Io, come molti italiani, durante le ferie ho letto diversi libri. Tra i libri che ho letto quest’anno c’è “Io ci sono: La mia storia di non amore” scritto da Lucia Annibali con Giusi Fasano. Di Lucia Annibali sapevo quello che avevo letto su Corriere.it e sentito dai telegiornali, sapevo che era stata sfregiata con l’acido dal suo ex, sapevo che si era salvata e che aveva dimostrato una grossa forza e sapevo che finalmente, per una volta, la giustizia italiana aveva fatto il suo dovere e l’ex in questione era in carcere. Tuttavia c’era qualcosa nella storia di Lucia che m’incuriosiva e mi ha spinto a volerne sapere di più e meglio, perché leggendo gli articoli la stima nei confronti di questa ragazza era nata in maniera piuttosto spontanea ma volevo approfondire la conoscenza perché la sua forza potesse diventare anche la mia, nell’affrontare i dolori, le tragedie e le disgrazie della vita. L’occasione è nata quando un giorno, scorrendo i feed di Instagram, ho notato che una nota società di pr aveva pubblicato la foto di un articolo comparso su Porter Magazine, la rivista di Net a Porter quindi una specie di nuova versione di Vogue, su Lucia Annibali. Nella foto Lucia era bellissima e ho trovato quel pensiero rassicurante e strano allo stesso tempo. Lucia E’ bellissima.
Ho manifestato la mia felicità di vedere raccontata la sua storia sui giornali stranieri su Twitter senza nemmeno prima controllare se Lucia avesse, in effetti, un account Twitter per taggarla. Nel giro di poco Lucia aveva salvato tra i preferiti il mio tweet e ho provato quella strana sensazione che si prova quando su Twitter ti relazioni con qualcuno di “famoso”: Lucia era reale e aveva letto quello che avevo scritto. Nel giro di poco, attraverso i DM, le ho detto che avrei letto il suo libro in vacanza e lei mi ha risposto sempre gentilissima e cordiale.
Ho letto il suo libro in circa due giorni, senza alzare quasi mai la testa dal Kindle, completamente assorta nel racconto, immersa nella storia al punto che non riuscivo a fare a meno di parlarne, scatenando la curiosità anche del mio ragazzo che voleva saperne sempre di più.
Il libro è scritto magistralmente da Lucia insieme alla giornalista del Corriere Giusi Fasano che suppongo sia la stessa alla quale Lucia ha concesso la prima intervista dopo l’agguato. Il libro di Lucia va letto, non solo per conoscere meglio com’è andata la storia ma anche e soprattutto perché tutte noi avremmo potuto essere Lucia. A mano a mano che leggevo non potevo non sentirmi sempre più empaticamente vicina alla mia omonima: più leggevo e più sentivo che, dio mio, avevamo tantissime cose in comune e questo non poteva che rendermela sempre più simpatica, sempre più vicina al cuore come se fosse una cara amica, un’amica alla quale hanno fatto del male e che vuoi solo abbracciare.
Tutte noi potremmo essere Lucia e non lo dico perché noi potremmo avere a che fare con un farabutto come quel Luca Varani, ma per com’è andata la storia tra loro due. Simile a mille altre storie che tutte noi abbiamo sentito o vissuto. Lucia descrive perfettamente la genesi della loro storia: la maniera in cui un tizio che prima a pelle ti sta incredibilmente sulle palle per la sua spocchia e la sua arroganza, che diventa poi magicamente affascinante e misterioso, con lo sguardo un po’ da bastardo che ci piace tanto. Come ci si ritrova poi a parlare per ore, come ci si ritrova a fare l’amore dove capita, quella fame di vedersi di continuo, quella voglia tutta femminile di vivere momenti d’intimità famigliare come preparargli la cena e addormentarti sul divano accanto a lui. La storia tra loro degenera, era una storia clandestina, dettaglio che ha reso le indagini (prima dell’incidente) più complesse, non comparendo Lucia da nessuna parte se non sui tabulati telefonici. Ma non voglio negarvi il piacere della lettura, purtroppo non è –solo- un bel romanzo ma la storia vera di Lucia. Quel libro va letto e va regalato a tutte le donne, a tutte le ragazzine, a tutti gli uomini. Andrebbe letto a scuola ad alta voce, andrebbe discusso in classe perché le ragazze capiscano come salvarsi, perché gli uomini capiscano cosa non devono diventare, cosa è sbagliato, cosa genera il loro odio e la loro incapacità di sentirsi rifiutati.
Tanto quanto credevo, e credo tuttora, che serva la maniera in vita, di capire e metabolizzare la morte a tutte le età, credo ora che sia quanto meno necessario far capire cosa è amore e cosa non lo è. Bisogna fornire gli strumenti ai giovani uomini di metabolizzare il rifiuto, di elevare il concetto di donna e compagna, di far comprendere che avere la fidanzata non significa detenerne il possesso e poterne disporre in qualsiasi momento e a qualsiasi condizione. Lucia ha pensato di potercela fare da sola e non ne ha parlato immediatamente con la sua famiglia e come biasimarla? Dio solo sa quante volte ho taciuto cose a mia madre solo per non sentirla piangere al telefono. Per fortuna aveva le amiche, una formidabile rete di amiche che non l’ha lasciata mai sola.
Lucia comunque ha dimostrato una forza titanica dal letto di quell’ospedale di Parma dal quale rimette in ordine i ricordi della storia con Luca come un Excell, per prepararsi alla prima deposizione con le Autorità.Lucia ha una lucidità anche nei momenti di peggior dolore che lascia senza parole tutti, anche a chi dal carcere deve pensare alla propria versione dei fatti. Il libro racconta tutto, da come si sono conosciuti a come si è concluso il processo passando attraverso l’agguato a casa sua ad aprile 2013 e il lungo, lunghissimo periodo di cure, interventi e recupero presso il Reparto Ustionati dell’Ospedale di Parma. Più leggevo il libro e più mi rendevo conto che Lucia poteva essere amica mia anche e soprattutto per tutte le cose in comune che continuavano ad emergere: è della Vergine, ama tenersi in forma in palestra, è una fissata paranoica dei suoi capelli e ama la moda. In pratica era già una mia BFF. Il suo libro riesce a farti sentire empaticamente vicina a lei a prescindere dal fatto che un evento del genere non capiti a chiunque. La sua maniera di reagire al dolore (fisico ma anche psicologico) aiuta me ad affrontare il mio [“Perché chi convive con un grande dolore, o lo supera, ha bisogno di guardare avanti, di sorrisi, di progetti, di gioia. Nell’aria che respira ci dev’essere un po’ di tutto questo”], per una perdita della quale non mi darò mai pace, ma con la quale mi ritrovo faccia a faccia tutti i giorni. La sua forza è un ispirazione per ogni fallimento, per ogni dolore, per ogni volta che credo di avere una brutta giornata perché, vai a sapere, magari ho 1 kg di troppo sulla bilancia. Lucia è bellissima e non lo dico perché voglio essere paracula ma perché Lucia è effettivamente bellissima.
Non si è mai lasciata andare, mai. Ha tenuto botta senza mai perdere il controllo, senza mai guardarsi indietro [“Amo il mio viso più di quanto lo amassi quand’era perfetto, lo amo perché mi sono sudata ogni piccolo, piccolissimo passo in avanti per vederlo migliorare. La mia faccia oggi è il frutto della mia fatica e della mia tenacia”]. Ha pianto, dice che ha pianto molto in ospedale (ovviamente) e penso che io, al suo posto, starei ancora a guardarmi sul pc le foto della mia vita di prima. Forse starei ancora a guardare che forma avevano i miei occhi prima, com’era la mia pelle del viso prima. Lei ha guardato avanti, si è messa d’impegno con le cure e adesso è più bella di prima.
Nel mio piccolo, nel piccolo della mia disgrazia famigliare, in questi anni ho cercato la maniera di darmi una spiegazione. E la spiegazione che mi sono data è che tutto accade per una ragione. Non voglio vederci una morale cattolica dietro gli eventi più o meno felici, da Vergine fino al midollo quale sono, devo trovare una ragione a tutto e alla fine una ragione a tutto c’è. Magari all’inizio non è chiara, ma poi emerge. Lucia di certo non si meritava di soffrire così tanto ma è successo e la sua storia ora serve a tutti: serve a dare la forza alle donne che vivono la stessa situazione di denunciare, serve a chi sta soffrendo fisicamente a capire come estraniarsi dal dolore e a immaginare un prato e un cielo sereno quando la morfina non è più abbastanza, serve agli uomini per capire che le donne non sono oggetti di proprietà e che peggio di sfregiare la tua ex c’è solo dover passare la tua vita in carcere tutti i giorni pensando all’enorme errore che hai fatto, credendo di rovinare la vita a qualcuno quando alla fine l’hai rovinata solo a te stesso, serve a ridimensionare i drammi quotidiani, serve a guardare in prospettiva la tua vita.
“Lucia” significa “luminosa, splendente” e a me sembra davvero palese come il suo nome spieghi davvero tutto di lei: Lucia con la sua storia terribile e dolorosa d’ora in poi porterà la luce ovunque andrà, lei e la sua forza rappresentano la luce che serve alle donne che stanno passando lo stesso inferno per uscirne, per far capire che c’è una via d’uscita anche quando sembra che non ci sia più, anche quando ti senti in trappola.
Non serve l'occasione giusta per regalare questo libro, non aspettate Natale. Regalatelo e basta, a tutti.
Vi lascio con il discorso che ha tenuto Lucia a Parma lo scorso novembre in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, di fronte alle autorità locali, ai club femminili della città ma soprattutto ai ragazzi delle scuole superiori:
Siamo chiamati a scegliere che tipo di persone vogliamo essere. E sarebbe bello se, in questo momento di follia collettiva, voi ragazzi sceglieste di fare la differenza, di essere originali. Di essere gentili, affettuosi, amorevoli verso le vostre compagne, e viceversa. A voi ragazze auguro inoltre di scegliere innanzitutto il rispetto di voi stesse e del vostro corpo, di non annullarvi mai, di coltivare e proteggere la vostra dignità, di non fare mai niente che sia contro la vostra volontà o il vostro sentire, di essere libere di essere voi stesse, di mettervi sempre al centro , di non permettere a nessuno di convincervi che ci sia qualcosa che non va in voi. Perché la vita è troppo preziosa per passarla a essere infelici, e il tempo trascorso a permettere a qualcuno di ferirci non torna. Spero che farete questa scelta innanzitutto per la vostra felicità e poi anche per me, per chi soffre o per chi ha sofferto, per farci sperare che le cose un domani saranno davvero diverse. C’è una frase che mi aveva colpito in passato: il comportamento non mente mai, cioè il modo in cui ci comportiamo rivela chi siamo. Fate sì che il vostro comportamento dica che siete brave persone, capaci di provare empatia e generosità verso chi vi sta accanto. Io ringrazio il mio volto ferito, che oggi mi dà la forza e la possibilità di condividere con voi questi miei pensieri. Perché il mio volto ferito mi ha insegnato ad avere fiducia in me stessa, mi ha fatto fare quel salto verso la donna che desideravo diventare. Oggi io mi sento padrona di me stessa, della mia vita, dei miei pensieri, del mio sentire, del mio corpo. Oggi ho un progetto, il mio viso è il mio progetto, dal quale ripartire per far sì che la mia vita da ora in poi sia una vita felice, vissuta in sintonia con me stessa. Il mio viso parla di me, del mio dolore, della mia fatica, della mia forza di volontà, della mia speranza, della mia gioia. Il mio viso oggi sono veramente io. Così la mia diversità non è affatto un limite per me, ma anzi è una grande opportunità di crescita e miglioramento. Per questo non mi sento in credito con la vita, ma anzi sono molto grata alla vita per avermi dato questa seconda meravigliosa possibilità.