una grande passione per tutto ciò che è pop, dai giornaletti pulp, i romance comics con quei volti pieni di pathos e quelle pose plastiche che Jaime ripropone prive della finzione dal gusto cinematografico.
Cinema, cultura pop e popolare, più una buona dose di vera e propria tradizione, sono gli ingredienti base del calderone dentro il quale bollono la miriade di personaggi che partecipano alle storie firmate da Gilbert. Il ciclo iniziale, La zuppa dei cuori infranti, nel quale i personaggi vengono presentati nel piccolo villaggio rurale immaginario di Palomar, nell’America latina, si evolve poi in un vero e proprio racconto generazionale che segue i loro spostamenti.
Palomar è un vero e proprio micromondo dove tutto succede con grande partecipazione ed enfasi, ogni personaggio è carismatico e le azioni paradigmatiche, talvolta quasi paradossali, come le grandi tette di Luba.
Luba di Gilbert Hernandez
Tutto nelle storie di Gilbert ha un gusto psicologicamente nostalgico, una voglia di affermare le origini quasi morbosa. Come le grosse, ingombranti figure femminili di Palomar, che si riproducono in abbondanza e governano il villaggio (Luba e Chelo sono rispettivamente sindaco e sceriffo), o come il suo modo di rappresentare le scene di sesso e il nudo, sempre con scene brusche, come con gli occhi di un bambino che osserva di nascosto e rimane shockato dalla brutalità di un atto che non comprende.
Ma, nel contesto generale, si avverte la costante fascinazione per per ciò che nell’America degli anni 60/70 era una contaminazione tra pop e underground. I giornaletti pulp e il loro sguardo perverso si fondono allo stile e la grazie dell’esempio di autori come Hal Foster o Burne Hogarth per la plasticità delle figure umane, o addirittura Dan DeCarlo (entrato nella storia dei comics per le sue caratterizzazione dei personaggi di Archie) per il gusto pop naif delle figure.
La sua saga è quella che ha avuto più diramazioni e sfaccettature, e come in tutte le saghe più ampie, uno dei segreti di successo e longevità è proprio la coralità che la contraddistingue, l’obiettivo aperto su un ampio spettro di personaggi intrecciati tra loro, ma di volta in volta impegnati in avventure in solo.
La serie regolare ha generato anche tre singoli volumi spin off che rappresentano i b-movie interpretati da uno dei suoi personaggi, Fritz. Lì Gilbert mostra palesemente la sua fascinazione per il cinema di serie b e soprattutto per l’iconografia legata a un grande come Russ Meyer, una certa visione del sesso, la figura preponderante delle donne sia fisica, con la fissazione per i seni prorompenti, sia nell’importanza e nella forza ruolo femminile.
Gilbert
Avevamo parlato inizialmente di tre fratelli. Ci sarebbe anche Mario, ma quest’ultimo ha collaborato solo saltuariamente a quell’imponente opera che è Love and Rockets. Pubblicò inizialmente qualche storia e in seguito si è prestato a sporadiche collaborazioni con i fratelli. Il suo approccio era indiscutibilmente meno personale e carismatico rispetto al loro che, seppur diversi per stile e approccio, mantenevano sin dall’inizio un comune e fondamentale equilibrio tra personale innovazione e attento sguardo al passato.
Dal 1982 cominciò insomma una vera e propria nuova rivoluzione nel mondo del fumetto. Prima c’era stato Robert Crumb e il suo gruppo di Zap Comics sul finire dei ruggenti 60, forse in anticipo sui tempi per la vera e propria industria del fumetto, uno scardinamento di certe fondamenta talmente brusco che non trovò terreno fertile per prosperare immediatamente.
Jaime e il suo utiliizzo dei neri. Dai una delle prime uscite.
Quando invece arrivarono sulla scena Los Bros Hernandez era accaduto qualcosa di altrettanto fondamentale per il fumetto statunitense, era nata la più indipendente delle case editrici, la Fantagraphics Books di Seattle. Love and Rockets fu quel che davvero serviva loro per decollare, così come Fantagraphics lo fu per Love and Rockets.
Nacque una partnership perfetta che tuttora continua ininterrotta, dimostrando la vera attitudine rimasta pura nel corso degli anni. Punk, di quelli veri, fino all’osso – il do it yourself. Se nella musica negli anni 80 ci fu l’etichetta SST Records che dette alla luce i primi e più grandi esperimenti di rock indipendente, nel fumetto ci fu Fantagaphics, con la sola differenza che la casa di Seattle non ha mai cessato la propria attività nonostante qualche vacillamento.
Mai svendersi a major o progetti collaterali che non fossero davvero condivisi e in linea con lo spirito del progetto, e poche le escursioni fuori dal recinto dell’editoria indipendente.
Love and Rockets fu un ispirazione per molti, non solo dal punto di vista grafico – che di meriti ne ha innumerevoli – ma anche in senso prettamente filosofico, spronando all’attività tutta una generazione di artisti dei comics indipendenti e non solo.
OMAGGI
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