Quel Besson incapace di non farsi attrarre dalle sirene adrenalinico-fumettistiche è tornato e l’esibizione di un personaggio femminile coinvolto in un’esperienza che ne muta profondamente l’esistenza è il manifesto del suo cinema. Convincente nelle scene d’azione e meno quando sbrodola sulla consapevolezza umana e la conoscenza, Lucy è un ammodernamento di Nikita, una donna letale e sola contro tutti.
Lucy studia a Taiwan e viene costretta da un amico a consegnare una valigetta (dal contenuto misterioso) al boss coreano Mr. Jang. Dopo averne verificato il contenuto, il boss sequestra Lucy e le fa inserire nel corpo dei pacchetti di una sostanza psicotica di cui è passiva trasportatrice. Tuttavia un pacchetto si rompe e viene assorbito dal suo corpo.
Lucy convince parzialmente perché l’interesse di Besson è chiaro e definito. Non è quello di porre esclusivamente davanti alla macchina da presa un’eroina, caratterizzata da un notevole mutamento che la trasforma da innocente studentessa a letale macchina da guerra, ma di indagare più in profondità, oltrepassando i limiti dell’umana consapevolezza per poi spazzarli via con teorie più o meno condivisibili. E tutto ciò può essere un obiettivo ragguardevole, perché si ha la coscienza di osservare qualcosa di più elevato rispetto al solito action blockbuster, contraddistinto dall’invitante carattere femminile. Tuttavia Besson stroppia nel suo voler essere filosofico e antropologico. Inoltre è evidente lo scopiazzamento (di incipit e di struttura narrativa frammentaria e a puzzle) nei confronti di Limitless, una pellicola che aveva retto sufficientemente il ritmo nella prima metà per poi concludere con una seconda parte al di sotto delle aspettative. Lucy (purtroppo) fa lo stesso; è talmente accattivante nella prima parte da risultare ridondante e privo di interesse nella seconda, nella quale Scarlett Johansson imprime alla sua recitazione uno sguardo sempre più assente, simile a un robot privo di emozioni.
È nella voglia di stupire, spiazzare e rendersi diversamente credibile che Besson pecca. Perché Lucy in fondo si rivela un buon intrattenimento, che accompagna e non annoia, ma la ricerca di qualcosa di più, che sfocia in un eccesso di spicciole pillole fantascientifiche, sporca il prodotto, lo rende meno avvicinabile e più incline all’autocelebrazione. Pare che Besson debba dimostrare di saper intrattenere lo spettatore (con sparatorie e qualche rivolo di sangue di troppo) e contemporaneamente di essere in grado di presentare un rapido trattato sul Tao e sul senso della vita. Sicuramente un po’ azzardato per un regista che difficilmente si è misurato con un cinema di questa tipologia, ma che invece ha fondato la sua carriera su azione e velocità.
Uscita al cinema: 25 settembre 2014
Voto: **