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Luca Vullo, ideatore di INFLUX. Un italiano a Londra
Creato il 05 gennaio 2015 da Oggialcinemanet @oggialcinema
Faccia a faccia con il regista Luca Vullo, ideatore di INFLUX; il documentario che racconta la multisfaccettata realtà degli italiani in UK.
Ciao a tutti i lettori di Oggi al Cinema. Sono Luca Vullo, un autore, regista e producer cinematografico 50% siculo 50% calabrese, decisamente terrone e fiero di esserlo. Ho realizzato diversi documentari e cortometraggi con un taglio socio-antropologico su tematiche diverse che analizzano il popolo italiano, le tradizioni e la cultura italiana. Mi occupo da diversi anni di Media Education all’interno di scuole, università, cooperative sociali e istituti penali. Proprietario della Ondemotive Productions lavoro anche nell’ambito dell’advertising realizzando spot e videoclip musicali.Io inizialmente sono arrivato a Londra per una relazione d’amore e anche per necessità di scappare dal sistema Italia. Poi è iniziata l’avventura lavorativa con “La Voce del Corpo”. Infatti dal 2011 porto avanti un tour internazionale di successo con proiezioni del mio documentario “La Voce del Corpo” sulla gestualità siciliana abbinate a workshop interattivi sulla comunicazione non verbale italiana presso le università di diversi paesi: Regno Unito, Australia, USA, Norvegia, Germania, Danimarca, Belgio, Spagna etc. Ho lavorato anche come esperto di Body Language Italiano per la produzione 2013 di Pirandello ‘Liolà’ al National Theatre (regia di Richard Eyre). Il ponte con l’Italia lo mantengo, ma ogni volta che torno sento quel peso che cercava di conformarmi e schiacciarmi.Da quale esigenza nasce il tuo progetto e quale messaggio racchiude?
Ho sempre avuto una particolare attenzione per l’emigrazione. Un esempio concreto è il documentario “DALLO ZOLFO AL CARBONE” sull’emigrazione di moltissimi italiani in Belgio per lavorare nelle miniere di carbone dopo il patto Italo-Belga del 1946. Sarà la prima puntata sull’emigrazione che intendevo proseguire con l’analisi in altri paesi. Adesso sono anche io un emigrato a tutti gli effetti e mi sono reso conto che faccio parte di un’emigrazione di massa contemporanea che ha sfaccettature molto interessanti e variegate, quindi è così che nasce l’idea del documentario INFLUX.Ho chiacchierato con persone molto diverse, e confrontarmi con loro ed ascoltare le loro storie, alcune di successo, altre drammatiche, altre di speranza; mi ha permesso di avere uno spaccato profondo e quanto mai variegato della realtà degli italiani in UK. Difficile raccontarci, siamo tantissimi, profondamente diversi tra noi, eppure, quello che emerge dal film è un quadro in cui ogni pezzo di testimonianza costruisce il patchwork dell’essere italiano, visto attraverso questa città che ci fa da specchio.Questa non è una fuga di cervelli o quant’altro, è una fuga di persone, di qualsiasi età, gente di sessanta anni, professionisti, che si iscrivono all’AIRE, moltissimi cambiano subito residenza, appena arrivano, quindi vengono per restare. Liberi professionisti che schiacciati dalle tasse si reinventano, lavorando a Borough Market a sessant’anni.Punti di forza e di debolezza degli italiani che mettono radici a Londra?
Si va incontro, con l’emigrazione, ad un processo di auto-analisi che rischia di destabilizzare enormemente chi non si conosce. Attraverso la psicologa Daniela Fanelli, intervistata per il documentario, i cui casi sono per la maggior parte italiani dai 20 ai 40 anni emigrati a Londra, così come dalle testimonianze del Console Generale Massimiliano Mazzanti e di chi è coinvolto in “Primo Approdo”, emerge un quadro preoccupante di questa nuova migrazione. Oltre a chi arriva con già un lavoro, o un buon livello di inglese; c’è una vasta schiera di giovani che arrivano senza un progetto definito, con scarsa o nulla conoscenza della lingua, e impreparati a scontrarsi una città come Londra.Molte persone che vengono qui non si conoscono, non sanno cosa vogliono, non sanno cosa vogliono fare, non hanno fatto scelte liberamente. L’emigrazione in generale fa questo effetto ci si conosce. Il problema è l’educazione e la formazione in generale, che non aiuta a fare scelte liberamente. Farcela a Londra è una battaglia con se stessi e con il resto del mondo. Ma chiaramente c’è molta gente che qui con le proprie attitudini ce la fa, e anche chi cerca di aiutare gli altri a farcela. Noi abbiamo intervistato Antonio Berardi, i giornalisti Barbara Serra, Stefano Tura, Simonetta Agnello Hornby, chef come Francesco Mazzei, cantanti come Marcella Puppini, imprenditori come Jo Ricotta, Riccardo Zacconi l’ideatore di Cand Crush, Tony mascolo di ‘Tony and Guy’ (businessmen che ha venti compagnie (es. Nonna’s Kitchen)), Padre Carmelo della chiesa Italiana.Come vedi l’Italia attraverso il tuo osservatorio dall’estero?
L’Italia è fantastica quando non ci vivi! dice Vialli nella mia intervista e francamente sono d’accordo con lui. Un paese meraviglioso che forma talenti e cervelli incredibili ma allo stesso tempo un paese che sta molto male e soffre facendo soffrire molti dei suoi abitanti, facendoli letteralmente scappare.Cosa manca a Londra per essere percepita da un italiano come la sua “casa”?
Londra secondo me adesso è davvero molto italiana. Senti parlare italiano ovunque, trovi il nostro cibo dappertutto e si sente la nostra presenza e il nostro tocco, questo ti da l’idea di essere nel nostro paese a parte il clima, la comodità e facilità degli spostamenti e i prezzi.I tuoi progetti professionali futuri (e cosa farò da grande e sogno nel cassetto).
Sarò impegnato a diffondere Influx in tutto il mondo, realizzerò il mio primo film di fiction, e continuerò i miei tour di workshop sulla gestualità italiana in diversi paesi ma chiaramente ci sono delle sorprese….da Londra, Katya Marletta per Oggi al Cinema.net
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